L’ombra del giorno
La luce dell’amore
Il RadiocorriereTv ha incontrato gli interpreti della pellicola che ha debuttato giovedì in sala, Riccardo Scamarcio, che del film è anche coproduttore, e Benedetta Porcaroli. «Il copione, i dialoghi, le battute, ci hanno suggerito l’architettura emotiva dei personaggi» dice il protagonista. «Nel 1938 c’era un pudore diverso – afferma l’attrice – dove la parola non arrivava dovevi fare arrivare altro. Questo mi ha fatto vibrare in modo diverso». Insieme a loro, il regista Giuseppe Piccioni
Come è stato l’incontro con la storia e con i vostri personaggi?
RICCARDO: Appena ho letto il copione ho capito che era un film bellissimo, pazzesco. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Piccioni, abbiamo fatto un provino con Benedetta. Quando il vecchio produttore ha dovuto lasciare il progetto e il film non si sarebbe più fatto, ho deciso di assumermi la responsabilità, enorme, di produrre questo film. Con il senno di poi, avendolo girato e avendolo visto, sono felice di quanto accaduto.
BENEDETTA: Ho letto la sceneggiatura e sono rimasta folgorata, anche dal personaggio femminile (Anna Costanzi). I film non sono tutti uguali, alcuni, già dalla lettura, dimostrano di essere un unicum. Anna, pur vivendo in un’altra epoca, mi ha consentito di fare tante cose. È una storia d’amore in un contesto di guerra, una sceneggiatura densa e complessa.
Cosa significa per un attore calarsi in un momento storico così difficile e doloroso?
RICCARDO: In questo film abbiamo avuto la fortuna di avere come guida il copione stesso, le battute, i dialoghi. Al loro interno erano suggeriti l’intento, l’architettura emotiva dei personaggi. Da una parte è bastato semplicemente recitare quelle battute, il mio personaggio (Luciano) è claudicante, condizione fisica che costringe a una caratterizzazione molto precisa. E poi il film è quasi in lingua. Si parla un italiano che non si usa più, e devo dire che questo, paradossalmente, che poteva rappresentare un ostacolo, si è rivelata un’opportunità.
BENEDETTA: Avevo Riccardo in scena, Giuseppe al monitor, e una sceneggiatura bellissima con battute significative, rappresentative. Per quanto mi riguarda ho semplicemente cercato di rispettare una grammatica dell’epoca. Nel 1938 c’era un pudore diverso, non potevi dire tutto ciò che ti passava per la mente, ma allo stesso tempo dovevi cercare di farlo arrivare comunque, un ostacolo che ci ha liberati da un punto di vista emotivo. Dove la parola non arrivava dovevi fare arrivare altro. Questo mi ha fatto vibrare in modo diverso.
Che emozione avete provato, a film finito, vedendo i vostri personaggi sullo schermo?
RICCARDO: Essendo produttore ho visto il film numerose volte. Però non l’ho ancora visto con il pubblico in sala, e questo accadrà domani ad Ascoli. Vedremo il film con un pubblico di non addetti ai lavori. A questa domanda risponderò dopo domani (sorride).
BENEDETTA: Credo che “L’ombra del giorno” non possa lasciare indifferenti. Sono felice di avere fatto questa esperienza e credo che il film abbia in sé un grande valore: racconta un momento storico di cui non parliamo quasi più, è importante che le nuove generazioni, immedesimandosi in una storia d’amore, sappiano ciò che è stato.