Il mio programma in dieci parole

VALERIO LUNDINI

Tra reale e surreale è arrivato su RaiPlay “Faccende complicate”. «Mi diverte molto l’interazione con la naturalezza delle persone» dice il conduttore-regista, che confida: «La cosa più divertente? Immergersi in contesti di cui si sa poco o nulla»

Partiamo con una prova di sintesi, ci descriverebbe il programma in dieci parole?

Ok. Dieci puntate di 25 minuti dove vado in posti normali.

Complimenti per la precisione…

Aggiungo qualche altra parola che lei potrà abilmente riassumere: reportage su persone, posti, situazioni, o a volte su di me che faccio delle cose. Come accadeva per “Una pezza di Lundini” era difficile spiegare le puntate, perché sono un po’ diverse tra loro. Alcune hanno un taglio più documentaristico, in altre tutto ciò che succede è completamente assurdo.

Con “Faccende complicate” è uscito da uno studio e ha incontrato l’Italia vera, come è andata?

Mi trovo sempre bene a relazionarmi con persone che non siano addetti ai lavori. Mi sento più dalla parte loro. Ho scelto la strada anche per non fare un programma simile a quello di prima, dove usavo lo studio come base poi c’erano follie che cambiavano ogni volta. C’è anche il format estetico che rende diverso il programma. Mi diverte molto l’interazione con la naturalezza delle persone, ho cercato anche di andare in contesti in cui il pubblico non mi riconoscesse.

Per affrontare cose complesse serve metodo, qual è il metodo dell’indagatore Lundini?

Sono andato a vedere contesti di cui sapevo poco, ad esempio ho incontrato gente che da morta si farà ibernare. Sarà forse poco educativo dirlo, ma secondo me meno so di una cosa meglio mi viene parlarne. E se c’è una cosa che mi interessa ma della quale non so niente, mi diverte molto di più. Molte domande, che fanno parte di una sorta di personaggio, sono proprio mie curiosità piuttosto naif (sorride). Immergersi in contesti di cui si sa superficialmente qualcosa è più divertente.

Quando una faccenda complicata si presenta nella sua vita come la affronta?

I gran fastidi mi spaventano meno dei piccoli fastidi. Di fronte ad analisi cliniche che danno risultati spiacevoli sono molto più filosofico, mi dico “vediamo che ho”. Quando la macchina si ferma per strada diventa invece un vero fastidio. Quando scopro che mi hanno annullato un treno o un aereo impazzisco.

“Una pezza di Lundini” le ha dato grande popolarità. È cambiata la sua quotidianità?

Indubbiamente. “Una pezza di Lundini” è coincisa anche con il lockdown e con la mia crescita anagrafica. C’è un prima e un dopo la pezza (sorride). Se un tempo inciampavo per strada ero semplicemente uno che era inciampato. Se accade oggi sono quello della Tv che è cascato per terra, “che stupido”. Ti senti sempre un po’ gli occhi addosso, ma ci si fa l’abitudine.

Cosa la diverte nella vita di tutti i giorni?

Mi divertono tante cose, alcune nate per divertire nei film, nell’arte, a teatro, ma mi diverte soprattutto il cazzeggio puro con gli amici. Quelle cose che mi hanno portato a farne un mestiere. Tra i miei amici di vecchia data anche altri avrebbero potuto fare il mio lavoro, semplicemente ne hanno trovato uno più serio prima. Dalle chiacchiere, anche puerili, nascono idee che mi divertono.

Cosa invece la fa arrabbiare?

Leggere su Internet che ogni cosa, ogni fatto personale di personaggi pubblici, debba diventare un dibattito e motivo di polarizzazione, un tema su cui ognuno possa dire la sua, anche in maniera aggressiva. Anche perché può capitare a tutti, non mi permetto mai di criticare i fatti degli altri.

Lei è anche musicista, a breve ci sarà Sanremo, che rapporto ha con il Festival?

Prima ero spettatore saltuario. Poi, poco prima del covid, partecipai al “Dopofestival” con Nicola Savino e fu molto divertente. Un anno andai con Fulminacci a fare l’ospite sul palco, lo scorso anno ho condotto un programma radiofonico dal glass di fronte all’Ariston. Quest’anno non ci vado, ma so già che nei giorni del Festival dirò che mi sarebbe piaciuto essere lì. Nel bene o nel male, belle o brutte che saranno le canzoni, Sanremo è un momento di grande ritrovo. Quando sono lì mi piacciono ancora di più i brani. Sono contento che ci sia Sanremo.

A proposito di Festival sogniamo in grande, preferirebbe essere in gara o presentare sul palco?

Assolutamente il presentatore. In gara non sarei in grado di colpire in quattro minuti, il tempo di una canzone, io sono per i tempi dilazionati. Sarebbe divertente, ma immagino ci sia una grande dose di stress. Mi chiedo sempre come fanno i grandi della Tv, Amadeus. Io a volte non ho tempo di scrivere, di finire di fare una cosa, e c’è sempre Amadeus. Come fa lui se il vicino di casa ha un’infiltrazione e gli dice di dover fare dei lavori alla doccia e che deve scendere per vedere il soffitto crepato. Quando ha tempo Amadeus? Questa è la domanda che gli farò.

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