Non è più il tempo di “scegliere”

MONICA SETTA

«Ci siamo concentrati sulle cosiddette “sliding doors”, le famose porte girevoli della vita. È un racconto sul femminile, su quel bivio che cambia per sempre la vita di una persona» afferma la giornalista che dal 5 luglio è al timone di “Storie di donne al bivio”, in seconda serata Rai 2

“Storie di donne al bivio”, un programma che riprende uno storico marchio Rai, come nasce l’idea di questa nuova avventura?

Il programma riprende solo vagamente il titolo dello storico “Donne al bivio”, noi ci siamo concentrati sulle cosiddette “sliding doors”, le famose porte girevoli della vita. È un racconto sul femminile, su quel bivio che cambia per sempre la vita di una persona. Non avremo contributi, né racconti filmati, non attingeremo all’archivio delle Teche Rai, ma tutto si baserà sulla confidenza tra amiche. Le prime ventiquattro donne intervistate sono, infatti, mie amiche che si sono raccontate come non avevano mai fatto prima.

Qual è stata la tua reazione di fronte ai loro racconti?

Ascoltando queste storie, ho chiesto loro se avessero voglia di continuare o se fosse il momento di interrompere un racconto emotivamente molto forte. Ho avuto un approccio quasi contrario a quello che normalmente si fa nel giornalismo, ovvero spingersi fino al limite per avere la notizia a tutti i costi. La mia è stata una chiave narrativa mai invasiva, basata solo sulla libera confidenza dell’intervistata.

Che cosa rappresenta questo programma per un conduttore del Servizio Pubblico?

È un modo per raccontare a che punto si è oggi sul tema della conciliabilità, che troppo spesso obbliga una donna a scegliere tra famiglia e carriera, tra figli e cura dei genitori, situazione emersa in maniera ancora più evidente dopo il Covid. Il prezzo più alto, ricordiamo, anche dal punto di vista occupazionale, lo hanno pagato proprio le donne. Sono stata una delle prime giornaliste economiche, a trent’anni ero caposervizio de “La Voce” di Montanelli e uno dei filoni che seguivo era proprio quello dell’empowerment femminile. La narrazione comune era proprio quella che una donna in carriera doveva sacrificare qualcosa della sua vita. Oggi però, grazie ai modelli maggiormente rappresentativi – da una parte Giorgia Meloni, prima premier donna, dall’altra Elly Schlein, la prima segretaria di un partito – la questione può essere approfondita meglio. Allo slogan “famiglia o carriera”, “figli o lavoro”, abbiamo voluto sostituire la “o” con una “&”, mettendoci in ascolto, sciogliendo questa matassa di vita per lasciare spazio alle storie e alla possibilità di comprendere che, oltre alla tesi e alla antitesi, è possibile anche una sintesi. La nostra è certamente una piccola testimonianza, seppur importante, di donne che, in un modo o nell’altro, questa sintesi l’hanno realizzata.

Qual è invece la testimonianza delle donne che hai incontrato?

Da parte mia non c’è alcuna valutazione, ho diviso come sempre in maniera estremamente rigorosa i fatti dalle opinioni, limitandomi al lavoro di cronista, portando così in tv storie di donne che pur occupando posti importanti nella politica, nell’economia e nel management, sono madri, hanno una famiglia, non hanno rinunciato all’amore e alla cura dei propri cari. La lunga marcia di avvicinamento alla possibilità di “armonizzare” tutto è iniziata, la strada è ovviamente molto lunga, non si può non tenere conto del gender gap salariale, del welfare state o dell’occupazione femminile, però ci sono piccoli segnali importanti di cambiamento.

E su questo bisogna lavorare…

Nella prima parte del programma, quella estiva, abbiamo incontrato donne famose, giornaliste come Emma D’Aquino e Candida Morvillo, la dottoressa Emma Borrelli, Paola Ferrari De Bendetti e tante altre, prevalentemente volti noti. Nel secondo ciclo, che partirà a metà ottobre, andremo ad approfondire le storie di eroine della porta accanto, di chi, per esempio, è riuscita a organizzare la propria vita, privata e professionale, pur essendo plurimamma. Emerge uno spaccato sociale interessante, dopo anni in cui si poneva l’attenzione sull’impossibilità di operare una sintesi.

Nel rapporto intervistatrice-intervistata come si ottiene la fiducia?

Ci sono vari metodi, tutto dipende, secondo me, dal dato anagrafico. C’è una classe di colleghe giovani che, proprio per l’età, hanno un approccio più aggressivo. È assolutamente fisiologico, lecito e deontologicamente corretto. È il mestiere. Io, invece, appartengo a una classe anagrafica più agée, sono abituata a essere molto più paziente, entrante. Il mio metodo si è sempre basato sul creare un rapporto di fiducia, è successo anche per questo programma. In questa relazione il mio intervistato sa perfettamente che può tirarsi indietro in qualsiasi momento, che non è in trappola. Penso che dipenda dall’esperienza maturata negli anni, i giovani giornalisti della Generazione Z sono veloci, puntano allo scoop, alla notizia a tutti i costi, cercano di strappartela. Io preferisco portare a casa una notizia sempre con il consenso, senza creare alcuna rottura.

Un bivio è spesso un momento di ripartenza, quanto è più difficile per una donna?

Assolutamente sempre più difficile che per un uomo, è una strada in salita, ma ci sono degli spiragli. Anche se lentamente, l’economia sta ripartendo, l’Italia sta facendo meglio dei nostri partner europei, Germania in testa, diciamo che l’occupazione femminile se ne sta avvantaggiando. È solo l’inizio di una inversione di tendenza, i numeri sono ancora troppo piccoli, ma è la strada giusta. Si deve spingere, per esempio, sulla natalità, aiutare le donne a non avere rimpianti, a non dover più scegliere tra la propria carriera e tutto il resto.

In un universo così complesso come quello femminile, qual è la caratteristica che più apprezzi di una donna?

La sincerità, la schiettezza e la concretezza. Ritengo che una grande dote femminile sia il pragmatismo, l’uomo si fa più illusioni, sogna più in grande, una donna ha un’umiltà di fondo. Nel mio caso specifico, per esempio, aver mantenuto un simile atteggiamento, mi ha consentito di attraversare una vita professionale molto ricca, ma anche complessa, con alti e bassi a volte destabilizzanti. Io ce l’ho fatta perché sono riuscita a rimanere con i piedi per terra, senza mai farmi nessuna illusione.

Abbiamo parlato di donne, come pensi possano accogliere questo programma gli uomini, il pubblico maschile?

È una bellissima domanda ed anche uno dei grandi punti interrogativi che ci siamo posti con il direttore Paolo Corsini, un uomo molto concreto che guarda al risultato. Prima di confermare il programma ha aspettato che “Generazione Z” ottenesse una media del 5 per cento di share. Convincerlo non è stato facile perché si tratta di un programma di genere, come esempio posso citare “Ciao maschio” di Nunzia De Girolamo, un’amica, una professionista che stimo moltissimo e che ha saputo raccontare in maniera originale le dinamiche emotive degli uomini. Vedremo quale sarà la reazione del pubblico maschile.

Hai pensato mai se fossi stata tu dalla parte delle intervistate?

Mi sono messa spesso nei panni delle intervistate, scoprendo un’altra grande capacità femminile, quella di tenere i tormenti per sé. Una storia, bellissima e molto forte, che il pubblico potrà vivere seguendo il programma, è quella di Paola Ferrari De Benedetti. Per la primissima volta ha raccontato in tv del travaglio vissuto quando aspettava la sua seconda figlia. Durante la gravidanza a un certo punto, dopo l’amniocentesi, l’ospedale le ha comunicato che la bambina avrebbe potuto avere il gene della sordità, probabilmente sarebbe stata anche muta e, se avesse voluto, sarebbe potuta ricorrere all’aborto terapeutico. Il suo racconto è stato emotivamente molto potente, ma non ha mai voluto interromperlo, perché voleva condividere con tutti noi la totale assenza di dubbi sulla scelta, un atto d’amore grandissimo per la sua bambina che oggi è una ragazza e sta bene. Un uomo si sarebbe soffermato di più sulle conseguenze, mentre, come nel caso appena raccontato, la risposta è stata “no, porto avanti la mia vita”.

L’augurio di Monica Setta a chi condividerà questo viaggio…

Di riuscire a perfezionare sempre di più quella che io chiamo “capacità e opera di sintesi”, ovvero arrivare a non dover essere costrette a scegliere tra famiglia e carriera, pretendere sostegno dalla politica e dalle istituzioni e un cambio di passo e di mentalità. Non è più opportuno affermare in maniera assurda e surreale che una donna può tutto, certamente può tenere insieme le cose importanti della propria vita.

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