Gioco di ruoli in Famiglia

Un’occasione per comprendersi, un esperimento sociale tra divertimento e commozione. “Quando è nato il mio primo figlio, mi sono ritrovata improvvisamente ad analizzare dinamiche familiari all’interno del mio nucleo con un interesse che non ho mai avuto prima”: la giornalista, che diventerà presto mamma per la seconda volta, conduce “Nei tuoi panni”, dal lunedì al venerdì alle 17.00 su Rai 2

Mia Ceran fotografata negli studi Rai di corso Sempione, Milano 4 Ottobre 2020. ANSA/MATTEO CORNER

Come nasce l’idea di questo programma?

Il giorno in cui la Rai mi ha chiesto di immaginare un nuovo programma per la fascia oraria tra le 17 e le 18 su Rai 2, la prima cosa che mi è venuta in mente da professionista, da conduttrice, da spettatrice e da madre, e che mancava, è stato un format in cui si riflettesse sulla famiglia, sui rapporti che nascono dentro alle famiglie, soprattutto su quelle incomprensioni, quei giudizi dati in maniera troppo frettolosa. E poi ha contato anche l’aspetto personale.

In che senso?

Nell’ultimo anno, quando è nato il mio primo figlio, mi sono ritrovata improvvisamente ad analizzare dinamiche familiari all’interno del mio nucleo con un interesse che non ho mai avuto prima. Ho capito che questo argomento poteva essere un collante che apre un dialogo immediato tra persone anche di latitudini diverse, di ceto sociale diverso. E’ qualcosa che ci coinvolge tutti, perché tutti abbiamo una famiglia, dei rapporti a cui teniamo, che custodiamo e sui quali lavoriamo. Da questa idea, insieme a Roberta Briguglia con la quale ho sviluppato questo nuovo format, abbiamo ipotizzato di chiedere a dei nuclei familiari di provare a scambiarsi i ruoli, di passare una giornata nei panni di qualcun altro che per qualche ragione non ha la nostra comprensione e vedere l’effetto che fa. Quindi un marito al posto della moglie, ma anche una suocera al posto della nuora, figli adolescenti al posto dei genitori, cercando di fare l’esercizio più banale, ma anche il più difficile.

Com’è strutturato il programma?

Una parte di questo format è reality di fatto, andiamo nelle case delle persone e osserviamo come funzionano messe in ruoli invertiti. Un’altra parte invece è in studio, dove queste persone vengono e si rivedono per la prima volta, avendo modo di osservare, insieme a tutti noi e a degli esperti, come si sono comportate nei panni dell’altra persona. Cercheremo di avere sempre alcuni ospiti “titolati”, che ci possano illuminare e guidare: uno psicoterapeuta, un pedagogo, insomma qualcuno che abbia gli strumenti per cercare di leggere i nostri comportamenti, dove sbagliamo, che cosa abbiamo fatto in maniera errata per generare una determinata reazione, quali sono gli atteggiamenti che possono essere corretti.

Gli esperti saranno gli unici ospiti?

No, ci sarà anche una compagnia di giro che cercheremo di costruire nel tempo, di amici del programma che saranno con noi. Comunque, tutti gli ospiti, noti e meno noti, verranno in qualità di componenti di un loro nucleo familiare. L’idea è: non vieni per parlare di temi generali, ma per raccontarci come sei dentro la tua famiglia. La stessa cosa varrà anche per me, cioè io mi siedo in questo studio, che abbiamo costruito sul modello di una casa accogliente, e sarò prima di tutto “Mia”, madre, compagna, figlia. Tutti questi ruoli si siedono con me.

Con che criteri avete selezionato le famiglie?

Sulla base di chi effettivamente aveva bisogno di ascolto, bisogno di questo scambio. Non abbiamo un criterio ideologico, per noi famiglia è chi famiglia si sente. Non abbiamo neanche un criterio anagrafico perché ci sono famiglie nelle quali giocano dei ruoli fondamentali persone che anagraficamente non sono legate. Ci sono famiglie monogenitoriali nelle quali degli amici diventano praticamente parenti delle persone di casa. Senza nessuna preclusione, insomma, sulla tipologia di famiglia. Quello che ci interessava era raccontare delle storie universali, nelle quali le persone possano riconoscersi. E la verità è che se anche la composizione delle famiglie è diversa, ci somigliamo tutti molto più di quanto non crediamo.

Cosa ti aspetti da questa nuova avventura?

La mia speranza è che questo tipo di prodotto faccia passare il messaggio che questo esercizio, questo lavoro di provare a mettersi nei panni degli altri, lo si possa fare ovviamente anche senza la televisione. Invitiamo le persone a fare un esercizio di empatia ed è per questo che abbiamo anche degli esperti che cercano di dare gli strumenti, perché siamo consapevoli del fatto che non tutti abbiano voglia o modo di farlo dietro a una telecamera. Anch’io nel mio piccolo cercherò di farlo a casa mia.

Ti mancheranno l’ironia e la satira che hanno caratterizzato le ultime tue esperienze televisive?

La satira probabilmente non ci sarà, però l’ironia la considero un bagaglio, arricchito tra l’altro in anni di esperienza con tutti i comici e gli artisti con cui ho lavorato, che mi porterò dietro sempre, qualsiasi casa scelga di abitare. Dentro al nostro salotto ci sarà anche l’ironia, non mancheranno le battute, il gioco perché è vero che trattiamo temi seri, però è vero anche che si può ridere di tutto. Questa è una grande lezione che ho imparato negli anni.

Ma tu ti sei messa qualche volta nei panni di qualcun altro?

E’ un po’ l’esercizio che ho cercato di fare da quando è nato mio figlio per tentare di capire le dinamiche che accadevano dentro alla mia famiglia. Ho provato a mettermi nei panni di mia mamma da quando sono diventata madre, ho provato a mettermi in quelli di mia suocera, in quelli di tutte le persone che ogni giorno ruotano intorno a questo nucleo e che tra l’altro determineranno probabilmente anche la personalità e il futuro di mio figlio. E’ un esercizio che cerco di fare, ma penso che sia uno di quegli esercizi che è come la palestra, va fatto con una certa costanza, non lo si può fare un giorno solo e quindi provo a farlo tutti i giorni.

Quanto è difficile invece conciliare il tuo lavoro con la tua famiglia, che tra l’altro sta per crescere?

Quanto sarà difficile con due figli non lo so (ride). Mi dicono che comunque uno più uno non fa due, ma fa tipo undici… Mi sento molto fortunata, ho un nucleo familiare allargato, principalmente i nonni, super attivi, giovani, che ci hanno permesso anche di allargare la famiglia. Questo lo devo riconoscere perché lavorare a un quotidiano, lavorare così tanto, è una cosa che ti puoi permettere soltanto se sei sicuro che i tuoi figli siano protetti in qualche modo. Resta difficile, comunque, fare delle giornate molto lunghe, come spesso accade, soprattutto quando parte un progetto, che è un po’, ovviamente con un sapore totalmente diverso, una gestazione. E’ la prima volta che mi viene data l’occasione di avere carta bianca, di poter disegnare il mio progetto come voglio. La trovo una grande responsabilità, soprattutto verso il pubblico e verso l’azienda che me lo ha concesso e che ringrazio, insieme alla direttrice Simona Sala, per come hanno accolto la notizia della mia gravidanza.

Per chiudere, nei panni di chi non vorresti metterti mai nella tua vita?

E’ difficile, perché in fondo sono curiosa… Diciamo che non vorrei essere nei panni di quei vertici europei che devono in questo momento negoziare per trovare una soluzione alla crisi energetica.

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