L’amore, il motore di tutto

Nella serie l’attore ha vestito i panni di Gildo Claps: «Era la prima volta che raccontavo una storia realmente accaduta. Ho temuto che, nonostante lo sforzo, il progetto non riuscisse a rappresentare in toto trent’anni di sofferenza e di dolore»

Qual è stata la sua preoccupazione nell’avvicinarsi a questa storia?

Quella di non fare abbastanza. Era la prima volta che raccontavo una storia realmente accaduta. Ho temuto che, nonostante lo sforzo, il progetto non riuscisse a rappresentare in toto trent’anni di sofferenza e di dolore.

Nei lunghi mesi di preparazione, di lavorazione, lei e Gildo Claps siete diventati amici. C’è qualcosa che nonostante un rapporto di fiducia che si è instaurato non è riuscito a chiedergli?

Devo confessare che io e Gildo abbiamo raramente parlato del caso, nonostante il tanto tempo trascorso insieme. Non mi sono mai permesso di chiedergli di eventi e situazioni specifici, proprio perché non ho mai voluto che lui pensasse che lo stessi studiando, che da lui potessi rubare delle cose. Nel non chiedergli niente, prima di iniziare le riprese, gli ho domandato solo se ci fosse qualcosa di cui si pentisse, qualcosa che avrebbe potuto fare diversamente, o meglio. Lui mi parlò della giornata al mare a Montegiordano in cui incontrarono Danilo Restivo. Gildo mi disse che se avesse intuito qualcosa, se fosse stato brusco nei suoi confronti, Restivo forse non si sarebbe più avvicinato a Elisa.

Quanto amore ha incontrato in questa storia?

Infinito, infinito. Per la storia, per la famiglia Claps, per i miei colleghi di scena. L’amore ha mille facce diverse, ma è sempre il motore di tutto. È un racconto d’amore gigantesco nei confronti di una sorella, di tutta una famiglia, di una comunità. Amore puro che ha spinto tutti noi a metterci anche qualcosa in più.

Qual è il valore della memoria?

Ha senso fare una serie del genere per la memoria, nel nome di Elisa. Mamma Filomena dice che della figlia non si parla mai abbastanza, la sua è la storia di una ragazzina di quindici anni piena di sogni, di speranze, di vita, che a un certo punto viene interrotta. Ma lo è anche per ricordare tutto ciò che di terribile circonda questa vicenda della quale abbiamo a fuoco un personaggio che rappresenta il male, il maligno per eccellenza. Dietro c’è invece una serie di personaggi sfocati, nascosti, di cui si vedono solo dei tratti. Sono i personaggi che vanno ricordati ancora di più perché non pagheranno mai fino in fondo.

Nel suo percorso artistico “Per Elisa” e altri recenti lavori ci parlano di un attore che si mette in discussione, che non teme il cambiamento… cosa la muove?

La voglia di provare un rischio, che mi permetta di essere più vivo, vitale. A un certo punto avevo bisogno di alzare l’asticella, per dimostrare a me stesso e a chi guarda che potevo fare meglio e di più. C’è una continua voglia di crescere, che mi fa scorrere il sangue più veloce, che non mi fa stare mai sereno.

Che Gianmarco ha trovato?

In divenire. Ho trovato qualcuno che vuole assumersi le proprie responsabilità fino in fondo, nei progetti, nei gruppi di lavoro.

Cosa ha provato nel rivedere la serie sullo schermo?

Ho rivisto le prime due puntate insieme al cast, ho provato un’emozione forte e grande commozione. Non solo perché la serie è il risultato di una fatica gigantesca, anche per le scene potentissime che abbiamo girato, ma per le reazioni della troupe, che mi hanno restituito il senso che il lavoro fosse valido. Sono speranzoso che la serie possa andare molto bene e, al tempo stesso, che con la sua uscita si continui a parlare di questa storia e che tutto questo possa portare anche a nuove rivelazioni. Perché mollare?

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