NATHALIE GUETTA

Il mio cuore a metà tra Francia e Italia

Il successo in televisione nel sempreverde Don Matteo e l’esordio in libreria con un romanzo appassionato ambientato a Parigi. L’attrice al RadiocorriereTv: “Ho sempre rispettato il pubblico ponendomi con umiltà”. E ancora: “Mi sento italiana nel modo di bussare alla porta dei vicini quando mi manca qualcosa in casa e nell’ironia”

Nathalie, non solo un’attrice amata ma oggi anche scrittrice di “Dodici in caso di stress”. Ci parla del suo romanzo d’esordio?

È una bella storia d’amore ambientata a Parigi, tra le pagine del libro c’è tutta la città, ci sono le strade, i bar, i ristoranti. I protagonisti sono Chloé e Houssine. Lei è ebrea, lui è musulmano, il loro è un rapporto vitale che si snoda tra differenze culturali e anagrafiche. Racconto una Parigi inconsueta, non quella frequentata dai turisti, che penso potrà piacere al pubblico italiano. Coloro che lo hanno già letto mi dicono che la narrazione ha un approccio cinematografico.

Una storia che parla anche un po’ di lei

Tutto nasce dall’incontro con una persona che mi colpì, avevo 45 anni, presi la penna e provai a descriverla.

Come è arrivata nelle librerie?

A parte apportare piccole modifiche ai dialoghi di “Don Matteo”, per sentirli più miei, non mi ero mai cimentata con la scrittura di un libro. A tre quarti del lavoro, credendo che non sarebbe mai stato pubblicato, interruppi chiudendo Chloé e Houssine in un cassetto per anni. Dopo un tentativo di pubblicazione andato a vuoto, avvenuto qualche tempo fa, di recente ho avuto l’occasione di fare rivivere la mia storia, ed eccoci qui.

Perché proprio “Dodici in caso di stress”?

Dodici come le sigarette che fumo nei giorni in cui sono più tesa. Certo, mi rendo conto che fumare non fa bene alla salute, ma considerando la nostra quotidianità, che ci fanno vivere male e respirare ai limiti dell’asfissia… (sorride). Il titolo parla dei casi estremi, altrimenti ne fumo otto.

Perché un gatto in copertina?

È il gatto che viveva con me quando scrissi il libro, lui era particolare, schizzinoso. In copertina fa due tirate di sigaretta, da schiattare dal ridere. Anche i suoi monologhi sono divertenti, lo lascio parlare in rima, sono sfoghi tipici dei gatti.

Che cosa rappresenta Parigi per lei?

Ci sono nata e ci ho vissuto fino a 25 anni senza darle importanza. In quel periodo non l’ho calcolata. Quando mi sono trasferita a Napoli l’ho lasciata senza girarmi indietro.  Venti anni dopo sono tornata a viverci e lì è scoccato l’amore. Con la maturità ho capito che Parigi è la mia città. Nonostante ciò mi sento italiana d’adozione, sono molto implicata emotivamente, l’Italia rappresenta moltissimo.

Continua a leggere sul RadiocorriereTV N. 6 a pg. 24