Lo sguardo sull’altro

Fausto Maria Sciarappa

Ne “Il Clandestino” interpreta il ruolo di vicequestore, stimato e apprezzato da suoi colleghi, ma determinato a vivere “una vita “sotto copertura”, abituandosi a mentire a se stesso e agli altri, atteggiamento che, inevitabilmente, lo porterà alla rottura dell’amicizia con Luca Travaglia” racconta l’attore al RadiocorriereTv. L’appuntamento con la serie è il lunedì su Rai 1

Cosa l’ha colpita di questo progetto?

La verità è che ho un’adorazione per Rolando Ravello, uomo, regista e attore speciale. Quando mi ha chiamato per comunicarmi che gli avevano proposto la regia di questa serie, e che aveva pensato a un ruolo per me, ho accettato a scatola chiusa, ho detto subito sì. Poi, ovviamente, ho letto la sceneggiatura (ride). Mi fido di lui e questo, nel nostro lavoro, fatto di apertura, di ascolto e soprattutto di fiducia, è fondamentale. Quello che immediatamente mi ha incuriosito de “Il Clandestino” è stata la sua ambientazione, i luoghi in cui si svolge la storia. Io sono cresciuto a Novara, a due passi da Milano, una città che ho imparato a conoscere molto bene durante l’anno di università e che, confesso, non mi affascinava particolarmente. Vivevo in periferia e, frequentavo istintivamente quelle zone e, quando a distanza di quasi quaranta anni, mi sono ritrovato in questa città per lavoro, osservandola meglio nelle sue varie ambientazioni, l’ho vista cambiata, migliorata. Mi ha intrigato capire come sarebbe stata la resa visiva.

A tutti è capitato nella vita di sentirsi “clandestini”, anche rispetto a se stessi. In che modo succede al suo personaggio?

A Maganza accade subito, fin dal momento in cui si confronta con le scelte più importanti della sua vita. Nel creare il personaggio ci siamo immaginati per lui un padre alto magistrato, con una personalità forte e che Claudio sente di dover compiacere. Sceglie la carriera da poliziotto per soddisfare le aspettative del padre, ma non vuole rinunciare di vivere la sua natura, che non sarebbe accettata né dalla famiglia, né dalla società e dall’ambiente professionale. Per questo vivrà una vita “sotto copertura”, abituandosi a mentire a se stesso e agli altri, atteggiamento che, inevitabilmente, lo porterà alla rottura dell’amicizia con Luca Travaglia.

Che cosa significa poggiare lo sguardo sugli ultimi – come a un certo punto fa Travaglia -, quando gli ultimi possiamo essere anche noi?

Significa semplicemente osservare e ascoltare nel profondo. Il nostro mestiere, come tanti altri, è fatto di osservazione e di ascolto, quando smettiamo di farlo, si arriva inevitabilmente al rifiuto dell’altro, di ciò che è diverso da noi e che rompe gli schemi.

Non è la prima volta che riveste il ruolo del poliziotto…

Non saprei fare un paragone con altri ruoli simili interpretati, posso solo dire che Claudio Maganza, per le scelte che fa, per il comportamento che assume, è un uomo totalmente all’opposto rispetto a Fausto Sciarappa. È mosso da una sfrenata ambizione, ogni sua scelta è compiuta come mezzo di rivalsa nei confronti del padre. Per me è stata una bella sfida, non ho fatto altro che affidarmi completamente affidato alla rete protettiva del regista e dei colleghi. C’è qualcuno che scrive un testo, tu devi dare anima e corpo a queste battute per raggiungere l’obiettivo insieme a tutti gli altri.

Cosa avete cercato di comunicare attraverso questa serie?

Cercare di non distogliere il nostro sguardo sugli ultimi della società, soprattutto in questo contesto storico. Siamo circondati da situazioni veramente che fanno venire i brividi e tutti, nl nostro piccolo, senza particolare giudizio, dobbiamo provare a metterci in ascolto gli uni con gli altri, far prevalere l’intelligenza.

Ritratto di Claudio Maganza


Conosciuto e stimato poliziotto, collega di Travaglia, viene promosso vicequestore a Milano. Era un ragazzo quando ha capito che voleva far carriera in Polizia. Più o meno nello stesso momento in cui ha scoperto che gli piacevano gli uomini, cosa che ha tenuto sempre nascosta, soprattutto ai colleghi. In un certo senso anche lui vive sotto copertura da anni, atteggiamento che lo pone in conflitto col compagno Federico a cui quella doppia vita, specialmente nella Milano di oggi, appare terribilmente anacronistica. L’amicizia con Travaglia risale ai tempi dell’accademia e da allora sono diventati come fratelli, condividendo anche i segreti più inconfessabili. Per aiutare Luca con le sue indagini Maganza, a volte, si espone tanto da disattendere le direttive del Questore. Eppure, è evidente che, dopo l’attentato che ha provocato la morte di Khadija, qualcosa nel loro rapporto si è incrinato. Travaglia ormai fatica a fidarsi di chiunque, soprattutto non si fida più di lui

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