MARCO ROSSETTI
Sempre con un grande sorriso
La gavetta, il sacrificio e il successo, l’amore per il mestiere dell’attore, per la montagna e la fedele cagnolina Nata. L’attore romano, protagonista di “Un passo dal cielo” e “Blackout” su Rai 1 si racconta al RadiocorriereTv: «Non sguazzo nell’essere al centro dell’attenzione, mi fa piacere che la popolarità vada di pari passo con la riuscita professionale. Sono nel periodo più fortunato della mia carriera e lo accolgo con gioia»
In Tv con due serie di grande successo… come vive questo momento?
Sono contento della risposta del pubblico per entrambe le serie. La fatica viene ricompensata alla grande, grazie sempre a tutti coloro che ci seguono (sorride).
Come è cambiato, nel tempo, il suo rapporto con il lavoro dell’attore?
È cambiato nella misura in cui negli ultimi anni ho avuto un po’ più di sì fortunati, ma mi approccio sempre con grande rispetto e disciplina. In questo lavoro, precario in generale, è un saliscendi continuo, sapere trarre lezione dalla sconfitta fa parte di una crescita anche umana.
… e con la popolarità?
Facendo serie tanto apprezzate dal pubblico è aumentata di conseguenza anche la popolarità. Non sguazzo nell’essere al centro dell’attenzione, mi fa piacere che la popolarità vada di pari passo con la riuscita professionale. Sono nel periodo più fortunato della mia carriera e lo accolgo con un grande sorriso (sorride).
Nathan in “Un passo dal cielo” e Marco Raimondi in “Blackout”, vero è che un personaggio non si giudica, ma che rapporto ha costruito con loro?
Li ho indossati con grande rispetto, senza mai giudicarli. Marco ha un carattere focoso, agitato, istintivo, è sempre su di giri in una serie che ha grande ritmo, Nathan è alla ricerca delle proprie origini, di verità nascoste, contro il padre che ha rincorso tutta la vita. Li amo moltissimo e in entrambi i casi ci si è rilassati poco. Sono entrambi personaggi in ascolto, leali, rispettosi nei confronti del prossimo. Se Marco è quello che se viene ferito ferisce, Nathan si ritrae nel guscio. È stato bello entrare, non senza fatica, nella loro tridimensionalità. In questi due anni per fortuna mi sono riposato poco.
Quello della montagna è un mondo che ritorna nelle due serie… come vive il rapporto con i monti e la natura?
Amo la montagna da sempre, da quando i miei genitori portavano me e i miei fratelli in Val di Fiemme, a una cinquantina di minuti dai luoghi in cui abbiamo girato “Blackout”, Fiera di Primiero, dall’altra parte delle Pale di San Martino. Ogni volta che vado in montagna mi resetto dalla vita caotica di Roma. Il lavoro è ugualmente frenetico, ma la montagna ti costringe a respirare più lentamente, per me è una manna dal cielo.
Che rapporto ha con le sue radici?
Sapere da dove vieni, chi è la tua famiglia, che infanzia e adolescenza hanno vissuto i tuoi nonni, i tuoi genitori, fa parte del nostro percorso, sono grato ai miei genitori per avermelo raccontato.
Cosa deve avere una storia perché scelga di farne parte?
Mi deve dare la possibilità di stupirmi, di non accomodarmi mai. Un personaggio deve smuovere qualcosa in me, portarmi a un’evoluzione anche attraverso sentimenti che già conosco: la rabbia, l’amore, l’amicizia. Nella reiterazione c’è la credibilità.
Che rapporto ha con il mistero, con la scoperta?
L’ignoto, ciò che non conosci, mi incute sempre un po’ di timore, mi spaventa. Quando mi si chiede quale personaggio del passato farei tornare in vita dico sempre Margherita Hack, che ho ammirato tantissimo per il suo rigore, per la sua capacità di affrontare temi complessi, di studiare fenomeni altri. Una grande studiosa dall’umanità straordinaria.
Chi è Marco Rossetti oggi?
Non più un ragazzo ma un uomo di 39 anni che ha avuto la possibilità di poter crescere, di imparare, di poter abbracciare il ragazzo e l’attore giovane che è stato. Sono una persona consapevole e che ha ancora molto da imparare.
Cosa la rende felice?
La felicità delle persone a cui voglio bene, l’energia dei bambini, l’istinto del mio cane, la mia Nata, nome che deriva da Fortunata.
Nulla a che vedere con il suo Nathan dunque…
Nata è arrivata prima di Nathan (sorride). Abbiamo un rapporto simbiotico, è sempre con me anche sul lavoro, per fortuna sino a ora mi è sempre stato consentito di portarla sul set. È una cagnolina che pur essendo molto obbediente ha bisogno di correre tanto, la montagna piace molto anche a lei, è anche il suo mondo.
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