Federico Moccia

Con “Semplicemente amami” il romanziere romano riporta in scena la vicenda di Tancredi e Sofia, già protagonisti de “L’uomo che non voleva amare”. A intervistarlo il direttore del RadiocorriereTv, Fabrizio Casinelli

Foto Antonello Nusca

Stiamo pian piano lasciando un periodo complesso, come sta vivendo queste settimane post quarantena?
Sicuramente è una nuova libertà. Io sono stato ligio, ho cercato di osservare tutte le indicazioni, non ho festeggiato, non ho preso parte a quegli appuntamenti che venivano dati la sera in cui ci si affacciava, si cantava, perché sentivo e vedevo il dolore della gente implicata in quel momento così difficile e non riuscivo a partecipare in quel modo. Sono stato vicino agli infermieri, a tutta la sanità, sono stati bravissimi. Ora, finalmente, si può tornare a quella libertà che quando ci siamo accorti che ci mancava abbiamo cominciato ad apprezzare, anche per le cose più semplici, almeno così è stato per me.
La scrittura e la lettura le hanno tenuto compagnia?
È stato un periodo particolare, non mi era mai capitato di stare così fermo e proprio a casa. Per fortuna ho un giardino e ho potuto concedermi una passeggiata, prendere una boccata d’aria, e questo sicuramente mi ha aiutato. Più che scrivere, perché era un momento delicato e sentivo il peso di tutto ciò che era successo, ho fatto qualche intervista sui social e ho letto l’ultimo libro di Jeffery Deaver, scrittore di thriller che amo moltissimo e che mi appassiona sempre.

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