Nicolas Maupas

Coraggio e responsabilità

In “Mare Fuori” il giovane attore dà spessore a Filippo, l’adolescente arrestato perché responsabile della morte di un amico e che in carcere è il bersaglio degli altri detenuti. “È un personaggio estremamente complesso e colorato, con una carica emotiva molto forte. Non è stato facile interpretarlo all’inizio – ci racconta – Il suo è un messaggio di fragilità che i ragazzi hanno e che va rispettata, va capita”

foto di Sabrina Cirillo

Quando ha capito di volere fare l’attore?

Da molto giovane. Ricordo che da piccolo mia madre si ammalò e per un periodo rimase a casa con me. Il modo che avevamo per stare meglio era guardare film insieme e ricostruire personaggi e sceneggiatura. Il primo pubblico era mia madre, questa cosa faceva stare bene me e lei. A lei toglieva un po’ di pensieri, io ho imparato a usare la recitazione per vivere.

Come è arrivato a interpretare Filippo?

Ho fatto molti provini, una lunga selezione e diversi incontri con il regista che mi spiegava cosa voleva da questo personaggio, le varie sfumature. Filippo ha molta paura, ma al tempo stesso è curioso di capire, è anche agitato, nervoso, in ansia, per cui sono molte le cose che deve portarsi dentro ogni volta. Riuscire e mettere tutto in una sola azione è stato il lavoro più interessante e difficile.

Come si è preparato per interpretare questo personaggio?

È un personaggio estremamente complesso e colorato con una carica emotiva molto forte. Non è stato facile il primo approccio. All’inizio ho avuto molte difficoltà anche perché non sapevo bene come interpretare una persona che si trovava in un ambiente a me sconosciuto. Mi facevo paranoie per trovare le giuste risposte a quello che Filippo si chiedeva o che si trovava a vivere. Il meccanismo che mi ha fatto trovare un buon ritmo è stato smettere di cercare delle risposte. Per me è stato tutto una scoperta, tutto è un sentire la situazione e starci dentro. Un lavoro molto personale. Ho regalato molto di me a Filippo, ma anche lui mi ha regalato moltissime cose. Un lavoro di “do ut des”.

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