Massimiliano Gallo
Vivo di passioni (e di curiosità)
Nell’autunno televisivo i telespettatori di Rai1 lo hanno apprezzato ne “I bastardi di Pizzofalcone” e in “Imma Tataranni”. Che vesta i panni del vice questore Luigi Palma, o quelli di Pietro, il marito dell’esuberante sostituto procuratore di Matera, tratto distintivo dell’attore napoletano è la grande umanità. Il RadiocorriereTv lo ha intervistato
Il pubblico le vuole bene, la critica l’apprezza, solo negli ultimi mesi ha ricevuto due importanti premi, il Nastro d’Argento e il Penisola Sorrentina, come vive questi riconoscimenti?
Sono molto contento. Il premio Nastro d’Argento sta dando attenzione alle grandi serie per come hanno alzato l’asticella della qualità, è stata una grande intuizione. Il 2021 è stato l’anno zero e ho avuto il piacere di essere premiato dai giornalisti, il prossimo anno partiranno le cinquine. Ai premi uno ci tiene, non è vero che li snobbi, li snobbi quando perdi, sono riconoscimenti degli addetti ai lavori per il percorso che fai. Il mio è un percorso molto particolare, ho sempre fatto tutto, teatro, cinema, Tv, spaziando per generi completamente diversi, passando da film d’autore con cui poi sono andato a Venezia, come “Per amor vostro”, “Nato a Casal di Principe”, “Veleno”. Ho lavorato con Salemme, sono tornato con Garrone, ho fatto Sorrentino, senza mai fermarmi a un genere, e nemmeno mi sono preoccupato che qualcosa potesse inficiare il percorso. Ho fatto tutto con grande onestà, dedizione, serietà. Un percorso strano, ma che paradossalmente gli addetti ai lavori riconoscono come percorso di qualità.
Che stagione sta vivendo Massimiliano Gallo?
Un momento molto bello, finalmente la Rai ha investito su di me. Ci sarà una nuova serie Tv che si chiamerà “Vincenzo Malinconico, Avvocato”, tratta dai libri di Diego De Silva. Rai1 mi ha dato questo ruolo da protagonista assoluto ed è stata l’ennesima attestazione di stima, l’ennesimo regalo. Quando fai tanta gavetta ci arrivi con i piedi meglio piantati per terra, con più tranquillità. So benissimo che le persone che ti fermano per strada per chiederti una foto lo fanno adesso perché sei in onda, ma fra un anno, se non sarai più in Tv, la cosa finirà. Sono cose che devono essere prese per quello che sono.
Tanta fiction di successo, ma anche un film in cammino verso l’Oscar, “E’ stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino, come attore italiano come vive questa possibilità?
Con un orgoglio incredibile, da italiano che va lì non per fare colore, ma per fare scuola. Siamo superstiziosi, Paolo lo è ancora più di me (sorride). Sono un amante del grande cinema italiano, di quello che si è fatto per una vita, che è stato insegnato nelle scuole di tutto il mondo, che è stato copiato da tutti. Nel corso della pandemia ho rivisto tutta la filmografia della Wertmuller, di Manfredi, Sordi, Gassmann, Mastroianni, Tognazzi. Loro hanno fatto scuola. Tarantino non ha copiato la Wertmuller ma l’ha completamente derubata, lo afferma lui stesso. Il grande cinema italiano deve parlare sempre di più al mondo, fortunatamente lo fa già con Sorrentino, con Garrone, con Tornatore, con Salvatores, ma deve avere un orgoglio sempre più grande. Si fa sempre la distinzione tra gli attori italiani, quelli inglesi, americani. Gli italiani sono tra i più grandi che ci siano nel mondo, anche perché lavorano senza avere la possibilità di preparare i personaggi, come avviene invece negli altri Paesi. Adesso, finalmente, c’è di nuovo il film di genere, penso a “Diabolik”, abbiamo vissuto gli ultimi vent’anni di commedia, non se ne può più di fare intrattenimento solo con la commedia. Vorrei rivedere il film italiano western, poliziesco, thriller, non devono essere per forza tutti belli. Qualcosa uscirà come capolavoro, qualcosa no. Non se ne deve fare un dramma. Ritorniamo all’industria dell’intrattenimento, al grande cinema coraggioso.