Michele Riondino
La memoria, la nostra identità
Una carriera costruita su film e fiction di qualità, il crescente apprezzamento del pubblico. Il RadiocorriereTV intervista l’attore tarantino protagonista de “La guerra è finita”, mini serie diretta da Michele Soavi, in onda il lunedì in prima serata su Rai1, che racconta il ritorno a casa dei sopravvissuti alle deportazioni nei mesi successivi alla Liberazione
Cosa ha pensato dopo avere letto la sceneggiatura de “La guerra è finita”?
Mi è subito piaciuto l’adattamento fatto da Sandro (Petraglia, già sceneggiatore di “Perlasca – Un eroe italiano”), l’ho trovato interessante perché offriva la possibilità di raccontare storie che già abbiamo conosciuto attraverso altri film, i libri e la scuola, in modo diverso. Il film dà corpo a due elementi che mi interessavano particolarmente: l’aspetto reazionario degli ebrei e il racconto del dramma, di fatti che siamo solitamente abituati a sentire da testimoni ormai anziani, attraverso la voce di una bimba di cinque anni.
Davide, il personaggio che interpreta, come risponde alla violenza subita?
All’inizio del film il mio personaggio vuole fare una carneficina, vuole ammazzare tutti per quello che ha subito, è tornato a casa e non ha trovato moglie e figli perché erano stati “arrestati”. Mi colpiscono molto i termini, le parole, che hanno un significato chiaro, incontrovertibile, ma che in un contesto storico come quello degli anni Quaranta assumono un altro tipo di significato. Si arresta qualcuno che ha commesso un delitto, non perché ebreo. Da un giorno all’altro gli ebrei erano diventati italiani diversi. Mi interessava quindi conoscere l’aspetto reazionario, la rabbia della comunità ebraica, che non abbiamo visto spesso sullo schermo. Abbiamo visto il dolore che subiscono, ma nel silenzio. Davide, così come Ben, il personaggio interpretato da Valerio Binasco, la brigata ebraica, hanno combattuto, armi in pugno, per difendere l’Italia, proprio come tutti gli altri italiani.