Nudes

Le ombre della rete

Le emozioni, le paure, la trasgressione, il rischio, la consapevolezza. La serie antologica diretta da Laura Luchetti per RaiPlay, disponibile dal 20 aprile in dieci puntate, è un viaggio in un’umanità parallela, quella degli adolescenti, dei loro sentimenti e della loro sessualità, della socialità virtuale. Il RadiocorriereTv incontra la regista del teen drama che affronta per la prima volta il tema del revenge porn attraverso il punto di vista dei giovani protagonisti

“Nudes” sta per arrivare su RaiPlay, soddisfatta?

Mi è stata offerto l’adattamento di questa serie norvegese più di un anno fa. Il tema del revenge porn mi interessava molto, ne avevo sentito parlare, avevo letto molte cose, ma quello che noi leggiamo è solo la punta dell’iceberg e arriva ai media dopo denunce, scandali e tragedie. La pancia dell’iceberg è piena, me ne sono accorta quando chiacchierando con mia figlia Lucia, mi disse che lei e i suoi amici conoscevano qualcuno a cui era successo, che aveva perpetrato o che era rimasto vittima. Questa cosa mi ha molto colpito. Un altro passo che ho voluto fare è stato quello di ascoltare i miei ragazzi, un cast di 18 non attori e di alcuni attori protagonisti (Nicolas Maupas, Fotinì Peluso, Giovanni Maini). Mi sono messa a disposizione di una ricerca sul campo, è stato bello farmi raccontare ciò che sapevano e pensavano, le loro esperienze. È stato il tentativo di essere più naturali e veri possibile, con l’obiettivo di accendere una piccola luce su qualcosa di poco illuminato.

Che narrazione emerge?

Molto onesta, è cambiata insieme a loro laddove era fatta troppo da un occhio adulto. Ho cercato di rimanere con lo sguardo al loro livello, mettendomi sempre accanto, mai sopra. L’ho portata in una direzione molto vicina ai ragazzi.

Quali sono state le scelte di linguaggio?

“Nudes” è un progetto di finzione basato su una casistica molto simile in tutti i Paesi. Registicamente ho pensato che la cosa più giusta fosse stare attaccata a loro, ho la macchina da presa sempre in faccia, addosso, sulla pelle, e allo stesso tempo li metto in contesti molto isolati e isolanti. La fenomenologia di questo dramma è che i ragazzi rimangono assolutamente isolati, tanto che a volte non si confidano nemmeno con i propri amici.

Che cosa significa lavorare con i giovani?

Con i ragazzi rivivo il ricordo dell’adolescenza in generazioni differenti. L’amore per la mia professione è reso più grande dalla possibilità di lavorare con loro. Ci sono l’innocenza e il momento in cui questa si rompe, fondamentale della vita di ogni essere umano, è quello su cui ripongo la più grande attenzione. A quell’età se c’è stata perdita dell’innocenza c’è anche la possibilità di riconquistarla.

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