La scoperta di sé
ALICE ARCURI
«Mi sono sentita molto a mio agio in questo ruolo, spesso in televisione mi vengono proposti ruoli diversi… se non sorrido sembro già cattiva, antipatica. Questa volta, invece, ho potuto tirare fuori le parti più autentiche di me» racconta l’attrice genovese protagonista con Edoardo Leo de “Il Clandestino”, il lunedì in prima serata su Rai 1
Un noir che ha immediatamente conquistato il pubblico…
La serie si presenta con un mix accattivante di tanti generi, drama, commedia, trama detective che non dimentica il romanticismo, in più è ambientata in una sorta di open world che colpisce. Abbiamo girato a Milano, una location poco conosciuta dalla televisione italiana ma che, in questo racconto, svela degli scorci e sfumature cromatiche davvero molto interessanti. È un ambiente apparentemente respingente, molto malinconico, le scene passano dalla Milano glamour della high society, alla sua parte più periferica, colorata. A dare ancora più valore al tutto, è la perfetta scrittura dei personaggi, ciascuno dei quali presenta linee narrative molto dense.
Quale ruolo interpreta nella serie?
Carolina Vernoni incarna la classica sciura milanese super “infighettata”, sempre occupata in attività frenetiche, vive con una figlia in una casa eccezionale, da rimanere a bocca aperta. Ma cosa nasconde tutto questo rumore, cosa c’è dietro la sua frenesia? Di puntata in puntata trapelano, infatti, le sue insicurezze, quelle che appartengono a tutte le donne, ma che stonano in una persona così piena di vita.
Quale relazione si stabilisce con il protagonista?
Luca (Travaglia, personaggio interpretato da Edoardo Leo) e Carolina sono in apparenza due personaggi diametralmente opposti, emerge fin da subito il loro essere rotti. Sono, infatti, due esseri umani che portano addosso l’odore dello stesso bosco condividono le medesime fratture interne e, per questo, si riconoscono. Un incontro che all’inizio stride ma che, inevitabilmente, riuscirà a toccare in loro nuove corde, costringendoli a fare i conti con se stessi. La serie riesce a mettere in luce la difficoltà molto umana di accettare che tutti, prima o poi, siamo spinti a giudicare l’altro solo dalle apparenze, ma ci costringe a riflettere sul fatto che la vera forza è accettare le nostre fragilità, trasformarle in un vantaggio.
In che cosa il suo personaggio si sente un “clandestino”?
Carolina ha un passato oscuro, la verità verrà svelata solo alla fine, è una clandestina nel mondo in cui si muove, non si sente completa, ma l’incontro con un essere umano così diverso da lei, le darà uno stimolo per riprendere a vivere. Se vivessimo in un mondo di persone molto simili a noi non saremmo nemmeno in grado di riconoscerci, perché è solo nella diversità che possiamo renderci conto di quanto siamo autentici, di quello che siamo, è nel diverso che ci riscopriamo. Succede anche a Carolina che inizia un percorso di trasformazione quando comprende, finalmente, di non aver bisogno di un più uno, di non dover avere accanto a sé un uomo per esistere. Questo suo bisogno di libertà sarà la sua salvezza. È la famosa e difficile ricerca dell’es, della parte più profonda della nostra essenza, un cammino molto più complesso se sei una donna perché troppo spesso ci si sente incastrate in ruoli prestabiliti, di mogli, di madri, di immagini prestabilite da cui è difficile emanciparsi. Ecco perché la serie, per me, è un inno alla libertà e alla scoperta di sé.
Nessuno può salvarsi da solo…
… lo sanno bene Carolina e Travaglia che, incontrandosi in momenti molto difficili delle loro esistenze, riescono a stabile un legame profondo destinato a modificare per sempre la loro vita. Di fronte alla morte e ai crepacci nei quali spesso cadiamo, l’uomo deve fare il possibile per non mollare perché, nonostante tutto, la vita è più forte di ogni cosa. Ciascuno di noi ha delle fratture, ma queste rappresentano la bellezza dell’essere umano, ci rendono quello che siamo. La serie parla di piccoli dolori, di crimini, di persone che sono sempre alla ricerca di qualcosa, di un bisogno di aiuto, e riesce ad affrontare con grande delicatezza tematiche profonde, senza rinunciare, però, alla componente di comedy. Travaglia, nel suo viaggio di espiazione, diventa a sua volta il punto di riferimento di persone ai margini, di chi si stente fuori luogo come lui.
C’è qualcosa del suo personaggio nella quale si riconosce?
Di Carolina ritrovo in me moltissimo, sono una persona molto solare, piuttosto espansiva, piena di vitalità che, arrivata ormai a quaranta anni di età, comincia a fare i conti con se stessa per comprendere bene quale sia la propria missione, al di là di essere madre e moglie. Mi sono sentita molto a mio agio in questo ruolo, spesso in televisione mi vengono proposti ruoli diversi, per un tipo di conformazione scheletrica del volto mi viene più facile interpretare la dura, se non sorrido sembro già cattiva, antipatica (ride). Questa volta, invece, ho potuto mostrare le parti più autentiche della mia personalità, quella delicatezza, quella morbidezza che, in qualche modo, mi accomuna a Carolina. Anche io, come lei, sono una persona alla costante ricerca di luce.