GIAMPAOLO MORELLI

Bella Las Vegas, ma Napoli è un’altra cosa

Protagonista della divertente commedia di Umberto Carteni coprodotta da Rai Cinema, “Divorzio a Las Vegas”, insieme ad Andrea Delogu, Ricky Memphis e Gianmarco Tognazzi, l’attore partenopeo si racconta al RadiocorriereTv: “Torniamo nelle sale a godere della magia del grande schermo”. E intanto lavora ai nuovi episodi dell’ispettore Coliandro

I giornali scrivono che con “Divorzio a Las Vegas” al cinema si torna a ridere, come si sente a essere protagonista di questa ripartenza?

Una bella emozione, spero che con questo film si riesca un po’ a contribuire al ritorno del pubblico in sala e che le persone si rendano conto che andare al cinema in questo momento è una cosa sicura. Le sale sono sanificate, c’è il distanziamento, ci sono tutti gli elementi per tornare a godere della magia del cinema, del sogno. Un film su grande schermo dà sempre qualcosa in più, lo dico io che con il mio “Sette ore per farti innamorare” ho debuttato in pieno lockdown, quando i cinema erano chiusi.

Lorenzo, Elena, un matrimonio dimenticato e la necessità di divorziare. In mezzo il caos e l’occasione, per i protagonisti, di ritrovare se stessi. Cosa ci può insegnare questa storia?

È una storia che parla di un amore che dura per molto tempo. I due personaggi si erano sposati a diciotto, vent’anni, per gioco, in una serata folle a Las Vegas, ubriachi, completamente inconsapevoli, e da lì non si sono mai più visti. Ora devono ritornare in quella città per divorziare. Possiamo dire che l’amore, al di là di come possano finire le storie, è sempre qualcosa di magico, che non puoi calcolare.

Che cosa ha pensato, lei, napoletano verace, appena sbarcato a Las Vegas?

Che è un posto che da un lato ti fa sognare, sei lì per girare un film, sogno nel sogno, perché noi siamo abituati a sognare soprattutto attraverso i film americani. Dall’altro, per noi italiani, che abbiamo una grande tradizione, un grande passato, quel posto sa anche di artefatto. Sono luoghi che nascono per il solo divertimento, senza una storia, e questo a noi arriva parecchio.

Dunque, meglio Napoli…

Non c’è dubbio, 10-0 (sorride).

Si ripensi a 18-20 anni… avrebbe mai potuto combinare un pasticcio come quello di Lorenzo?

(Ride) Per carità! Ho vissuto la mia adolescenza, anche se a 18 anni si è fuori dall’adolescenza, godendomela pure. Io, però, arrivare a sposarmi sotto l’effetto di peyote, a quello non ci sarei arrivato.

Le chiavi della commedia sembrano essere nel suo DNA, quando ha capito di funzionare così bene nei ruoli comici?

La commedia mi è sempre piaciuta molto, anche se penso che un attore debba sapere fare tutto. Affronto con lo stesso impegno e fascino anche film come “Gli uomini d’oro” o “A casa tutti bene”, bisogna avere entrambe le marce, poi ho visto che nei ruoli comici mi diverto, riesco ad arricchirli, a metterci qualcosa di mio, e quindi funzionano.

Il film ci porta in Nevada in un momento storico in cui siamo costretti a viaggiare poco, come è cambiato il suo quotidiano negli ultimi sei mesi?

Innanzitutto sul set faccio il tampone una volta a settimana, quindi sono perennemente controllato. È cambiato che al di là della mascherina siamo tutti più attenti, facciamo una vita in cui ci lasciamo meno andare alla spensieratezza delle passeggiate, dell’entrare in un negozio. Inevitabilmente certe accortezze, giuste in questo momento, ci levano un po’ di leggerezza. Non dico di libertà, perché riusciamo a fare bene o male tutto. Il bello di questo film è proprio il farci viaggiare, cosa che oggi è abbastanza impensabile fare.

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