Mario Lavezzi, una storia infinita
È una delle firme più celebri della musica italiana d’autore, il suo album si intitola “Capolavori nascosti” e contiene il nuovo singolo “Una storia infinita”, scritto a quattro mani con Mogol: «Questo titolo potremmo dedicarlo l’uno all’altro, dato che abbiamo iniziato la prima collaborazione nel 1968. L’album contiene anche canzoni che meritavano di avere più successo, disseminate in vari lavori. Credo che Dalla, Cocciante, Mango, Raf, Carboni, Antonacci, se questi brani non avessero avuto spessore, non avrebbero accettato di cantarle. Abbiamo voluto raccoglierle tutte»
È appena uscito “Una storia infinita” il suo ultimo inedito. Il titolo ben racconta la sua carriera…
Le nostre carriere! Perché l’abbiamo scritta io e Mogol. Sicuramente potremmo dedicarla l’uno all’altro dato che abbiamo iniziato la prima collaborazione nel 1968 (ride). Invece l’abbiamo dedicata a una coppia. L’abbiamo scritta durante il primo lockdown, era giugno-luglio del 2020 e abbiamo immaginato in una storia d’amore, i cui protagonisti, nonostante le vicissitudini, restano insieme, in una storia infinita.
L’album che contiene il suo nuovo singolo è “Capolavori nascosti”. Quattordici canzoni che meritavano di avere più successo?
Certamente. Erano disseminate in vari album che abbiamo fatto e per i quali erano state scelte canzoni, come singoli, che avevano più popolarità. Questi brani, forse non l’avevano, ma hanno un grande spessore, sono di notevole qualità. Io credo che Dalla, Cocciante, Mango, Raf, Carboni, Antonacci, se non avessero avuto spessore, non avrebbero accettato di cantarle. Abbiamo voluto raccoglierle in un unico album.
Mogol-Lavezzi è una “rinomata ditta”. Ci racconta com’è iniziata la vostra collaborazione?
Con la prima canzone che ho scritto. Avevo conosciuto Mogol quando ero nei Camaleonti per una canzone. Sono poi uscito dal gruppo perché dovevo affrontare il servizio militare. Vi ero entrato a 18 anni pensando di restarci per sempre, ma ho dovuto abbandonare. La vita ci dà e ci toglie, su questo ho anche scritto un libro “E la vita bussò” perché viviamo gioie e dolori. Lasciare il gruppo fu molto doloroso, ma poi ho capito che non dovevo viverla così, perché in fondo la vita mi stava dicendo che non era quella la mia strada. Poi, nel 1968, ho scritto una canzone, e per l’ingenuità dell’età la chiamammo “Giovedì 19”. La feci vedere a Mogol e insieme la passammo ai Dik Dik di cui lui era produttore. Cambiammo il titolo in “Il primo giorno di primavera”, cambiammo qualche strofa e Mogol diede un senso alla canzone. Da lì partimmo con una collaborazione con lui e Battisti.
A legarvi è anche una profonda amicizia…
Certo, perché da allora mi ha sempre coinvolto in tutte le sue avventure. Mi telefonava la mattina per andare a scrivere una canzone, più che altro perché aveva bisogno di qualcuno che avesse la macchina. Era un opportunista! (ride) Mogol ha voluto che andassi anche con lui e suo padre a caccia nel Kosovo, ma ho odiato la caccia sin da subito ed è stato un bene. Quando ha fatto il viaggio a cavallo con Battisti, Milano-Roma, ha voluto che io prendessi la sua macchina per fare da apripista e trovare i luoghi dove poter fare tappa.
Lei è un compositore, un produttore, un musicista, un cantautore, un arrangiatore, anche un talent-scout e un promotore. Cosa le riesce meglio?
Io cerco di fare il meglio in tutti i ruoli. Nel 1983 mi hanno dato un Telegatto come Music Maker, che racchiude un po’ tutto. Io faccio musica in tutti i sensi ed è quello che mi piace fare.
La sua è una delle carriere più ricche nella musica leggera, di qualità in ogni campo. Cos’è che continuamente la ispira nella sua vita artistica?
Il punto di ispirazione è quello di sentire qualche cosa, come ad esempio una bella canzone in radio. Allora nasce uno stimolo, non è che la copio. Però mi viene la voglia di creare. Ad esempio “Alto mare” della Bertè, con la quale tra l’altro ho avuto un passato sentimentale burrascoso, è nata mentre ero in discoteca dove ho sentito un pezzo di Barry White. Tornato a casa, ho scritto la mia canzone, che non c’entrava niente con quella, ma la sensazione di piacere provata, mi aveva sollecitato l’ispirazione. Quando senti qualcosa che artisticamente ha un valore, se hai una componente, ti viene spontaneo lo stimolo a creare qualcos’altro.
Cosa pensa della musica dei ragazzi di oggi?
Una musica che purtroppo si consuma con estrema velocità rispetto ai nostri tempi. Ad esempio: un mio pezzo uscì a marzo e andò primo in classifica a settembre. Quando mai oggi può accadere una cosa del genere? Esce una canzone da Sanremo e dopo due mesi già ne esce un’altra. Ad aprile già escono i tormentoni estivi. Ci sono eccezioni, certo, come ad esempio “L’essenziale” di Mengoni, è talmente bella che è rimasta. Però, purtroppo, si consuma tutto troppo velocemente. E poi, con lo streaming, l’autore non guadagna più quasi niente.
Dopo la pubblicazione dei suoi lavori, di un nuovo disco, ha mai vissuto l’ansia delle classifiche?
No, forse è un difetto, ma comunque tutti i colleghi, compresi gli artisti che ho prodotto, sentivano quest’ansia di cui poi avvertivo la responsabilità. Ad esempio la canzone di Fiorella Mannoia, “Come si cambia”, mi sembrò un brano forte e infatti facemmo bingo. Così è accaduto con Ornella Vanoni, Anna Oxa e altri. Sentivo che alcune canzoni avrebbero avuto successo. Ma mai ho avuto l’ansia delle classifiche.
Nella sua carriera ha collaborato alla realizzazione di vere e proprie hit. Quali le hanno lasciato un segno?
“Il primo giorno di primavera”, per la quale ho avuto ansia. Quando è uscita ho sofferto per sei mesi, in attesa del successo, perché volevo un riscatto per aver lasciato i Camaleonti. Ma anche tante altre mi hanno lasciato un segno, come ad esempio “Vita”, una canzone che Dalla aveva scelto per un evento straordinario che fu l’album Dalla-Morandi. Toccai il cielo con un dito.
Ha un sogno che artisticamente non ha ancora realizzato?
Una cosa che sogno è che i miei figli trovino una strada della quale siano appassionati. Un desidero più familiare che artistico. Spero che trovino un mestiere che gli piace, perché solo così potranno farlo nel miglior modo possibile. Nell’ambito della mia professione, della musica, mi muovo tranquillamente ancora con lo stesso entusiasmo di sempre. Io e Mogol abbiamo scritto alcune canzoni che ancora non sono uscite e attendiamo di darle all’interprete giusto, nel posto giusto. Ad esempio “Vita” l’avevo proposta a Fiorella Mannoia cinque anni prima che la cantasse Dalla. A lei non piaceva per sé. Stessa cosa Mina. Viviamo di giorno in giorno, il sogno vero quindi resta quello legato ai miei figli.