Il cacciatore di sogni
STEFANO BUTTAFUOCO
La disabilità raccontata capovolgendo gli stereotipi legati all’handicap attraverso le storie di personaggi che hanno trasformato i loro punti deboli in punti di forza. «Credo che le loro esperienze e la loro determinazione possano dare a tutti quanti un valore di positività» afferma il conduttore e ideatore del programma. Quattro nuove puntate in onda da venerdì 13 gennaio in seconda serata su Rai 3
Perché “Il cacciatore di sogni”?
Nella vita di tutti noi il sogno è una componente essenziale. È importante per porsi degli obiettivi, per avere un motivo per cui svegliarsi alla mattina e cercare la felicità. Il raggiungimento di un sogno è sempre qualcosa di gratificante. Pensiamo quanto possa esserlo per una persona che parte da una situazione di disabilità, di difficoltà. È il motivo per cui vogliamo raccontare queste storie di persone che conducono una vita sognata, in cui sono state capaci di raggiungere i loro obiettivi a dispetto della loro situazione.
Quali sono le novità di questa seconda stagione?
Andiamo in onda su Rai 3 il venerdì in seconda serata e raddoppia la durata, che passa a 45 minuti. Sull’onda dei buoni risultati dei numeri zero dello scorso anno abbiamo potuto contare su una struttura di produzione più importante. Ringrazio la Rai per avere creduto nel progetto, il direttore dell’Approfondimento Antonio Di Bella, la capostruttura Ilaria Capitani, così come la squadra, tutta interna Rai.
Cosa significa raccontare la disabilità?
È un tema così delicato che richiede la massima attenzione ai dettagli. Spesso c’è il rischio di cadere nel pietismo o in una rappresentazione troppo positiva, quella del supereroe. Con “Il cacciatore di sogni” abbiamo cercato di fare un racconto autentico, vogliamo emozionare: è un programma in cui si ride, si piange, si riflette, ci sono momenti di leggerezza. Chi vive il mondo della disabilità ne conosce benissimo le difficoltà, le salite, ma è anche un mondo in cui si può gioire delle piccole cose. La disabilità può essere vista come una leva per condurre una vita piena, per emozionarsi delle piccole conquiste della vita quotidiana.
Come si combattono gli stereotipi che spesso accompagnano la narrazione della disabilità?
Nel programma raccontiamo la leva di riscatto del protagonista della storia, che nel nostro caso è sempre stata lo sport. Il format prevede che nella parte finale di ogni puntata ci sia un ribaltamento dei ruoli. Sono io a mettermi in discussione cimentandomi nell’attività sportiva del protagonista e, spesso, sono proprio io ad avere difficoltà, paura. In una sorta di ribaltamento di ruoli e anche di cambiamento delle situazioni. È la persona diversamente abile a trovare le parole di conforto, a darmi forza. La vera inclusione è quando i due mondi vanno di pari passo.
Chi conosceremo nella prima puntata?
Arianna Sacripante, nuotatrice artistica con sindrome di Down che agli Europei si è esibita insieme al campione mondiale Giorgio Minisini. Il messaggio di quell’esibizione ha emozionato il mondo: due atleti, uno normodotato e uno diversamente abile che si cimentano nella stessa competizione.
Quattro puntate, quattro storie…
Abbiamo scelto storie di persone che in modi differenti possano colpire l’attenzione di spettatori che non hanno a che fare con questo mondo. Vogliamo mostrare il quotidiano dei nostri protagonisti, non solo la difficoltà iniziale dalla quale tutto è partito, non solo l’obiettivo raggiunto.
Un viaggio nella quotidianità dei vostri protagonisti…
Abbiamo cercato di stare con loro e con tutte le persone che li circondano, coloro che noi definiamo il “coro”. Ci siamo resi conto di come un fattore fondamentale sia l’ambiente familiare. Quando non c’è va ricercato nel tessuto associativo. Dove non possono arrivare la famiglia o l’aiuto statale ci sono tante associazioni, vicine in maniera gratuita.
Qual è il sogno più ricorrente tra queste persone?
L’autonomia, sentirsi integrati nella società. Detestano il pietismo, preferiscono un sano cinismo a un bieco paternalismo. Sono persone che hanno un grande orgoglio, vivono più intensamente il presente e godono della quotidianità, gioendo anche per piccole conquiste. Credo che le loro storie possano dare a tutti quanti un valore di positività.
Qual è il tuo sogno di giornalista, narratore di questo mondo?
Credo che raccontare queste storie rientri nella natura del Servizio Pubblico, penso che sia un nostro dovere. Svegliandomi la mattina per andare a registrare le puntate sapevo che mi sarei arricchito, ma alla fine della giornata di lavoro mi rendevo conto di essermi arricchito ancora di più di quanto non avessi pensato. Sogno che la televisione possa dare sempre più spazio a queste storie. Credo che queste persone meritino visibilità e che possono essere un esempio fondamentale per chi deve trovare la forza per reagire.