Il mio cuore tra Web e Tv

DOMENICO RESTUCCIA

Dai reel alle challenge, dalle storie a un utilizzo consapevole della Rete. Il RadiocorriereTv intervista il dottor Web, lo specialista di Internet in “BellaMa’”, il programma di Pierluigi Diaco in onda nel pomeriggio di Rai 2: «Sono mondi che talvolta spaventano le persone con qualche anno in più, perché spesso visti in modo negativo»

Una sfida importante, quella di “BellaMa’”, conquistata giorno dopo giorno…

Il programma è una bellissima famiglia. Siamo tantissimi, c’è un bel capitale umano. Ci sono le storie, i racconti che ci hanno consentito di conoscerci puntata dopo puntata. E poi c’è il direttore d’orchestra, Pierluigi Diaco, che è, gli rubo l’espressione, un vero e proprio amplificatore di talenti. Nel momento in cui percepisce una scintilla, un input, da parte di ognuno di noi, è pronto ad amplificarlo, creando i momenti più forti del programma.

Nel corso dei mesi abbiamo visto il programma cambiare pelle…

Tutti i nuovi programmi aggiustano il tiro confrontandosi giorno dopo giorno con la realtà. È stato così anche per “BellaMa’”, per il suo cast. Nel corso delle settimane Diaco ha affinato il racconto, anche grazie alle indicazioni ricevute dal pubblico. Evviva il cambiamento.

Quanto riesce a essere franco e costruttivo il confronto tra generazioni?

È la prima volta che mi capita di assistere, in un programma, a una mancanza di brief iniziale, proprio perché Pierluigi cerca la spontaneità reale di quello che succede. Certo, ognuno di noi sa chi saranno gli ospiti, conosce gli argomenti, ma

tutto ciò che avviene in diretta deve essere vero. È certamente anche un rischio, ma la bellezza di essere sorpresi da quello che si dice vince su tutto. La meraviglia è veramente tale, così come la risata.

Come nasce il dottor Web?

Il dottor Web è entrato in scena quando “BellaMa’” era già pronto per andare in onda. Ero stato chiamato dalla struttura Digital della Rai per creare il piano di comunicazione social, non conoscevo gli autori, il gruppo di lavoro. Quando spiegai alla redazione come avrei voluto raccontare il programma attraverso i social network, Pierluigi mi chiese se volessi farlo direttamente, confrontandomi con il pubblico televisivo. Mi sono bastati due secondi e ho accettato (sorride) e così è nato il mio ruolo davanti alle telecamere. Sto cercando di umanizzare la Rete e i social, mondi che talvolta spaventano le persone con qualche anno in più, perché spesso visti in modo negativo. Il mio ruolo è anche quello di far capire che il Web può semplificare la nostra vita, può rappresentare un valore aggiunto.

C’è una caratteristica che accomuna i boomer?

La grande curiosità, alla fine di ogni puntata capita che mi chiedano consigli, una mano per superare qualche dubbio sull’uso degli smartphone. A darmi grande soddisfazione è poi vederli impegnati nel realizzare i reel in trasmissione, nel postare i loro contenuti. A volte si ispirano ai giovani, ed è interessante vedere la contaminazione. Li aiuto proprio come faccio con i miei genitori (sorride).

L’equazione giovane = alfabetizzazione informatica è sempre vera?

Per una questione anagrafica i giovani sono delle spugne, capaci di intercettare le tendenze, e in più hanno facilità nell’utilizzo della tecnologia. I boomer, d’altro canto, hanno alle loro spalle l’esperienza. Saranno tecnicamente meno perfetti, ma in quello che fanno esprimono forti emozioni. Il ponte meraviglioso tra il nonno e lo smartphone è comunque il nipote: crea condivisione, l’unione di due linguaggi, un valore assoluto. 

Ha un consiglio da dare ai nonni che temono di relazionarsi con il Web?

Sui social, e più banalmente sulle chat di messaggistica, che sono più a portata di mano, arrivano messaggi di ogni tipo, con link che rimandano a cose che possono essere anche molto pericolose. Quando non si hanno gli strumenti per capire, il rischio c’è. Certo, parlando di Web in televisione si fa già una sorta di prevenzione, di alfabetizzazione. All’atto pratico è però importante affidarsi solo alle fonti autorevoli, come ad esempio i grandi giornali, e usare la massima cautela con tutto il resto. Buona regola per tutti è quella di condividere solo cose che sappiamo essere reali, certificate. Anche i giovani non devono farsi portatori di cose sbagliate.

La sua carriera in televisione nasce qualche anno fa con “Tv Talk”, poi proseguita con programmi come “Elisir”, “Estate in diretta”, come è cambiato, nel tempo, il suo rapporto con il piccolo schermo?

Quando varco i cancelli della Rai lo stupore e la meraviglia sono sempre gli stessi, la felicità è sempre tanta. A essere cambiata è invece l’esperienza, nella fattispecie sto vivendo l’evoluzione dei linguaggi televisivo e social, che col tempo si stanno avvicinando. Certamente la Tv può contare su una fidelizzazione che il Web fa ancora fatica ad avere. Un milione di follower sui social si trasforma raramente in un milione di telespettatori. La Tv deve strizzare l’occhio al mondo dei social solo quando questi rappresentino un valore.

A proposito di televisione, ci indica tre momenti da salvare della Tv degli ultimi 20 anni?

Sull’approfondimento direi i programmi di Piero e Alberto Angela, capaci di rendere pop la narrazione di contenuti importanti. Come intrattenimento è invece interessante osservare l’evoluzione che Sanremo ha avuto negli ultimi tempi. Il Festival ci rappresenta molto bene, è sufficiente vedere come i 28 cantanti in gara quest’anno abbiano risposto ai gusti musicali di diverse generazioni. Un solo programma è riuscito a parlare a tutta la famiglia. Per chiudere dico “Una pezza di Lundini”, programma surreale che ha saputo attrarre anche un pubblico molto giovane. Penso alle clip di Valerio, ai tormentoni della Fanelli, diventati cult anche tra chi la Tv la guarda raramente.

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