La casa di tutti
«Il programma sarà un luogo di incontro e confronto. Cerchiamo una connessione sana tra la politica e le persone». Parte “Avanti Popolo”, martedì 10 ottobre in prima serata su Rai 3
Per la prima volta alla conduzione di un programma che racconta la politica, la società. Che narrazione sarà?
Sarà un programma di infotainment che racconta la politica, la società, la cronaca. Tutto quello che riguarda il nostro Paese, dove a essere protagonista tornerà a essere il popolo, la gente comune. Un programma di racconto, realistico, pluralistico. “Avanti popolo” sarà la casa di tutti dove non porterò in scena le idee personali legate alle mie esperienze, ma il mio ruolo di conduttrice, che è anche un po’ di arbitro, tra il popolo che ha perso i luoghi del confronto con la politica o i protagonisti della vita pubblica, e quei protagonisti.
Cosa ti ha spinto ad accettare questa sfida?
Un po’ perché sono una folle con elementi di razionalità (sorride). La sfida l’ho accettata perché, nel bene e nel male, fa parte della mia esistenza. Ho vissuto sfidando innanzitutto me stessa, e continuo a farlo buttando il cuore oltre l’ostacolo. In virtù anche della mia precedente esperienza, amo il racconto della vita reale, ascoltare le persone, mi piacerebbe tanto poter condurre delle battaglie che, attraverso il Servizio Pubblico, possano diventare anche delle piccole soluzioni. So che sarà una goccia nell’oceano, ma tutti dovrebbero dare il proprio contributo. Quando mi è stato proposto mi sono tremate le vene, e ancora mi tremano. Entro in punta di piedi cercando di fare una cosa completamente diversa, la mia ansia è anche sinonimo di grande rispetto per il pubblico di Rai 3.
“Avanti popolo” sembra essere anche un’esortazione. Come vedi oggi il rapporto tra i cittadini e la politica?
Come sigla del programma abbiamo scelto “Amen”, la canzone di Francesco Gabbani, il cui testo dice “E allora avanti popolo, che spera in un miracolo”. C’è ancora un popolo che ci crede, che va a votare, che pensa che le cose possano cambiare, che vuole essere protagonista. Questo nasce dal fatto che abbiamo perso i luoghi del confronto, non solo con la politica. Siamo tutti parte dell’evoluzione culturale del Paese, nell’esserne parte siamo tutti complici e protagonisti. Il problema è che mentre prima, anche rispetto alla politica, c’erano le piazze, le sezioni, i circoli, le case del popolo, le segreterie politiche, oggi tutto questo non esiste. Certo, abbiamo la piazza virtuale dei social, ma lì non metti la faccia, non ti incontri con gli occhi, non è carne viva. Tanto è vero che abbiamo il problema che molte persone si nascondono dietro quello schermo, poi quando le incontri, gli rispondi, ci interloquisci, cambiano anche idea perché si sentono considerate. Anche con i social, spesso si esprime, con i cosiddetti haters, un malessere che non trova sfogo in altri luoghi. Questo vorrei portarlo in televisione nel rispetto di tutti, sia della politica sia del popolo, cercando di creare una connessione sana.
Si dice che giovani e politica non siano mai stati così distanti. È davvero così?
Dobbiamo capire che sono cambiati i linguaggi, gli strumenti. I ragazzi si sentono spesso non considerati, talvolta delegittimati. I giovani hanno un linguaggio che devi intercettare, e non parlo solo della politica. C’è un’intera generazione che vorrebbe essere ascoltata e io credo che sia arrivato il momento di farlo. Non abbiamo le soluzioni in tasca per ogni cosa, ma già l’ascolto renderebbe tutto più semplice nel circuito malato che si è generato oggi.
Come spieghi la politica a tua figlia?
Nelle azioni quotidiane. Gea è una bambina molto interessata, ti può parlare di reddito di cittadinanza o di altri problemi, però ha il privilegio di stare in una famiglia in cui la politica è pane quotidiano. Cerco di spiegargliela attraverso i valori. Non è facile, guardiamo il Tg, documentari, e parliamo di ciò che viene raccontato. Con Gea guardiamo “Mare fuori” e attraverso quella serie le racconto dove inizia il male e dove finisce, come ci si riabilita. Cerco di farle capire come la politica sia nella vita di tutti noi, la facciamo in ogni nostra azione. Quando getti una carta o una gomma per strada hai fatto una scelta: non rispettare l’ambiente, la collettività. Stare in società significa seguire le regole, rispettando gli altri.
La politica vista da fuori, la politica vista da dentro. Cosa cambia?
Cambia che sono diventata una conduttrice con un master in politica e questo per certi versi è un vantaggio. Mi porta anche tante polemiche, tanto pregiudizio, ma tra i miei tanti scopi ci sarà quello di dimostrare agli altri che saprò essere equidistante da tutto e saprò usare il vantaggio di avere visto la politica da vicino per farla capire anche agli altri, rispettando le differenze.
Un’intervista impossibile, chi vorresti di fronte a te?
Come politico Obama. Lui è un “yes we can”, è una cultura che cambia, un’America che riprende forma. Al di là delle ideologie, è un po’ una speranza. È un po’ come Giorgia che fa cadere il tetto di cristallo e dimostra che una donna può governare un Paese, come Elly leader delle opposizioni. Noi immaginiamo e desideriamo ciò che vediamo.
La tua carriera televisiva procede a gonfie vele. Te lo aspettavi?
Non me l’aspettavo e speriamo che queste vele non si sgonfino (sorride).
A cosa penserai, martedì sera, un istante prima di andare in onda?
Alle parole di Gea. Quando è iniziata “Estate in diretta” mi ha detto “mamma, quando si accende la telecamera giocatela tutta, non ti hanno scelto per caso”. Questo mi ha fatto calare la tensione. Insieme a Gea penserò alle persone a casa, sono le uniche alle quali vorrò parlare.