Gabriele Salvatores
Siamo tutti “Comedians”
“La comicità è una cosa seria” ricorda il regista Premio Oscar, nelle sale con il suo ultimo film tratto dall’opera del drammaturgo britannico Trevor Griffith, che oltre trent’anni fa lo aveva già ispirato a teatro: «Rileggendo oggi questo testo ne ho scoperto il suo dark side malinconico e riflessivo. La profonda riflessione sulla comicità, la sua attualità, che prima erano sfuggite, ci riguardano oggi molto da vicino»
Dopo trentasei anni, il teatro lascia il posto al cinema, e ritrova “Comedians” di Trevor Griffiths. Perché ha scelto di portare sul grande schermo questo soggetto?
Quei trentasei anni fanno paura (ride), effettivamente è passato tanto tempo. Nel 1985 (la pièce fu rappresentata al Teatro dell’Elfo di Milano con attori allora quasi esordienti come Paolo Rossi, Silvio Orlando e Claudio Bisio), eravamo sicuramente diversi, e di conseguenza anche la lettura di questa opera era differente. Altri tempi e altra età. Analizzando dopo tanti anni la scrittura di Griffith ne ho scoperto il suo dark side malinconico e riflessivo, la riflessione profonda sulla comicità, la sua attualità, cose che prima erano sfuggite e che ci riguardano molto da vicino.
Un film girato in piena pandemia…
E in sole quattro settimane, mettendo in scena il testo come a teatro, decidendo le posizioni degli attori e della macchina da presa, i movimenti e le luci… Tutto è stato quindi concentrato in un unico luogo, un’aula scolastica, molto più controllabile dal punto di vista sanitario. Quello a teatro era il mio “Comedians” a trentacinque anni. Questo è il mio “Comedians” a settanta. E, come dice Griffiths: «L’uomo è l’unico animale che ride”. A volte solo per allontanare la paura.
Rispetto al 1985, come si può rispondere oggi alla domanda «Si può, e come, raccontare il mondo attraverso il comico e analizzare la realtà con uno sguardo ironico?»
Tutte le volte che c’è una mediazione di sguardo sulla realtà, che sia comico, horror, noir o fantascienza, quando, quindi, si abbandona il naturalismo del racconto della realtà, scatta sempre qualcosa in più, un’altra visione, un altro punto di vista. La comicità, quando è bella, importante e intelligente, è sempre “rivoluzionaria”, tende a cambiare il punto di vista delle persone. La vera comicità riesce a far intravedere altro rispetto a quello che hai di fronte. Da Aristofane in avanti, l’uomo ha avuto sempre bisogno di avere il racconto della realtà non solo attraverso cose serie, ma anche attraverso delle cose comiche e ironiche, anzi queste seconde probabilmente sono più importanti e più ficcanti.