GIOVANNA BOTTERI

Dopo l’emergenza saremo forse migliori

Il RadiocorriereTv intervista Giovanna Botteri, corrispondente Rai da Pechino nei difficili giorni del Coronavirus: “in questi momenti recuperi il senso di quello che fai, di lavorare per un’azienda pubblica, del tuo dovere morale di raccontare, di cercare di spiegare il più possibile”

La stessa epidemia, due mondi distanti, la Cina e l’Europa. Come vedi, da Pechino, l’emergenza Coronavirus in Italia?

Speriamo di uscirne fuori tutti, perché o ne usciamo fuori tutti o non ne esce nessuno. La verità è che fino a quando continua a circolare il Coronavirus nel mondo, nessuno, da nessuna parte del Pianeta, potrà riprendere la sua vita normale. Adesso in Cina non ci sono più contagi, ma ci sono i contagi che avvengono fuori dalla Cina, è una battaglia da fare tutti assieme, cosa che Pechino e l’Italia hanno capito per primi. I Paesi che hanno pensato che non sarebbe capitato a loro, che sarebbero stati risparmiati da questa terribile sofferenza, come dice l’Oms, hanno fatto un peccato mortale, bruciando  tempo prezioso.

Quando hai avuto la percezione della gravità dell’emergenza?

Quando tutto è scoppiato, quando a noi che eravamo in Cina il presidente Xi Jinping ha detto che il Paese era in guerra, per cui improvvisamente le città si sono svuotate, tutto è stato chiuso e la gente si è barricata in casa C’è stata grande paura per un nemico che tu sapevi essere terribile, ma non sapevi da dove potesse venire, dove potesse nascondersi. In quel momento c’era la sensazione che stesse arrivando qualcosa di drammatico, mentre in Europa c’è stata una lunga fase in cui molti hanno pensato che l’emergenza non sarebbe mai arrivata tanto lontano, che era qualcosa che colpiva solo la Cina. È stato difficile avvertire che il pericolo stava montando e sentire dall’altra parte quasi una sottovalutazione.

Ogni giorno racconti la Cina (e tutta l’Asia) agli italiani, una grande responsabilità. Più stanca o più fiera del tuo ruolo?

C’è forte pressione, ci sono stanchezza e paura di ammalarsi, di restare infettati. Credo comunque che in questi momenti recuperi il senso di quello che fai, di lavorare per un’azienda pubblica, del tuo dovere morale di raccontare, di cercare di spiegare il più possibile.

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