Nel cielo al di là delle nuvole
Tommaso Ghidini
La conoscenza e la conquista dello spazio, la sfida più grande di sempre: l’uomo è pronto a raggiungere altri mondi, a dare vita a generazioni multiplanetarie. Il RadiocorriereTv incontra il capo della Divisione di Strutture, Meccanismi e Materiali dell’Agenzia Spaziale Europea, autore del volume “Homo caelestis – L’incredibile racconto di come saremo” (Longanesi). «Per la prima volta nella loro storia i sapiens sono capaci di portare la propria vita altrove, insediandosi dove la vita non c’è. La Luna prima, Marte poi» afferma l’alto funzionario ESA, protagonista di una delle prossime puntate di PlayDigital su RaiPlay
Studiare il cielo, lo spazio, per capire come saremo. Da homo sapiens a homo caelestis, quanta strada abbiamo percorso e dove possiamo arrivare?
Quello che il sapiens è riuscito a compiere è stato un percorso straordinario, se pensiamo che il Big Bang, l’evento che ha generato tutto ciò che conosciamo, è avvenuto circa 14 miliardi di anni fa, che quattro miliardi di anni fa si sono manifestate le prime forme di vita sulla Terra e che 2 milioni e mezzo di anni fa facevano il loro ingresso sul nostro pianeta umanoidi simili ai sapiens. Questi particolari individui hanno vissuto senza nessun impatto sul mondo per milioni di anni, poi, con un’accelerazione straordinaria, divenuti sapiens, sono stati l’unica specie capace di costruirsi, grazie al loro coraggio, alla loro visione, alla loro caparbietà, i mezzi per lasciare il proprio pianeta in maniera consapevole. E non solo, oggi hanno addirittura preso il controllo del proprio mondo. Pensiamo a quali risultati il sapiens è riuscito a ottenere in così poco tempo, pur non essendo l’essere più forte che c’è sul pianeta né tantomeno quello più adatto a viverci.
E ora la sfida più grande…
Per la prima volta nella loro storia i sapiens sono capaci di portare la propria vita altrove, là dove la vita non c’è, insediandosi su altri mondi. La Luna prima, Marte poi. Trovo che questo sia un messaggio straordinario di grande fiducia, di grande speranza nelle nostre capacità rispetto al mondo che ci circonda e alle specie che popolano la nostra Terra.
Le chiediamo di fare un passo indietro per capire meglio chi siamo in questa vastità difficile da comprendere. Da dove partiamo?
Direi dal Big Bang, il cui nome però ci può trarre in inganno. Sì, perché in realtà non fu un’esplosione, ma un’espansione: se ci fosse stata un’esplosione questo implicherebbe che ci fosse un quando e che ci fosse un dove. Ma non è così che funziona. Prima del grande Bang non c’è tempo e non c’è spazio, non c’è un quando e non c’è un dove, è il Big Bang stesso che crea il tempo e lo spazio, svolgendoli. Un’espansione vertiginosa che in pochissimo tempo ha creato l’Universo come lo conosciamo. Poi, dai primi tre minuti nei quali, come dice Steven Weinberg (Nobel per la Fisica nel 1979), tutto è avvenuto, ci sono stati 14 miliardi di anni del “solito tran tran”, con qualche sporadico evento degno di nota. Il primo “cerino” acceso nel buio dell’universo, la prima stella, e da lì una distesa di altri cerini che appaiono uno dopo l’altro. Sono miliardi di stelle, che si mettono subito all’opera e producono gli elementi che formeranno i pianeti attorno ad esse. Poi, su un pianetino sperduto che noi chiamiamo Terra è nata la vita come la conosciamo, quella a base di carbonio, che si è evoluta caparbiamente fino ad arrivare a noi sapiens. Sconcerta pensare che se volassimo alla velocità della luce, cosa impossibile, impiegheremmo 200 mila anni per lasciare la nostra galassia e due milioni e mezzo di anni per raggiungere quella successiva, Andromeda. E di galassie ce ne sono altri 200 miliardi. E noi, con la potenza del nostro pensiero, in questo granello di sabbia che si chiama Terra, siamo riusciti ad avere coscienza, a comprendere questo fatto straordinario.
Una consapevolezza che ci spinge ad andare oltre…
L’Universo potrebbe schiacciarci in un istante, un asteroide potrebbe cancellarci dal pianeta Terra, eppure noi, straordinariamente, abbiamo un cervello che ci permette di sapere che questo potrebbe accadere. Siamo gli unici esseri del pianeta ad avere questa consapevolezza. Trovo che la potenza del nostro pensiero sia davvero portentosa: essa ci rende consapevoli della potenza che l’Universo ha su di noi. Potenza della quale l’Universo stesso non sa nulla. E dalla consapevolezza di ciò che ci circonda ecco che in noi nasce la spinta a esplorarlo.
“Homo Caelestis” è il titolo del suo primo libro, successo editoriale che testimonia quanto lo spazio affascini e incuriosisca. Quanto spazio c’è già nella nostra vita?
Lo spazio è presente quotidianamente in moltissime delle commodities che utilizziamo e nemmeno ce ne rendiamo conto. Io e lei, ad esempio, stiamo parlando attraverso un sistema di telecomunicazione satellitare, stiamo utilizzando Internet. Chi di noi non usa un telefonino oppure una televisione con segnale satellitare? Ci arrabbiamo se lo smartphone non ha campo, se la Rete è un po’ in ritardo o se il segnale GPS per un momento manca. Tutte queste informazioni si muovono attraverso sistemi satellitari che ci vengono messi a disposizione in particolare dall’Agenzia Spaziale Europea. Durante la pandemia, proprio grazie a queste tecnologie, abbiamo potuto lavorare a distanza e i ragazzi hanno continuato a studiare da casa, abbiamo avuto la possibilità di continuare a relazionarci gli uni con gli altri, insomma, non ci siamo fermati. In più, grazie allo spazio, osservatorio ideale, possiamo controllare tutte le cinquanta variabili che dominano il cambiamento climatico. Un’informazione di straordinaria importanza, se pensiamo a quanto il mutamento del clima condizioni la vita di tutti noi e si prefiguri come la più grande e attuale sfida per l’umanità intera. Lo spazio è cruciale per permetterci di ottenere dati scientifici incontrovertibili, che vengono forniti ai governi del Pianeta per intervenire in maniera efficace proprio sul climate change.
Nello spazio le risposte ai nostri più grandi interrogativi…
È lo spazio che ci consente di capire da dove veniamo: il Big Bang, la formazione delle galassie, l’evoluzione del Sole, la nostra stella, che influenza la nostra vita sulla Terra, non soltanto da un punto di vista meteorologico. Tutte le esplosioni nucleari che avvengono sul Sole hanno un impatto diretto sulle nostre apparecchiature elettroniche, sui centri di calcolo terrestri, sulle linee elettriche, ma anche sulla salute dei satelliti che orbitano attorno alla Terra e sulla Stazione Spaziale Internazionale a bordo della quale vivono e lavorano astronauti. Informazioni cruciali per la nostra vita. Con lo spazio possiamo in un certo senso prevenire le catastrofi, capire il movimento degli tsunami a seguito dei terremoti, misurare movimenti millimetrici di tutte le opere che l’uomo ha realizzato, i ponti, le dighe, le scuole dei nostri figli. Monitoriamo la qualità dell’aria, la quantità di CO2 e di gas serra che fanno innalzare la temperatura, così come possiamo identificare l’umidità, riuscendo dunque a realizzare l’agricoltura di precisione e ottenere raccolti anche dove si pensava che le terre fossero aride e inadatte alla coltivazione. Oggi utilizziamo sistemi nati dalle missioni spaziali per fare fronte addirittura al Covid e alle sue conseguenze, così come a molte altre problematiche che abbiamo sulla Terra. Si pensi che dalla missione Apollo abbiamo avuto 135 mila brevetti, tra i quali il microprocessore, utilizzato in ogni sistema medico, di trasporto, in ogni computer terrestre, la stessa TAC è un brevetto dell’Apollo 11, serviva per trovare difetti nei materiali e nelle strutture delle astronavi. La telemedicina, che consente diagnosi a distanza, e la telerobotica per assistere la chirurgia a distanza, sono nate grazie a brevetti della Stazione Spaziale Internazionale. Brevetti significa anche posti di lavoro, aziende, economia, benessere.