GIACOMO GIORGIO
Coerenza (e sfide) d’attore
Dal suo debutto nei panni di Ciro in “Mare fuori” sono trascorsi meno di cinque anni e oggi l’interprete napoletano è uno dei più amati della nostra serialità. Dopo il teen drama, è stato protagonista in numerose serie di successo, da “Sopravvissuti”, a “Per Elisa – Il caso Claps”, da “Doc – Nelle tue mani” a “Belcanto”, in onda il lunedì in prima serata su Rai 1. Tra pubblico e privato si racconta al RadiocorriereTv
“Belcanto” sta appassionando il pubblico di Rai 1 e di RaiPlay, come è stato il suo incontro con questo progetto?
Ho amato “Belcanto” sin dalla prima lettura della sceneggiatura. Me la mandò il regista Carmine Elia mentre stavo girando “Doc”, la lessi tutta d’un fiato in piena notte e verso le 4 del mattino lo chiamai dicendogli che l’avrei fatta. Me ne sono innamorato subito, ne ho visto le potenzialità.
A partire dalla forza dei temi trattati…
In “Belcanto” succedono davvero tante cose, ma i temi dominanti sono l’emancipazione femminile e la scena politica di metà Ottocento. È il 1848, i milanesi vogliono cacciare gli austro-ungarici e anche tra i giovanissimi è forte il desiderio di cambiamento. Sono molti gli spunti di riflessione e di contatto con i nostri giorni. Sul fronte della parità tra uomo e donna c’è purtroppo ancora molto da fare, penso ad esempio al mondo del cinema in cui sono maggiori le occasioni e i compensi per gli uomini. Su quello politico, contrariamente a quanto accadeva quasi duecento anni fa, e senza volere generalizzare, tra i giovani d’oggi avverto una sonnolenza generale e un’attenzione all’individualismo.
Chi è il suo Enrico De Marchi?
Un giovane letterato, un idealista e un sognatore. Vive nel mondo della poesia e pensa che la rivoluzione si debba fare attraverso le parole. Non vuole la guerra e la violenza, si esprime scrivendo articoli per i giornali, facendo il librettista d’opera. Enrico crede nell’amore e nei sentimenti. Da attore mi ha affascinato il suo incontro con Carolina, vedere crescere il loro amore. Lui che scrive poesie, lei così istintiva e selvaggia. Due mondi lontani che si fondono.
Che cosa le ha lasciato questo tuffo nella storia?
Recitare in costume è sempre molto divertente. Nella finzione puoi essere amico di Giuseppe Verdi, sparare con il fucile, indossare costumi di epoche lontane. “Belcanto” mi ha portato a conoscere più da vicino l’Ottocento così come il mondo della lirica, che avevo già avuto modo di avvicinare grazie ai miei nonni. Girare la serie, scoprire quel momento storico, mi ha fatto anche riflettere sul senso del collettivo, su quanto le rivoluzioni si facciano insieme, sulla forza della parola e come l’odio non porti altro che odio.
C’è un gesto “rivoluzionario” che ha compiuto nella sua vita?
Seppur piccoli mi capita spesso di farne (sorride), penso ad esempio al rifiuto di prendere parte a progetti in cui non credo. Non ho mai ceduto alla paura di non lavorare, al fatto che un no pregiudicasse opportunità future. Ho sempre cercato di essere coerente con il mio percorso, con i miei ideali. Faccio parte di un’associazione che combatte la violenza sulle donne, perché penso che anche piccoli gesti, come il non temere di esprimere la propria opinione, possano portare al cambiamento. Il silenzio non porta mai a qualcosa di buono.
In “Belcanto” alcune delle arie musicali più popolari di sempre sono il filo della narrazione. Con questa esperienza la lirica è entrata anche nella sua playlist?
Ho una playlist dedicata a questa serie, così come a ognuno dei progetti a cui ho preso parte. In quella di “Belcanto” ci sono “Una furtiva lagrima” di Gaetano Donizetti, l’“Intermezzo” della “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni, “Casta Diva” dalla “Norma” di Vincenzo Bellini e soprattutto il “Va, pensiero” del “Nabucco” di Giuseppe Verdi, che amo profondamente…
… suoni che le parlano di famiglia, di casa…
Il “Va, pensiero” era il brano corale più amato dai nonni Carlo e Melina. Lo ascoltavamo insieme. Nonno mi fece promettere che glielo avrei fatto ascoltare poco prima che giungesse la sua fine. Lo promisi e lo feci. Quando seppi che stava per lasciarci corsi a Napoli e riuscii ad arrivare agli sgoccioli della sua vita. Nella serie c’è anche un piccolo omaggio a lui. Nella scena in cui Enrico accompagna Carolina per la prima volta a teatro a vedere l’opera lirica, ringrazio l’amico dal quale ho ricevuto i posti con un estemporaneo “grazie Carlo”. Una battuta di pochissimi istanti, non prevista dal copione, uscita di getto. “Belcanto” è per me la chiusura di un cerchio importante.
Come è cambiato il suo vivere il mestiere dell’attore da Ciro a oggi?
Lo vivo con la stessa umiltà, consapevole del fatto che ogni nuovo personaggio, ogni nuovo progetto, hanno in sé una ripartenza, una sfida. Come ho interpretato Ciro ho interpretato Enrico, e così sarà con i personaggi che incontrerò. Sono convinto che sia il giusto modo anche per rimanere con i piedi per terra.
Guardando al futuro, c’è un ruolo che vorrebbe esplorare?
Il ruolo della mia vita credo debba ancora arrivare (sorride), sono in ascolto. Mi piacerebbe interpretare un personaggio storico realmente esistito, o personaggi già portati sullo schermo da grandi attori del passato, ma anche un cantautore…
… ha già un’idea?
Penso a Luigi Tenco, mi piacerebbe moltissimo.
Le chiedo di guardarsi allo specchio, che cosa dice a Giacomo?
Continua così (sorride), rimani sempre te stesso.