Lo show ristretto che piace a tutti
Con “Viva Rai 2!” ha dato nuova linfa a un genere da molti considerato superato. Il varietà ricetta Fiore gode invece di ottima salute, capace di portare a sé un pubblico trasversale ed eterogeneo, sul piccolo schermo come sui computer, sui tablet e sugli smartphone: perché una risata, in Tv o sul telefonino, è sempre una risata. La sfida del re degli showmen è ancora una volta vinta: «Sono così come mi vede il pubblico. E credo che questa sincerità sia parte della empatia che si è creata»
Chiudi per un istante gli occhi e ripercorri questi lunghi mesi in via Asiago, qual è la prima immagine che ti viene in mente?
La sveglia alle 4.00 del mattino, l’alba, il silenzio, il caffè lungo al bar di Guerre stellari. Vedere poi come lentamente, con le prime luci del giorno, il programma prende vita, iniziano ad arrivare i tecnici, il cast, i ballerini e come per magia alle 7.15 tutto è pronto per iniziare lo show e la festa.
Hai dimostrato che il varietà non è morto e che per dargli un futuro è necessario rivedere la formula tradizionale. Possiamo dire che “Viva Rai 2!” rappresenta un momento di passaggio nel mondo della Tv?
Il varietà è vivissimo, ha solo cambiato orario. Abbiamo cercato di portarlo alle 7 del mattino, con una satira non convenzionale. Ho sempre provato a fare cose nuove, e lo show al mattino mi mancava. Avevo fatto cose simili, che mi hanno preparato a questo, come “Viva Radio 2” o “Edicola Fiore”, che man mano, negli anni, sono cresciute fino a diventare “Viva Rai 2!”. Lo stesso programma, in prima serata il sabato sera non funzionerebbe. Con “VivavRai 2!” abbiamo di certo fatto conoscere anche in Italia, sulla rete pubblica, il morning show all’americana, che noi facciamo con più varietà… neanche negli Stati Uniti ce n’è uno come questo, in mezzo alla strada.
Il pubblico ti ha premiato, come sempre. Cosa ti ha insegnato questa esperienza?
Che il pubblico sempre più, oggi, si appassiona alle storie, ai personaggi. Da qui la grande offerta di serialità. E poi, che la “globalizzazione” è anche dello spettacolo. Si va in televisione, ma allo stesso tempo ti guardano anche sul cellulare, sul tablet, o anche in radio e sulla piattaforma, come è successo a noi. Abbiamo iniziato sui social, per poi andare in diretta e su RaiPlay e poi su Rai Radio Tutta Italiana e su RaiPlaySound. Ormai questa è televisione totalmente inclusiva, non c’è più il programma fine a se stesso, è tutto correlato. Tutto parte da una diretta e poi vive su altri media fino alla puntata successiva. La crossmedialità oggi non è più una scelta.
Cosa diverte, più di ogni altra cosa, Fiorello?
Le situazioni imprevedibili, quello che nasce spontaneo e mi sorprende. Biggio mi diverte, quando io sorprendo lui con una battuta. Mi piace provocare, con leggerezza, lanciare quelle che io chiamo “le bombette”.
Quante volte hai dovuto frenare la tua voglia di improvvisazione?
Mai. Io sono così come mi vede il pubblico. E credo che questa sincerità sia parte della empatia che si è creata.
Uno show che nasconde tanta conoscenza dello strumento televisivo e che crea un innesto perfetto con tutti gli altri mezzi a disposizione… Come si gestisce tutta questa “abbondanza” di strumenti?
Si gestisce, ad esempio, “tagliando” i contenuti, perché siano giusti e adatti al nuovo linguaggio. Segmenti brevi, che formano un varietà concentrato di 45 minuti tra gag, filmati, balletti, servizi, inchieste, notizie, canzoni. Questo ritmo ti permette poi di adattare il contenuto agli altri media – web e social – agganciando il pubblico, diversificato, perché ognuno troverà i suoi minuti di gradimento. La prova di ciò è che negli ultimi dieci anni, tutto si è accorciato, e in questo la GenZ ci fa da maestra perché sono i più giovani che ci hanno abituato ai formati brevi e veloci.
Dopo lo show, incontri ogni giorno il tuo pubblico, cosa pensi di queste persone che fanno anche centinaia di chilometri per scambiare quattro chiacchiere con te?
Penso che siano adorabilmente folli… ma che è bello e mi fa sentire ancora di più la responsabilità di regalare loro bellezza e gioia. A modo mio. Dopo ogni puntata mi fermo a firmare gli autografi con tutti. Incontro gente di ogni tipo, che porta roba da mangiare, dalla zizzona di Benevento, al casatiello, ai pasticciotti pugliesi. Qualche settimana fa sono venuti un signore vestito come nell’800 e un fan della foca monaca, che mi parlava di questo mammifero mentre facevo colazione. E poi c’era un certo signor Picone che, con una chitarrina si è messo a cantare: «Se bruciasse la città, da te, da te, con un volo low cost io arriverei». Gli ho chiesto cosa fosse quel brano e mi ha risposto: «Una canzone di Massimo Ryanair».
Con i tuoi compagni di viaggio sembri spesso un fratello maggiore, cosa ti mancherà di loro nei prossimi mesi?
Siamo un bel gruppo. Nella nostra redazione in questi mesi sono nati tutti i giorni idee, spunti, personaggi, con la complicità di un gruppo di autori fantastico: Francesco Bozzi, Pigi Montebelli, Federico Taddia, Fabrizio Biggio, Mauro Casciari, Enrico Nocera ed Edoardo Scognamiglio. Penso al lavoro unico di Luca Tommassini, e ringrazio i tanti ospiti che puntano la sveglia presto, ben prima dell’alba, per partecipare. E poi alla curiosità e alla passione di tutta la squadra che ha lavorato: il reparto costumi, con sarte bravissime che hanno reso possibili suggestioni folli dell’ultima ora, il trucco, i parrucchieri, tutte le maestranze Rai che ci hanno seguiti in questa avventura. Senza questa partecipazione vera, un programma come “Viva Rai 2!” non si fa. Faccio un esempio tra tanti, quello dei ballerini di Luca Tommassini che hanno ballato a petto nudo, con tre gradi, di notte e di giorno, in mezzo alla strada, e sono sempre stati entusiasti e contenti di farlo.