Luca Barbareschi
Una risata contro il conformismo
Una dialettica onesta e libera, una narrazione mai scontata e grande “sense of humor”. Il 19 aprile, in seconda serata su Rai3, debutta “In barba a tutto”. Un bancone, un biliardo, due poltrone e, sullo sfondo, una vista cittadina simbolo di una cultura underground. Un ambiente stimolante al dialogo in cui il conduttore accoglie ogni lunedì sera ospiti “che hanno molto da dire”
“In barba a tutto”, un titolo che ci fa pensare a un programma irriverente e fuori dalle righe, cosa sta preparando per il pubblico di Rai3?
Chi ha visto i miei one man show “Piantando i chiodi nel pavimento con la fronte” e “Cercando segnali d’amore nell’universo”, che sono stati due miei cavalli di battaglia teatrali, conosce il mio senso dello humor. In “Piantando i chiodi” mi chiedevo che cosa facesse Messner una volta arrivato in cima all’Himalaya. La risposta era: apre la sdraio, va di corpo e inquina tutto l’altopiano a 7 mila metri. Quando feci quello show mi documentai e scoprii che c’era una violenta rivolta del Nepal contro coloro che arrivati in vetta lasciavano ogni sorta di detrito e tornavano a valle di corsa, creando una pattumiera sul mondo. Non è che al mattino passa la nettezza urbana e porta via tutto. Su questa chiave ho costruito spesso il mio umorismo al contrario, dicevo che nel parco di Yellowstone non si può più andare a fare i picnic perché è pieno di orsi e gli orsi mangiano i bambini, allora forse sarebbe meglio limitare il numero degli orsi, almeno si potevano fare i picnic (sorride). Il momento più comico di Roma è stato il bioparco, perché se si chiamava zoo era brutto, incivile, cattivo, nel bioparco improvvisamente i leoni sono contenti, i ghepardi cantano Verdi. Il bioparco è uguale allo zoo, è cambiato il nome, ma bioparco, in qualche modo, fa sinistra colta progressista. Il mio programma vuole prendere in giro tutta questa roba, un processo semantico che ha distrutto tutto. La gente, se la fai ridere, si rende conto dell’idiozia. Il programma è in barba al conformismo intellettuale, alla cultura del piagnisteo, è un pozzo di petrolio di possibilità di comicità, è pop, ironico, divertente e provocatorio.
Un programma che segna un punto di rottura anche per gli argomenti affrontati, in televisione si può parlare proprio di tutto?
Aveva ragione Totò che diceva “castigat ridendo mores” (correggere i costumi ridendo). Lui era molto spiritoso, geniale. Il problema è che solo da morto è diventato un genio, prima non lo si poteva dire. Io invece vorrei essere celebrato da vivo, cosa che faccio serenamente da 48 anni di attività. Tutto ciò che ho fatto, anche l’Eliseo (storico teatro romano gestito da Barbareschi), l’ho fatto in barba a tutto e a tutti, perché hanno cercato di fottermi tutta la vita. Potrei scrivere un libro sull’imbecillità, e lo dico perché sono un socialista ebreo che crede nella libertà di pensiero. Di fronte a tutto questo lo humor è fondamentale, in sinagoga si ride. Se racconto una parabola e ti faccio ridere sono sicuro che tu abbia capito, perché il momento comico è la catarsi drammaturgica. In ogni puntata di “In barba a tutto” si parlerà di un tema diverso, ma ognuno sarà analizzato pettinandolo dall’altra parte e svegliando un po’ la gente. Se lo fai in maniera comica secondo me la gente si diverte.