LINO GUANCIALE
Dylan (e me)
«È un iper-razionalista che ha accettato l’impossibile e che ama immergercisi con spirito analitico» dice l’attore, protagonista il 30 settembre del podcast live “Dylan Dog alla Radio – Voci dall’Incubo” in occasione del Prix Italia di Torino. Un progetto ideato e scritto da Armando Traverso, dedicato al personaggio nato nel 1986 dalla mente di Tiziano Sclavi e realizzato in collaborazione con Rai Radio, Rai Play Sound e Sergio Bonelli Editore. E i festeggiamenti della Radio proseguono con l’uscita, in allegato a Dylan Dog numero 457, di uno speciale albetto da collezione intitolato proprio: “Voci dall’Incubo”
Ci racconta il suo primo incontro con Dylan Dog?
Era il 1987, il debutto della serie fumettistica era avvenuto da poco, sul finire dell’anno precedente. Mi trovavo a un campo dei lupetti, sono stato scout per tanti anni, uno di noi si era portato dietro un numero di “Dylan Dog” intitolato “I conigli rosa uccidono” e per tutti fu una lettura folgorante. Nel nostro campo estivo quel fumetto divenne virale, passò di mano in mano, tutti lo volevamo leggere per conoscere questo personaggio di cui si parlava tantissimo. Noi bambini eravamo avidi, anche per un gusto trasgressivo, perché pensavamo fosse una cosa da adolescenti, da ragazzi. Per noi era preziosissima l’esperienza di trovarci quella cosa da grandi tra le mani. Io ero già un appassionato di fumetti e l’incontro con “Dylan” fu uno shock meraviglioso, “scompaginò tanti schemi della narrazione comic nel nostro Paese, anche in virtù della musica di cui è appassionato, dei riferimenti cinematografici che ci sono nel testo, delle figure che ci sono intorno a lui. È stato facile innamorarsene da subito.
Cosa ha pensato quando le hanno proposto il progetto di questo podcast live?
Mi sono illuminato. Segui un personaggio per tanti anni, fa parte della tua crescita, lo vedi con la fisionomia di un attore inarrivabile come Rupert Everett. Poi arrivi a essere grandicello e ti chiedono di fare Dylan Dog… tu gli dici di sì immediatamente.
Senza pensarci due volte…
Si tratta di mettersi nei panni di qualcuno che, in qualche modo, ha funzionato come una persona reale nella mia crescita.
Come si porta un fumetto alla radio?
È ovvio che se a un fumetto togli l’immagine, togli moltissimo, ma soprattutto nel caso di “Dylan Dog”, in cui il testo ha tanta importanza, e dove lo spessore letterario del personaggio è centrale, la radio dà la possibilità di evocazioni molto forti. Sta infatti nella voce di chi interpreta evocare immagini potenti, anche attraverso un buon lavoro con il microfono. Pur togliendo le immagini, la radio rischia di essere una compagna molto preziosa per un fumetto, perché ci si affida a una traduzione, attraverso la voce, che può portare un arricchimento fortissimo alla scrittura. La radio lavora con dei codici che sono in qualche modo prossimi a quelli del teatro, dove devi costruire tu, attraverso la tua interpretazione, l’immagine da consegnare agli spettatori. Questo, secondo me, apre spazi di costruzione per chi ascolterà e vedrà quella sera, molto belli. L’importante è portarsi addosso il più possibile tutto l’immaginario concreto non solo di Dylan Dog, ma di tutta la serie.
Virtualmente quella sera indosserà una camicia rossa, cosa l’ha aiutata a entrare in quel personaggio?
Sulla mise dello spettacolo vorrei avere un po’ di effetto sorpresa (sorride). Se volete davvero vedere se effettivamente avrò la divisa di ordinanza, e se indosserò una delle 150 camicie rosse di Dylan Dog, dovete per forza venire a vedere. Ad aiutarmi nella preparazione è la rilettura, cosa che mi dà grande entusiasmo, dei fumetti più vecchi, quelli a cui sono particolarmente affezionato: “Johnny Freak”, “Il lungo addio”, “I conigli rosa uccidono”. Riprenderli in mano mi fa tornare immediatamente ragazzo, in camera mia, quando li sfogliavo per la prima volta.
… Dylan dog è “investigatore dell’incubo”, che rapporto ha con il mistero?
Credo di avere un rapporto piuttosto prossimo a quello di Dylan. Non è che nessuno mi chiami e mi paghi per fare indagini su fantasmi, mostri o altre creature dell’incubo. Ma Dylan Dog è un iper-razionalista, che ha accettato l’impossibile e che ama immergersi, ma con spirito analitico, dentro l’impossibile. Utilizza gli strumenti della logica e della ragione per costruire un filo leggibile dentro la nebbia del mistero. Sono un iper-logico che accetta il fatto che ci sia tanto mondo anche al di là della nostra comprensione. Il suo approccio oggettivo lo rende fortissimo.
Al “Prix Italia” si festeggeranno i 100 anni della radio, che rapporto ha con questo medium?
Sono un grandissimo fruitore, la ascolto moltissimo e mi piace farla. Faccio tante letture per “Ad alta voce”, storico programma di Radio 3, e ancor più vorrei farne. Mettersi davanti a un microfono e costruire con la voce una relazione con qualcuno che non può vederti, dà uno spazio e una forza potenziale enorme al lavoro degli attori e delle attrici. Questo progetto di podcast live sa tanto di teatro e tantissimo di codice radiofonico, scricchiolii che diventano espressivi.
Dylan come inviterebbe il pubblico ad assistere al podcast?
Cosa state a fare a casa il 30 settembre! Giuda Ballerino, venite a vederci!