Irriverente come Napoli, pregiata come seta
Fiorenza D’Antonio
«Bianca, come me, è una donna che se ne infischia delle voci che girano su di lei, è concreta, leale, si farebbe in quattro per una persona a lei cara, e soprattutto è capace di mettersi in gioco» racconta l’attrice napoletana a proposito del personaggio che interpreta nella seconda stagione de “Il Commissario Ricciardi”
Nuova stagione per Ricciardi, nuovo ingresso femminile…
Bianca è una donna che ne ha passate tante nella vita, è cresciuta in un ambiente sfarzoso, ha avuto un’educazione rigida nel migliore ambiente di Napoli. È una donna dalle larghe vedute per l’ambiente che ha frequentato. Improvvisamente, dalla ricchezza si è ritrovata a dover contare le monete per prendere un bus. È stata una donna ferita, delusa, l’amore che aveva trovato è appassito, ma non si piange addosso, al contrario cerca in tutti i modi di rialzarsi e vivere per davvero. Resiliente sicuramente, forte, buona, Bianca è sempre mossa da bei sentimenti. Dopo un primo scontro, con Ricciardi si crea una forte intesa…
Come è arrivato a lei questo personaggio?
Sono una lettrice dei romanzi di Maurizio De Giovanni, avevo già Bianca in testa ancor prima del provino, quando poi è arrivato ho detto “oddio è lei” (ride). Sono partita da come la descrivevano gli altri, un cigno, un angelo, una donna anche molto pragmatica, schietta, sincera, un bello spirito. Io ho cercato di avvicinarmi cercando di andare indietro nel tempo anche attraverso l’abbigliamento, le scarpe degli anni ’30 le ho portato per mesi. Tutto questo mi ha permesso di leggere il suo animo, mi sono lasciata ispirare anche da una musica che amo, il valzer numero 2 di Dimitri Shostakovich. Avrei voluto portarlo in scena, ma ci sarebbe stata un’altra, bellissima musica di sottofondo.
Cosa vi accomuna e cosa vi divide?
Come me, è una donna che se ne infischia delle voci che girano su di lei, è concreta, leale, si farebbe in quattro per una persona a lei cara, e soprattutto è capace di mettersi in gioco. Anche se nella serie non viene detto, nei romanzi si spiega che da giovane avrebbe voluto essere un’attrice, questo pensiero me lo sono portato in scena. Ci sono, infatti, delle parti di storia in cui Bianca “recita”, è stato molto divertente.
L’universo femminile di questa storia è rappresentato da Enrica, l’anima affine a Ricciardi, da Livia, la tentazione, l’amore più passionale… come si posiziona Bianca e quale relazione stabilisce con un uomo così silenzioso?
Riesce a leggere l’inquietudine del Commissario e, forse, la spinta vitale che sta attraversando questa donna, potrà aiutare Ricciardi ad avere il coraggio di vivere finalmente la propria vita. Bianca si risveglia in una nuova primavera a trent’anni e sa dargli forza, diventa una sua complice, cammina al suo fianco alla pari. Insieme riusciranno a tornare un po’ bambini.
Tra le figure femminili c’è sicuramente Napoli…
Protagonista indiscussa con la sua eleganza. A livello visivo è tutto stupendo, non abbiamo mai dovuto faticare nel comprendere questa bellezza, perché la si viveva attraverso gli abiti, le macchine, le scenografie, tutto era curato nel minimo dettaglio. C’è un’ombra che cala però su questa città, quasi un urlo soppresso. Napoli è sempre stata una città irriverente, anche nel nostro racconto si sente come venga strozzata dal fascismo, è qualcosa che proprio non può tenere addosso. Sembra una donna malmenata dal marito, una bellissima donna con uno sfregio in faccia.
Cosa rappresenta per lei questa città?
Girare a Napoli è stato ovviamente bellissimo, io sono innamorata della mia città, mi sento proprio fortunata a essere nata e cresciuta lì. Viverla in altri tempi è stato un divertimento e un fascino mai subito così.
Come entra nella sua vita la bellezza?
In molte forme. Per esempio, con la moda, qualcosa che ha sempre fatto parte della mia vita. È la prima cosa che diciamo di noi senza aprire bocca e, come dicono tanti sociologi, è uno strumento che noi utilizziamo per sentirci parte di qualcosa e allo stesso tempo per renderci diversi. Sono laureata in Design di moda, ho speso cinque anni della mia vita tra triennale, master e lavorando in questo settore, ma a un certo punto ho deciso di fare altro. Confesso che non mi piace la moda corrente (ride). Anche nella recitazione sfrutto questa passione, avendo un guardaroba infinito, molto vario e molto vintage, mi sono resa conto che, anche attraverso i provini, potevo vestire qualsiasi personaggio, caratterizzarlo con gli abiti. Mi diverto molto, do spesso una mano agli amici, parto da un’intuizione di colori, di tessuti.
Cosa comunica invece l’outfit di Bianca?
Se Bianca fosse un tessuto sarebbe una seta, leggera ma pregiata, elegante ma pratica, perché è una stoffa che non puzza, raramente si graffia, è un ottimo materiale, molto antico e va trattato con cura.
Cosa l’ha spinta a buttarsi nella grande avventura della recitazione?
In realtà è un pensiero che c’è sempre stato, fin da bambina. A otto anni avevo iniziato a fare qualcosa in qualche serie televisiva, poi mia madre non volle continuare, accompagnarmi ai provini in mezzo a tutte quelle mamme esaurite non le andava proprio (ride). Al liceo ho continuato a coltivare questa passione, poi ho iniziato a cucire e ho seguito il percorso della moda, anche se, a dire la verità, avrei voluto dedicarmi all’arte. Nella mia vita mi dedico a tante cose, disegno, pittura, scrittura, confezionare abiti. Casa mia è ormai un laboratorio, mia madre non ce la fa più (ride). A un certo punto, ho deciso che tutto questo poteva confluire nella recitazione, mi sono trasferita a Roma per lavorare a “Domenica In”, mi sono iscritta a un laboratorio di recitazione e ora, con il Centro Sperimentale, sono ancora più convinta che sia la mia strada. Mi affascina come qualcosa che è nella testa di qualcuno si materializzi, attraverso un abito, un film o un quadro. Il cinema è stupendo perché è un lavoro di gruppo in cui tutti sono fondamentali, alla fine, quello che fa l’uomo da sempre, è tramandare storie. Recitare è sempre stare con l’altro, qualcosa che mi fa sentire viva, è una magia continua.
Quando si entra e si esce da un personaggio a un altro, come si rientra in se stessi? Un personaggio è sempre una nuova avventura, provo a godermelo appieno, lo vivo anche fuori dal set, lo porto in giro, come ho fatto con Bianca quest’estate perché andavo vestita come lei. Mi avvicino al carattere del personaggio e questo fa di noi attori i peggiori compagni del mondo. Ma fare questo mestiere è anche una ricerca, una scoperta di sé, non ho tanto tempo per me, però amo il mio lavoro, mi appassiona questa vita. Adoro cambiare, l’ho sempre fatto, e ogni volta ti scorre dentro un nuovo spirito, un ritmo diverso. Questa vita è fatta per scoprire.