Valentina Romani
L’arte? Mi folgora e mi avvolge
È la zingara Naditza in “Mare fuori”, il mercoledì in prima serata su Rai2, e sarà presto la ballerina Anita, compagna di corso di Carla Fracci, nel film Tv “Carla” trasmesso il 5 dicembre su Rai1. Il RadiocorriereTv ha incontrato l’attrice romana, tra i volti emergenti più apprezzati delle serialità made in Italy
Come è stato ritrovate Naditza in questa seconda stagione di Mare Fuori?
È un personaggio a cui sono legatissima. Non è solo una ragazza che cerca di responsabilizzarsi, di migliorarsi, ma è una giovane in piena crisi adolescenziale. Sin dalla prima lettura del copione feci il tifo per lei, per i suoi sogni. Nella prima serie abbiamo conosciuto il suo carattere fumantino, abbiamo visto una ragazza che ha la necessità di dare da mangiare alle sue volontà. Naditza è affamata di vita, di sentimenti, di legami. Questo ha insegnato molto anche a me, Valentina, come persona.
Abbiamo conosciuto una giovane che preferiva stare in carcere piuttosto che in una famiglia dove le veniva imposto un modello che lei non approvava. Ora Naditza è messa alla prova dall’amore…
L’adolescenza è una fase delicata e intensa della vita nella quale la ricerca dell’amore va spesso di pari passo con la ricerca di sé. Naditza crede profondamente nel potere dei legami, per questo si affida, si fa guidare da un sentimento travolgente come l’amore, con tutte le difficoltà che questo comporta.
Seppur da attrice, ha provato cosa significhi guardare il mondo da dietro le sbarre: cosa le ha lasciato questa esperienza?
“Mare fuori” ci insegna che il mare, fuori, c’è, e che abbiamo tutti la possibilità di cambiare, di migliorare, di rimediare agli errori, di riscattarci. Recitare da dietro le sbarre ti dà una sensazione strana, sei in un quadro animato dentro a una cornice nella quale ti puoi muovere, ma dalla quale non puoi uscire. Da un punto di vista artistico è una bella sfida. Devi conoscere il tuo spazio, imparare a viverlo, farlo tuo. Emozionalmente, con le dovute proporzioni, la cosa mi riporta ai giorni del lockdown, quando chiusi dentro casa avevamo la necessità di vivere le nostre emozioni in un contesto ristretto.
Prospettiva ancora diversa se dietro le sbarre c’è un giovane che deve scontare una pena…
Obiettivo prioritario deve essere la rieducazione. Non ci si deve fermare a punire un errore, chi ha sbagliato deve capire, deve essere responsabilizzato. Gli istituti di pena devono essere luoghi dai quali uscire migliori.