Gabriele Ciampi

Opera: dal passato per costruire il futuro

Il quarto album di Gabriele Ciampi, musicista, compositore e direttore d’orchestra, eccellenza italiana in America, è composto da sonorità contemporanee e classiche. “Unisco due mondi antitetici – racconta – Questo album non è una transizione, ma un nuovo inizio”.

Il suo nuovo album è composto da sonorità contemporanee, elettroniche e vintage. Ce lo descrive?

Il concetto dell’album è quello di unire due mondi sostanzialmente antitetici: la rigidità, a volte eccessiva ma necessaria, della struttura classica e la libertà del suono moderno, elettronico. Quindi la ricerca sonora che mi ha permesso di portare queste sonorità molto libere all’interno di un tessuto rigido, è stata poi la base per sviluppare il progetto di “Opera”.

Questa sorta di sperimentazione, dove la conduce?

Questo è il mio quarto album, da un punto di vista compositivo raggiungo quella maturità giunta dopo anni di studio e di ricerca. Non è una transizione, ma un nuovo inizio e penso che anche il futuro sarà quello di contaminare il più possibile, pur rispettando delle regole classiche molto severe. Questo è un nuovo inizio, un nuovo modo di concepire la musica, un  nuovo modo di scrivere musica polifonica. In questo album gli strumenti elettronici entrano a far parte dell’orchestra sinfonica tradizionale. Si apre un po’ un mondo dal punto di vista della scrittura.

“Opera” è un album scritto e composto a distanza. Come è stato possibile?

E’ stata un po’ l’esigenza della vita. Quando succede qualcosa di brutto, bisogna sempre trovare le opportunità, così come faccio nel mio lavoro di analista finanziario con il  trading e quindi la ricerca delle opportunità. E questo nella musica è bello, cioè trovare modo di cambiare. Ero abituato a lavorare in studio con una orchestra di quarantacinque elementi. Una produzione a distanza cambia tutto. Un lavoro difficile come produttore che però mi ha permesso di crescere, perché alla fine è come aver intrapreso un’altra strada dalla quale non torni più indietro. Il futuro della musica rimane un po’ questo, cioè lavorare con musicisti di tutto il mondo.

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