Francesca Fialdini

Il desiderio di essere amati

La popolare giornalista indaga il disturbo del comportamento alimentare, uno dei disagi giovanili più diffusi e meno raccontati, spesso dai risvolti drammatici: “Questi ragazzini usano il loro corpo per dire: non ho fame di cibo, ma d’amore. Non vedete che sto soffrendo? Che cosa aspettate a darmi una mano?”. L’appuntamento con “Fame d’amore” è il lunedì in seconda serata su Rai3

Come ti sei avvicinata a questo progetto?

È un tema che non può essere affrontato con un racconto superficiale fatto alla maniera di un daily, dove dai una notizia ma non hai molto tempo per svilupparla. Bisogna entrare nelle storie e nelle vite di chi patisce il problema per toccare il dolore che c’è dietro, per non rischiare di avere una reazione un po’ stereotipata, del tipo “questi sono ragazzini che giocano con il loro corpo, che vogliono fare i modelli e le modelle e non sanno che sofferenza provocano nelle loro famiglie”. Altrimenti rischiamo di non capire cosa c’è sotto, per paura, per indifferenza, perché la società dell’immagine ci impone dei modelli e non guardiamo oltre. Vedendo che quella dei disturbi alimentari è una fenomenologia ad ampio spettro, sempre più complicata e più diffusa, e che ha a che fare con la società dell’immagine, ma non necessariamente nasce da lì, ho pensato che fosse necessario affrontarla. Ho trovato questo percorso stimolante, urgente, importante, è un tema di servizio pubblico.

Anoressia e bulimia sono termini che sembrano fare paura, talvolta c’è quasi vergogna di parlarne. Cosa hai scoperto di queste malattie che prima non sapevi?

Le parole vergogna e paura vanno a braccetto. La vergogna di chi ha un caso in famiglia e non ha gli strumenti per affrontarlo, la vergogna dei ragazzi che ne soffrono. E non necessariamente perché arrivi a pesare 20 chili, ma perché forse arrivi a pesarne 120 e non sai più come nasconderli, la vergogna è anche nelle motivazioni che possono avere portato questi ragazzi ad ammalarsi. Quando scavi dentro queste ferite ti rendi conto che alla base ci sono le relazioni più importanti per noi, quelle che hanno a che fare con i genitori, con gli insegnanti, con la figura di riferimento emotiva del ragazzo. È sempre un tema delicato e scottante da affrontare. In questo programma non puntiamo il dito su una sola causa, perché abbiamo scoperto che le cause possono essere le più diverse. Ci siamo resi conto che il primo muro da abbattere è proprio quello della vergogna e della paura di ammettere che il problema esiste. La scala di diffusione è tale che oggi i posti nelle comunità sono talmente pochi che i genitori non sanno come aiutare i propri ragazzi.

Un problema che va oltre il rapporto genitori-figli, quale ruolo ha la società?

Ci sono casi in cui il problema nasce in famiglia perché alle volte, come nel caso di Beatrice, una delle ragazze che conosceremo, l’investimento dei genitori non è adeguato. Loro vogliono che diventi un magistrato, lei non ne vuole sapere e continua a guardarsi allo specchio con occhi che non sono i suoi. Non vede se stessa, ma quello che il padre vuole da lei. Questo può accadere anche nella vita di Alberto al quale viene chiesto di diventare un medico di successo, proprio come era il nonno. Altre volte il vizio non è in famiglia, ma nel rifiuto di una ragazzina o un ragazzino di cui ti sei innamorato o innamorata, o anche nel rifiuto del gruppo dei pari al quale vorresti tanto partecipare, ma che non ti riconosce come membro. Altre volte ancora è una serie di concause. Evidentemente nella società di oggi, dove è così importante essere bello, pieno di filtri che ti coprono anche i nei, diventi la maschera che vuoi mostrare agli altri. Non è importante ciò che fai, ciò che pensi e come ami, ma come ti mostri, e questo messaggio è dirompente tra i ragazzini.

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