Livio Kone

Io, Daniele, Noi

L’attore che nella serie di Rai1 interpreta il ruolo del figlio adottivo dei Peirò si racconta al RadiocorriereTv: «Non decidi tu dove nascere, ma decidi di quali persone circondarti: la famiglia può essere la scuola, l’oratorio, la comunità» 

© Jessica Guidi

Cosa l’ha portata a prendere parte a questo progetto?

La storia del mio personaggio, Daniele.

Cosa c’è di “speciale” in lui?

È un uomo realizzato, che a 34 anni decide di rimettersi in gioco cercando il suo vero padre. È sempre stato il suo chiodo fisso, nonostante sia stato abbandonato. Ha messo da parte l’orgoglio ed è andato a cercarlo. Questo l’ha reso molto umano.

Che cosa ha pensato una volta letto il copione e “conosciuto” Daniele?

Questo sono io (sorride), mi sono riconosciuto in tante sue caratteristiche. Ho capito che il personaggio poteva essere una mia versione 34enne.

Che cos’è per lei la famiglia?

Non deve esserci per forza un legame di sangue. La famiglia la puoi anche scegliere. Non decidi tu dove nascere, ma decidi di quali persone circondarti: la famiglia può essere la scuola, l’oratorio, la comunità.

Cosa significa per un attore dare forma a sentimenti potenti come quelli raccontati in “Noi”?

Vuol dire avere anche coraggio. Con Daniele ho dovuto affrontare aspetti che, come Livio, non avevo ancora indagato. Calandomi nei suoi panni sono stato costretto ad andare a fondo, a guardarmi allo specchio.

Cosa porterà con sé di questa esperienza?

Siamo stati una bellissima famiglia sul set e anche fuori. Finito il lavoro ci si ritrovava a casa dell’uno o dell’altro per stare insieme, per mangiare una pizza. Tutti, anche dopo dieci ore di lavoro. Ho amato girare la serie, ma molte emozioni sono proprio legate ai momenti di condivisione. Di fronte a tutto questo, a questa grande sintonia, ho ricordi davvero bellissimi.

Continua a leggere sul Radiocorriere Tv N.12 a pag.22