Il fuoco dell’atleta
Da Jesi al tetto del mondo, una leggenda dello sport italiano. A pochi giorni dalle Olimpiadi di Parigi, il RadiocorriereTv incontra la schermitrice italiana più vincente: «La scherma mi ha regalato emozioni forti, che mi hanno permesso di diventare la donna che sono oggi»
Ha danzato a lungo con il suo fioretto, portando la scherma italiana a livelli molto alti. Cosa prova quando ripensa a tutto questo?
Ogni volta che penso al fioretto emerge una parte fondamentale della mia vita che mi ha permesso di realizzare cose incredibili, a dimostrazione del fatto che niente è impossibile perché, mettendo a frutto il talento, con tanta dedizione e con tanto allenamento, si possono raggiungere traguardi importanti. È possibile danzare in pedana e sentir venir fuori tutto quello si ha dentro. Una sensazione bellissima.
Che cosa le manca oggi della competizione?
Nella vita a ogni inizio c’è sempre una fine, e per ogni fine c’è sempre un nuovo inizio. È stato così anche per la scherma, che per ben 36 anni ho praticato ad alto livello, dal primo all’ultimo giorno, uno sport a cui ho dato tutto, continuando a stare in pedana come atleta fino a quando quel fuoco ardeva. Poi è arrivato il momento di appendere il fioretto al chiodo e dedicarmi a qualcosa che oggi mi dà la stessa passione, lavorare affinché il mondo dello sport possa radicarsi sempre di più nel nostro Paese, coinvolgendo quante più persone possibili.
Lei ha dato tutto alla scherma, cosa ha dato a lei la scherma?
Mi ha regalato emozioni forti, che mi hanno permesso di diventare la donna che sono oggi. Mi ritengo una persona fortunata, sono nata nel posto giusto, nel momento giusto. Avevo un talento per la scherma che è stato coltivato dal fondatore del Club Scherma Jesi (Enzo Triccoli), una città di soli 40.000 abitanti che ha “creato” ben quattro campioni olimpici.
La scherma italiana ai vertici in tutte le specialità… sarà protagonista anche a Parigi?
Assolutamente sì! È una disciplina che nelle occasioni importanti non tradisce mai. Il lavoro fatto fino a oggi sta dando i suoi frutti, per questo mi piace sempre ricordare il detto coniato nel Club Scherma Jesi, ma che si può estendere anche alla Federazione: “La scuola fa scuola, i campioni fanno i campioni.”
Come la vede questa Italia dello sport?
Finalmente tanti atleti italiani! In questa Olimpiade abbiamo raggiunto anche la parità di genere, un traguardo davvero molto importante: 10.500 atleti, 5250 donne e 5250 uomini. E l’Italia avrà un ruolo da protagonista, non solo nella scherma, dove, fra l’altro, ci sarà Arianna Errigo come portabandiera. Sono davvero molto felice per lei, insieme abbiamo vinto l’oro a Londra e ora mi auguro che possa centrare il traguardo che manca nel suo palmares. È un’atleta di altissimo spessore, come le sue compagne di squadra che ho conosciuto e con le quali mi sono confrontata a fine carriera. Penso ad Alice Volpe e a Martina Favaretto che potranno dire la loro sia nell’individuale, sia nella gara a squadre.
Che cosa significa per un atleta arrivare alle Olimpiadi?
L’Olimpiade è il massimo traguardo, il sogno di ogni bambino che inizia a praticare sport. Raggiungere questo obiettivo è incredibile, rimarrà nella tua vita per sempre. Io ricordo ancora la mia prima Olimpiade nel 1996, avevo solo 22 anni ed era meraviglioso. Sono emozioni che non si possono descrivere.
Cosa vuol dire dedicare la propria vita allo sport?
… crescere in un mondo dove fin da piccolo si insegna la cultura del rispetto delle regole e dell’avversario, dove si apprendono i valori della condivisione e della integrazione, fondamentale per la crescita di ognuno di noi. Oltre alla scuola, sono fortemente convinta che tutti dovrebbero praticare sport, qualunque esso sia.
Ha ricoperto anche un ruolo istituzionale, qual è l’interesse delle istituzioni nei confronti delle politiche dello sport?
C’è un’attenzione sempre più crescente verso la pratica sportiva, un gioco con regole che aiutino i cittadini a diventare adulti consapevoli, persone capaci a rispettare il prossimo. Cresce, inoltre, l’interesse verso lo sport femminile e si lavora di più affinché le donne abbiano accesso a ruoli apicali. Particolare attenzione anche sull’impiantistica sportiva, anche perché nel 2026 l’Italia ospiterà le Olimpiadi invernali, un momento importante per il nostro Paese che si troverà al centro del mondo, una possibilità in più per dimostrare di cosa siamo capaci noi italiani quando organizziamo un grande evento.
Il calcio è lo sport più “discusso”, per quale ragione, ancora oggi, non siamo riusciti a scalfire questa egemonia?
È lo sport nazionale ed è giusto che abbia un’attenzione importante. Quello che si deve fare è appassionare sempre di più il pubblico alle altre discipline, “sfruttare” i grandi atleti che, entrando nel cuore della gente, contribuiscono a far conoscere gli altri sport, attirando anche l’attenzione dei media. Penso a Sinner con il tennis, ma anche a Tamberi, a Jacobs e ad altri che negli ultimi Campionati europei disputati a Roma hanno illuminato l’atletica, o alla scherma con i suoi campioni che continuano a vincere…
Qual è l’augurio che sente di fare ai nostri atleti in partenza per le Olimpiadi di Parigi?
Auguro loro di farsi guidare dal fuoco che arde dentro ciascun atleta, che li spinge a sopportare la fatica, i tanti sacrifici, per coronare il proprio sogno. Ed è proprio questo fuoco che, nei momenti critici – perché ogni competizione li ha – sarà un alleato del talento, una guida per raggiungere livelli alti nelle loro performance.