MIA CERAN

Sono una fan della tv

Un’addicted delle notizie a “Tv Talk”: passaggio di testimone alla conduzione. Dopo diciannove edizioni Massimo Bernardini lascia il timone nelle mani della giornalista. Da sabato 28 settembre alle 15.00 su Rai 3

 

Quella di “Tv Talk” è un’eredità importante. Come ti stai preparando a questa nuova avventura?

Studiando tanto il prodotto creato dalle persone che ci lavorano da sempre. Una grande famiglia lavorativa con la quale condivido riunioni quotidiane, momenti di confronto. Mi sembra bellissimo che il mio compito per casa sia quello di guardare tanta televisione (sorride), cosa che, da fan del mezzo, mi rende molto felice.

Che caratteristiche pensi debba avere il conduttore di questo programma?

Credo che un buon conduttore di “Tv Talk” debba mettersi a disposizione, saper raccontare bene il mezzo, il dietro le quinte, così come sapere invitare le persone giuste. Importante è anche trovare la critica giusta con il tono giusto.

Quali sono le novità dell’edizione che sta per partire?

Ve ne anticipo una. Al panel di analisti, giovani esperti della televisione con occhio critico e sagace, abbiamo deciso di fare una piccola aggiunta, per cui in ogni puntata avremo con noi in studio una persona che rappresenti una delle categorie Auditel. La sceglieremo tra le diverse fasce d’età, estrazioni, regioni d’Italia. Ci è sembrata una bella idea, suggerita dal direttore del Daytime Angelo Mellone, per rappresentare un’altra fetta del Paese. Il suo sarà un commento da spettatore rappresentativo del campione.

Hai sentito Massimo Bernardini?

Lo sento con regolarità. Pur chiarendomi di voler stare lontano per almeno un anno dal mezzo televisivo, mi ha concesso la possibilità di chiamarlo per confrontarmi, per chiedergli consiglio. Io l’ho fatto e lo faccio (sorride). In eredità Massimo mi ha lasciato anche un pezzo di famiglia professionale, e questo è un bel modo di concludere un’esperienza professionale, perché lo fai ma non del tutto.

Come sta la tv oggi e cosa deve fare per essere forte domani?

Deve pensarsi declinata in molte nuove forme. Deve pensare al fatto che le nuove generazioni la guardano con un altro occhio, non sono molto spesso fedeli all’appuntamento, ma recuperano in modo diverso. La televisione deve continuare a essere un racconto del Paese ma declinato in modo più agile, deve pensare a generare un dibattito, a non far morire il tutto nel momento in cui si spegne lo schermo. Un programma, per essere vincente, deve riuscire ad attirare l’interesse dei più giovani e di tutti quelli che vivono il “secondo schermo”.

Che spettatrice sei? Che cosa ti diverte?

Per formazione ho un grande debole per le notizie, a partire dal telegiornale, prodotto di cui sono cultrice, dai canali all news ai Tg delle reti generaliste. Guardo i talk, sono un po’ “addicted”, non farò nomi ma guardo anche quelli brutti (sorride). Mi diverto a vedere i contenitori, anche perché ci ho lavorato, amo un po’ meno la cronaca nera. La serialità mi appassiona, e poi di recente ho scoperto nuove cose che non pensavo fossero nel mio radar. Un esempio, quest’estate sono caduta dentro “Temptation Island”, che non avevo mai visto. L’ho fatto per professione e ho capito gli abilissimi trucchi che creano un racconto accattivante. Il segreto del successo è nella scrittura, nella narrazione.

Da giornalista, come è cambiato nel tempo il tuo modo di informarti, di accedere all’informazione?

La prima cosa che faccio alla mattina è leggere i giornali, direttamente dal tablet. Li divoro tra un bambino da portare a scuola e l’altro da accudire, tra il primo e il secondo caffè. Entro pranzo li leggo tutti. Verso sera do più spazio ai Tg. Gran parte delle informazioni, soprattutto sui fatti internazionali, le ottengo dai podcast, ascolto il “Daily” del New York Times come il “Global News Podcast” della BBC, mi sono anche serviti per capire come fare il mio. È un tema di nuova fruizione, di funzionalità. Mi sposto per Milano in bicicletta e li ascolto con una cuffietta sola, l’altra per sicurezza la lascio libera. C’è costantemente un podcast nelle mie cuffie. In questa vita abbiamo tutti l’ossessione di ottimizzare, di allungare le nostre giornate dilatando il tempo. Per me il podcast è diventato il grande strumento per ascoltare, per informarmi. Ci sono prodotti bellissimi.

Come ti difendi dalle fake news?

Con lo studio. Cerco di trovare almeno un paio, se non tre, fonti attendibili su ogni cosa. Non salto sulle notizie immediatamente, non le condivido rapidamente dentro al mio podcast. Mi rendo conto che la velocità del racconto, essere i primi a rilanciare una cosa, ti fa guadagnare follower, ma per me è un rischio reputazionale troppo alto. Meglio saltare un giro di giostra piuttosto che informare qualcuno senza essere stati in grado di fare i controlli necessari.

Il tuo primo ricordo televisivo?

I mondiali di calcio del 2006. Ero una stagista neanche ventenne alla CNN di Roma. Eravamo dentro alla camionetta che trasmetteva dal Circo Massimo la reazione dei tifosi italiani ai gol che portarono l’Italia a vincere la Coppa del mondo. Stavo cercando di concentrarmi al massimo perché gestivo in cuffia il segnale con Atlanta e sapevo di avere una responsabilità importante. A un certo punto sentii la camionetta sollevarsi, diventare un’astronave. Provai una fortissima emozione, la sensazione di trovarsi dentro la notizia, in un posto in cui le cose accadono. Fu così anche negli anni successivi, quando lavorai da inviata. C’erano la partecipazione personale nella gioia di essere testimone di un certo momento, e il fatto che quello stesse diventando il mio lavoro.

Il ricordo da spettatrice?

Sono figlia di una giornalista televisiva e la tv in casa è sempre stata accesa. Nel 1989 vivevamo a Belgrado, dove mia madre lavorava. Seppur bambina ricordo quando il leader serbo Slobodan Milošević cominciò ad arringare la folla e iniziò a trovare quel consenso che avrebbe portato alla guerra dei Balcani. Mia madre capiva cosa significasse, a livello giornalistico e per la sua famiglia. Negli anni successivi lasciammo la Serbia per trasferirci negli USA, ma ricordo lo schermo sempre acceso in casa raccontare la guerra nei Balcani.

La Rai festeggia due compleanni importanti, i 100 anni della radio e i 70 della tv. Il tuo augurio al Servizio Pubblico radiotelevisivo…

Auguro di riuscire a mantenere la sua posizione centrale nella vita delle persone. Uno strumento che tenga compagnia, che informi, che faccia anche un pezzo della cultura di questo Paese. Quando vedo “Techetecheté”, programma di narrazione storica, penso anche a che cosa vedremo del nostro oggi tra 20, 30 anni. Mi chiedo cosa sarà a raccontare quello che siamo stati.

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