Kennedy, fu vera gloria?

Amori e potere di un presidente entrato nel mito. Il volume di Bruno Vespa, edito daRai Libri, è in vendita nelle librerie e negli store digitali

È il 22 novembre del 1963. Tre colpi di fucile sparati dal Deposito di libri scolastici di Dallas sull’auto presidenziale in corteo mettono fine all’esistenza di John Fitzgerald Kennedy. Un assassinio dai risvolti oscuri, una delle pagine più controverse della storia americana del XX secolo, che annovera anche le ipotesi di un coinvolgimento mafioso e di un complotto internazionale. Inchieste giudiziarie e giornalistiche che non hanno comunque impedito al 35° Presidente degli Stati Uniti d’America di entrare nel mito. Con una narrazione critica lucidissima Bruno Vespa ricostruisce le origini familiari e l’ascesa al potere di “Jack”, gli anni di governo dai risultati talvolta deludenti sul fronte interno ed estero, le luci e le ombre di una presidenza che molti storici e giornalisti hanno ritenuto  sopravvalutata. Quindi il racconto di un privato ingombrante: i tanti rapporti extraconiugali, l’amore per Marilyn, la bulimia sessuale, le troppe malattie tenute nascoste. Con la competenza del cronista d’esperienza e nel rispetto della documentazione storica, Vespa racconta Kennedy oltre il mito, mettendo al centro l’uomo, i suoi sogni e le sue fragilità.

LA NUOVA FRONTIERA

All’inizio degli anni Sessanta Kennedy pensava che gli americani dopo il boom economico si fossero seduti, e allora nel discorso decisivo per la sua vittoria della campagna elettorale, li conquistò dicendo “non dovete chiedere voi a me, sarò io a chiedere a voi di camminare insieme per una nuova frontiera, per aprire dei nuovi orizzonti”. E gli americani gli credettero.

A BERLINO

Quando nel pieno della Guerra fredda Kennedy parlò ai berlinesi e disse “io sono un berlinese”, la folla impazzì. Lui rimase così impressionato che affermò: “Mi sono spaventato, se avessi detto a quella gente di andare ad abbattere il Muro di Berlino, loro lo avrebbero fatto. Quando ne avrò bisogno, o quando ne avrà bisogno il mio successore quando ci sarà, in un momento di sconforto, gli dirò: vai in Germania a rincuorarti”.

IN L’ITALIA

Kennedy era favorevole al centrosinistra, al contrario dell’ambasciata americana che aveva sempre remato contro. Quando venne in Italia, a Roma e soprattutto a Napoli, l’entusiasmo fu travolgente, la gente correva da tutti i vicoli verso il corteo presidenziale e lui ne riportò un ricordo incancellabile.

JOHN E JACKIE

Quella di Kennedy sembrava la famiglia ideale, e in quella famiglia ideale credettero gli americani. Ma la realtà era molto diversa. Loro, dopo i primi tempi, non si amavano più: quando doveva rientrare a casa, Jackie avvertiva, per essere sicura di non trovare il marito a letto con un’altra donna.

JOHN e MARILYN

Kennedy ha avuto decine e decine di donne, tutte amate in maniera compulsiva, raramente una relazione lunga. Ma la donna delle donne fu Marilyn Monroe, conquistata una sera a cena e poi amata in maniera clandestina con alcune complicità fino al momento trionfale, al Madison Square Garden, quando Kennedy accettò la nomination per diventare presidente degli Stati Uniti. Fu quella sera che Marilyn intonò per lui il motivo “Happy birthday Mister President”.

DALLAS

Da una finestra del deposito dei libri scolastici del Texas, Lee Oswald con un fucile italiano di precisione sparò il primo colpo e colpì Kennedy al collo. Non era una ferita mortale. Sparò un secondo colpo che non colpì il Presidente. Se Kennedy non avesse avuto il busto ortopedico che ha indossato per tutta la vita si sarebbe spostato in avanti e si sarebbe salvato. Non potette farlo e il terzo colpo gli fracassò il cranio. Jackye raccolse il sangue e quello che restava del cervello.

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