I casi di Teresa Battaglia

FIORI SOPRA L’INFERNO

La profiler della polizia, già amata protagonista del romanzo omonimo di Ilaria Tuti, sta per incontrare il pubblico di Rai 1 e di RaiPlay nella serie in partenza il 13 febbraio. Il RadiocorriereTv ha incontrato la scrittrice, l’interprete principale, Elena Sofia Ricci, e il regista Carlo Carlei

Ilaria Tuti

Dal romanzo alla serie Tv, che viaggio è stato?

Un viaggio fantastico e molto fortunato, che mi ha cambiato la vita portando cose meravigliose. Il libro è nato da un personaggio, quello di Teresa Battaglia. Da lettrice sentivo il bisogno di raccontare una donna un po’ diversa da quelle che solitamente si trovano nei romanzi di genere. Ero abituata a leggere di donne giovani, molto belle e attraenti, che giocavano su questo potere di attrazione, e volevo proporne una diversa. Così è nata Teresa, commissaria di polizia quasi sessantenne, malata di diabete, fuori forma, per nulla attraente e che non fa nulla per esserlo, una donna che ha tanto da dire, come le donne mature che ho incontrato nella mia vita che hanno avuto tanto da dire e tanto da dare perché forti di un’esperienza eccezionale.

Teresa Battaglia porta con sé un grande segreto…

Nasconde un passato di dolore. Il thriller è un plot che ho usato per parlare di tante cose diverse, tra cui la violenza di genere, quella che si consuma dentro le case, nelle famiglie. Teresa è una donna che ha sofferto, che è stata abusata dal marito, che ha pagato un prezzo altissimo per essere libera e che si porta queste ferite dentro. Per raccontarle amo citare Alda Merini: queste ferite sono diventate un fuoco di dolore che in qualche modo le ha rese incandescenti e trasformate in amore per gli altri. Teresa usa la compassione per capire le vittime e per capire anche i carnefici.    

I telespettatori ritroveranno la stessa Teresa narrata dal romanzo?

Nel personaggio televisivo c’è tutta Teresa. Ci sono la sofferenza, la grandissima empatia, sono state rispettate e portate con grande bravura da Elena Sofia Ricci, che ha amato e capito il personaggio da subito, con grande intelligenza e sensibilità. Accettare di portare la compassione nella propria vita significa accettare anche di soffrire, perché compassione vuol dire sentire il dolore degli altri e farlo proprio. Ecco perché si chiama “Fiori sopra l’inferno”, da una citazione di Kobayashi Issa, importantissimo poeta giapponese del passato. Noi abbiamo dei filtri mentali che ci permettono, nella vita, di accantonare il dolore, le paure e andare oltre. Non vediamo l’inferno su cui tutti, chi più chi meno, stiamo camminando, ma vediamo i fiori sul terreno. Teresa va oltre, accetta di far cadere questi filtri per capire gli altri e vede l’inferno che c’è sotto. Si fa carico del dolore degli altri per aiutarli e per andare avanti.

Carlo Carlei

Com’è avvenuto il suo incontro con questa storia?

Per me è stata una storia d’amore che non si è realizzata immediatamente. Avevo letto il romanzo quando era uscito, mi era piaciuto tantissimo, volevo prendere i diritti ma erano già stati presi. Dopo tre anni, il progetto era di nuovo libero e quando l’ho saputo mi ci sono buttato sopra. È stato un incontro magico, sapevo già come adattarlo. Ho sempre pensato che potesse diventare una serie di grande successo, ci ho trovato tutti gli elementi necessari: un bel personaggio protagonista, due co-protagonisti tra loro agli antipodi ma che si integravano perfettamente, e quattro bambini di undici anni, elemento fondamentale per fare avvicinare la protagonista alla verità.

Chi è Teresa Battaglia?

Teresa, arrivata alle soglie dei sessant’anni, come tutti noi si porta dentro delle ferite che sono più o meno laceranti. La sua professione è fatta soprattutto di intuito, di perseveranza, di un’intelligenza sopraffina, che purtroppo vengono messi in pericolo da un’incipienza di Alzheimer, ancora agli inizi, ma che Teresa comincia a sentire proprio nel momento in cui sta affrontando il caso più spinoso della sua carriera. È fondamentale il timing di questo racconto: vediamo Teresa in difficoltà, fa affidamento a tutte le sue qualità per venire a capo di un caso terribile, quello di un serial killer che si aggira per le montagne e punisce adulti che in un certo senso si sono macchiati di un peccato capitale, che è quello di abusare l’infanzia.

Da regista cosa ha chiesto a Elena Sofia Ricci?

Più che chiederglielo io, la volontà, in questo momento della sua carriera, era quella di resettarsi, di fare tabula rasa di tutte le piccole sicurezze che a poco a poco si affastellano nel momento in cui fai un personaggio per tanti anni. La volontà di Elena Sofia era di calarsi nei panni di un personaggio che a poco a poco risente di uno sfasamento con la realtà. Lei è stata eccezionale, l’equivalente di un attore americano che usa il metodo Stanislavskij. Ha sorpreso tutti, non perché non conoscessimo il suo talento. Elena è un’attrice che ha vinto dei David di Donatello ed è una professionista esemplare.

Elena Sofia Ricci

Che tipo di rapporto ha avuto con il romanzo?

Quando inizialmente mi chiamarono per questo progetto confesso che non avevo letto i romanzi, ma me ne avevano parlato tante amiche. Mi sono sentita subito ignorantissima e mi sono precipitata, e mi sono innamorata come tutti di Teresa Battaglia. Ho capito perché Ilaria Tuti abbia avuto così tanto successo, in Italia e all’estero. Il personaggio è entusiasmante perché è diverso, controverso, ruvido, a tratti antipatico, virile, tranne con i bambini e con il killer. Esprime la sua parte più femminile quando ha a che fare con i bambini e con quell’omicida che deve essere stato un bambino ferito, con delle forti fragilità. Usa la sua mente, il suo cuore, per cercare di capire chi possa essere e trovarlo. L’altro tratto è l’altro mostro con il quale si trova a dover combattere, che non è più quello fuori di sé, ma la malattia della quale comincia a soffrire. Per una donna che ha scelto una solitudine quasi forzata, l’Alzheimer diventa un mostro difficile da combattere.

Nel nostro vivere scegliamo spesso di vedere i fiori e non l’inferno, come cammina Teresa?

Si cammina sull’inferno. A volte si decide di andarci dentro e di scoprirlo, altre, su questi ghiacci, si vede solo il riflesso del cielo o di un fiore senza andare in fondo. Teresa va in fondo, dopo avere conosciuto il suo di inferno. Sa bene di cosa parla, per questo è così capace di vedere e comprendere l’inferno altrui, di averne quasi cura. Chiaramente dovrà prendere il killer, dovrà capire che cosa è successo, ma lei va dentro.

La storia giusta al momento giusto?

Queste storie sono sempre giuste. Perché chi di noi non ha un inferno dentro di sé, chi non ha attraversato momenti bui, difficili? Il personaggio di Teresa è estremo, veramente spigoloso, duro. Si nasce soffrendo, si cresce soffrendo, è anche attraverso il dolore che si evolve nella vita.

La profiler della polizia, già amata protagonista del romanzo omonimo di Ilaria Tuti, sta per incontrare il pubblico di Rai 1 e di RaiPlay nella serie in partenza il 13 febbraio. Il RadiocorriereTv ha incontrato la scrittrice, l’interprete principale, Elena Sofia Ricci, e il regista Carlo Carlei

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