Il paese, una realtà più vicina all’umanità
“Lo Spaesato”, il nuovo show in prima serata su Rai 2 dal 16 settembre, racconta l’Italia attraverso la sua comicità, mosso dal desiderio di riassaporare la vita nei borghi italiani che nascondono genuinità e tradizione
Com’è stato girare nei paesi in piena estate?
E’ stato un po’ faticoso. Ma è stata una fatica bella, perché per me realizzare “Lo Spaesato” non è neanche un lavoro. Certamente abbiamo realizzato tutto quando le temperature superavano i 40° e questo ci ha fatto soffrire un pochino. Sarebbe stato meglio al mare o in barca. Ma in realtà abbiamo girato tantissimo materiale da poter realizzare il doppio delle cinque puntate previste.
Quindi ci sarà un seguito?
Io spero di rifare “Lo Spaesato”, ma non perché devo avere successo per me, perché ormai ho 60 anni e i miei soldi li ho guadagnati. Potevo starmene seduto dov’ero e fare quello famoso che firma autografi. Lo vorrei rifare perché è un programma che piace molto proprio perché è rischioso.
In paese si è più felici?
In città c’è troppo stress. Nei paesi le persone si incontrano nelle case dei vicini, mangiano le cose che hanno fatto loro, chiacchierano, si divertono. In città cosa facciamo di meglio? Facciamo le feste, indossiamo orologi preziosi e poi lo raccontiamo. Noi siamo lo stress, lo smog, le ambulanze e i parcheggi che non ci sono mai.
Però molte persone hanno timore di andare a vivere nei paesi…
Certo, perché pensano che il paese sia noia e che non c’è niente. Invece ho visto che si vive facendo tantissime cose e che le persone sono comiche divertenti, forti e sincere.
Se fosse vissuto in paese sarebbe diverso?
Purtroppo io sono inquinato dalla città e sono spaesato come tutti.
Questa esperienza nei borghi l’ha rigenerata?
Mi sono riavvicinato alle cose che pensavo non ci fossero più. Uno pensa che l’Italia è Roma, Milano, Palermo, Napoli. Non è così. Dovevo andare ad Agropoli e mi chiedevo come fosse. Ho scoperto che è bellissimo viverci. Siamo andati a Sonnino, che sta a un’ora e mezza da Roma ed è un altro mondo, un altro linguaggio, c’è un altro modo di parlare, un dialetto comico. E le persone come si divertono! Sonnino poi è il paese di Altobelli che mi ha raccontato che quando non riusciva a fare gol a Milano, andava sotto un albero del suo paese e si concentrava. Quando tornava segnava. Gli mancava la sua terra. Non è che voglio dire che tutti dobbiamo andare in paese, ma che è una realtà molto più vicina all’umanità.
In alcune registrazioni ha portato anche sua figlia. Come ha vissuto questa esperienza?
Si è stancata pure lei, però si è ammazzata di risate. Poi sono subentrati gli impegni scolastici e non è più venuta. Si è divertita tantissimo vivendo qualcosa che non conosceva. Sembrava una bambolina che guardava un negozio. Questi ragazzi, chi ce li porta in paese? Noi li portiamo spesso nei posti più imbarazzanti, quando invece i paesi sono posti davvero bellissimi.
La gente come l’ha accolta?
Con grande calore. Tanti inviti a cena a casa loro. Che poi li ritrovi in quaranta in una casa, tutti ad aspettarti. Sono stato l’amico di queste persone. Spesso comici veri, tant’è che non ho dovuto recitare un ruolo, non ho avuto bisogno di fare battute. In teatro ho parlato io, in paese loro. A Cerenza mi hanno proclamato cittadino onorario e il sindaco mi ha ringraziato seicentomila volte perché diceva che avevo fatto capire quanto è bello quello che fanno e quello che vivono. Insomma, credo sia stata una esperienza unica per me.
Ha deciso di fare cose nuove, di continuare a sperimentare…
La gente ha bisogno di questo. E io sperimento da sempre. Non c’è nessun déjà vu a guardare questo programma, e questo è quello che mi interessa.
In conclusione, che viaggio è stato?
Lo stesso viaggio che può fare chiunque, basta salire in macchina e andare in paese a vedere la gente normale in un posto dove non c’è stress, dove c’è un’aria diversa, dove ci sono persone trasparenti, dove trovi le persone che ti dicono “sono stato a fare il mio vino, il mio mangiare, mi sono fatto la pasta da solo”. Dove trovi le persone che si accontentano di tanto e di poco, perché quel poco è tanto. Dove trovi le persone che si conoscono, che si amano, che sono unite, che si chiamano per nome. Sono stato in paesi di duemila anime e tutte queste anime, tutte, si conoscevano, erano unite. Dunque il tuo corridoio di casa non finisce alla porta, come succede qui in città, ma continua in tutto il paese. Davvero una scoperta e mi dispiace definirla tale. Dovrebbe essere una realtà conosciuta da tutti, no?