MARIA

Angelina Jolie è la più celebre soprano di tutti i tempi. Nelle sale dal 1° gennaio, distribuito da 01 il film di Pablo Larraín con Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Kodi Smit-Mcphee e Valeria Golino

Diretto da Pablo Larraín e interpretato dall’attrice premio Oscar® Angelina Jolie nel ruolo di Maria Callas, “Maria” ripercorre gli ultimi giorni di vita di una diva leggendaria che riflette sulla propria identità ed esistenza. Nei panni dell’artista, una delle figure più emblematiche del 20° secolo, Angelina Jolie. Al suo fianco un cast di prim’ordine, con Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Kodi Smit-Mcphee e Valeria Golino. La trama segue le vicende della soprano di origine greca durante il suo soggiorno a Parigi, città in cui si rifugia dopo una vita pubblica costellata di eventi emozionanti e tumultuosi. Il film è distribuito da 01 Distribution. Pablo Larraín e Angelina Jolie nelle interviste di 01.

 

Pablo Larraín, il regista

 

Qual è l’aspetto più interessante di un film su Maria Callas?

Per molti anni ho avuto la fortuna di abitare, insieme alla mia famiglia, nei pressi di un teatro dell’opera, a Santiago. Adoravo andare a vedere le opere che hanno reso celebre la Callas nonostante lei non fosse già più in vita, mi sentivo fluttuare quando uscivamo dal teatro; quando tornavamo a casa, mia madre mi diceva: “Ecco, hai visto quanto è bella l’opera lirica”. A mia madre piaceva la Callas, e sono cresciuto in compagnia della sua voce angelica. In seguito, ho avuto modo di conoscere altri aspetti della sua vita. Perciò, dopo aver girato “Jackie” e “Spencer”, la figura di Maria Callas mi sembrava la scelta più giusta per completare questa trilogia. “Maria” è anche il mio primo film su un personaggio artistico e per questo motivo riesco a relazionarmi con lei anche sul piano personale.

La vita stessa di Maria Callas può essere paragonata a un’opera lirica?

Molte delle opere interpretate da Maria Callas sono tragedie, quindi il personaggio principale da lei incarnato spesso muore nell’ultima scena. Le storie di queste opere sono molto diverse rispetto alla sua vita, ma secondo me c’è un legame fra la Callas e i personaggi che interpretava. Ne ho parlato con lo sceneggiatore Steven Knight proprio all’inizio del progetto: questo film racconta la vita di una persona che si immedesima con le tragedie che mette in scena. Abbiamo utilizzato specifici brani musicali o cantati per sottolineare ogni momento del film; sono stati inseriti nelle varie scene non solo in modo funzionale ma proprio a scopo drammatico. L’opera lirica è una forma di trascendenza, un modo per esprimere emozioni ineffabili.

Perché ha scelto di raccontare proprio gli ultimi giorni di Maria Callas?

Maria Callas ha cantato tutta la vita per il pubblico, per gli altri. E la sua vita personale è emersa per lo più in funzione delle sue relazioni. Ha sempre cercato di compiacere qualcun altro, un compagno, un familiare o un amico. Ma alla fine della sua vita ha deciso di cantare per se stessa. Quindi questo film riguarda una persona che nei suoi ultimi giorni cerca la propria voce e la propria identità. È una celebrazione della sua vita.

Cosa ha reso Angeline Jolie l’interprete ideale a incarnare Maria Callas?

Sia Maria Callas che Angelina Jolie possiedono una grande presenza scenica, brillano davanti alla macchina da presa e illuminano tutti gli ambienti in cui si muovono. La loro enorme umanità è quasi tangibile. Angelina non ha dovuto sforzarsi di essere Maria Callas e trasmettere la sua caratura perché già la possiede. Per sei o sette mesi si è preparata molto seriamente alla parte. Le ho detto che la migliore preparazione per questo personaggio sarebbe stato mettersi a cantare. Inoltre, Angelina possiede quella fragilità, sensibilità e intelligenza che fanno la differenza. La vedi scomparire nel ruolo, e il pubblico si immerge nel film dimenticandosi molto velocemente di lei. Ovviamente per far questo occorrono non solo un talento immenso, ma anche una grande dedizione, disciplina e vulnerabilità.

Può descrivere il modo in cui Angelina Jolie ha imparato il canto lirico?

È stata proprio questa la difficoltà, fare un film su Maria Callas con la propria voce… Perché mai farlo senza? È un elemento essenziale, ovviamente. Angelina ha affrontato diversi stadi di preparazione. All’inizio ha studiato con professionisti del canto lirico, con cui ha corretto la postura, la respirazione, il movimento e l’accento. Cantava opere e arie molto specifiche, per lo più in italiano. Bisogna cantare nel modo giusto, trovare le giuste tonalità e questo significa essere in grado di seguire la melodia e cantarla bene. Abbiamo registrato la sua voce e la sua respirazione. Ci sono momenti nel film in cui ascoltiamo Maria Callas con un frammento di Angelina. Altre volte Angelina è più preponderante della Callas. Ci sono tracce variegate con diverse voci. Angelina si è messa in gioco in prima persona, non solo per accrescere la veridicità del film ma anche per compiere il giusto percorso come attrice.

Può descrivere il metodo con cui è stata utilizzata la voce di Angelina Jolie?

L’unico modo era farla cantare realmente, in sincronia con la Callas, ad alta voce. Nel missaggio le due voci si mescolano in modo molto organico. Non c’è alcun miracolo di tecnologia, Angelina ha cantato realmente e il suono è stato registrato in un certo modo. Angelina si è esibita anche davanti a 200 persone o 500 figuranti, cantando con la propria voce. Io avevo le cuffie, perciò ascoltavo l’orchestra, la Callas e Angelina e facevo una sorta di missaggio live. Ma Angelina era nuda, metaforicamente parlando, dal punto di vista vocale, di fronte a centinaia di persone. All’inizio è stato difficile, quasi si scusava con la troupe ma tutti le dicevano: “Dai, sei bravissima. Continua così”. Tutti hanno apprezzato sia la sua bravura che il suo coraggio.

 

Angelina Jolie, interprete di Maria Callas

Perché ha voluto recitare il ruolo di Maria Callas?

Ho incontrato Pablo Larraín molti anni fa. Gli ho espresso la mia stima e il mio desiderio di poter lavorare con lui, prima o poi. Quando mi ha contattato per “Maria”, ho apprezzato la serietà del casting. Pablo sceglie sempre attori che siano adatti al ruolo e che sappiano bene cosa fare. Inoltre, sono una grande ammiratrice del lavoro di Steven Knight: ha scritto un copione originale, dalla struttura insolita. Insieme a Pablo ha compiuto scelte coraggiose riguardo la narrazione, scelte che rivelano un grande talento.

 

Come si è preparata al ruolo?

Le aspettative di Pablo erano altissime, e voleva che cantassi. Ho preso lezioni per sei o sette mesi prima di riuscire a cantare veramente, e ho studiato l’italiano per immergermi completamente nel mondo dell’opera, per comprendere ciò che cantavo e rendere le scene verosimili. Non c’era un altro modo per farlo. Quando un attore inizia a recitare, c’è sempre qualcuno che gli chiede “Sai cavalcare? Sai parlare questa lingua?” e gli attori rispondono sempre di sì e poi devono darsi da fare per imparare. Quando Pablo mi ha chiesto se sapessi cantare, ho risposto di sì, ma lui ha preteso che imparassi il canto lirico perché il mio volto e le mie espressioni dovevano essere verosimili. Ma apprendere il canto serviva anche a comprendere Maria Callas, a calarmi nel suo personaggio. La musica è stata la sua vita, così come il suo rapporto con la voce e il corpo, il suo talento, la sua presenza scenica, il suo contatto con il pubblico. Sono questi gli elementi per capire la Callas.

 

Com’è stata l’esperienza di imparare a cantare in quel modo?

A dir la verità è stata una terapia di cui non pensavo di aver bisogno. Non avevo idea di quanta energia trattenessi. Quindi la sfida non è stata tanto tecnica quanto emotiva perché ho dovuto imparare a cercare la mia voce, a trovare un contatto con il mio corpo, a esprimermi.  Ho dovuto dare tutta me stessa. Quando i cantanti lirici esprimono il dolore, non è una cosa superficiale, ma scavano a fondo, dentro di sé. Sono emozioni totalizzanti, che li avvolgono completamente, devono avere un atteggiamento di apertura e cantare con la voce più forte che hanno.

 

Dice che Maria Callas è stata al suo fianco sulla scena. Cosa prova per questa artista dopo aver trascorso tanto tempo con lei?

Le voglio molto bene. Mi commuove e sono felice di aver avuto l’opportunità di mostrare il suo lato più umano. Maria era molto miope: le lenti che indossava quando era già adulta rivelano che fosse quasi cieca. Da giovane non poteva esibirsi con gli occhiali sul palco, era inaccettabile, doveva quindi memorizzare tutto ciò che cantava. Solo da questo possiamo renderci conto di quale forza di volontà possedesse. Da giovane era stata spinta verso il canto dalla madre e nel corso del tempo è stata in grado di raggiungere livelli eccelsi che hanno profondamente cambiato la lirica. Ma da adulta le cose sono cambiate, e il pubblico l’ha criticata e ha subito enormi pressioni. Credo fosse molto sensibile, perché non è possibile esprimere tutte quelle emozioni senza possedere una grande sensibilità.

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