Enzo Avitabile

Il ritmo è vita

Tradizione e contaminazione. Nella sua musica Napoli incontra il mondo e i suoi suoni, alla ricerca di radici comuni. Il compositore e sassofonista partenopeo, uscito da pochi giorni con il singolo “Simm’ tutt’uno”, interpretato con Jovannotti, è ospite di “Made in Sud” su Rai2

Come sta vivendo, da musicista, questa ripartenza?

Una ripartenza particolare, che segue un momento inconsueto. La musica ha avuto una battuta d’arresto molto evidente, dobbiamo però pensare alla tragedia, alle vittime, al pericolo che ancora incombe. Ci avviciniamo progressivamente a una ricostruzione, a una formula di vita nuova.

Che ruolo ha avuto la musica nei mesi del suo lockdown?

È stata un veicolo straordinario, si è ritornati all’essenza del messaggio. Ho fatto dei videoclip amatoriali con due telefonini, ci siamo resi conto che c’era voglia di comunicare e di farlo con ciò che in quel momento si aveva a disposizione. La musica è importante, riesce a riposizionarci rispetto a temi che potrebbero essere retorici e che in realtà sono temi conduttori: salvare il mondo, il rispetto della vita e degli altri. Tutto questo attraverso la parola e il suono, legati cuore a cuore. La musica ci fa mettere ordine attraverso un’emozione forte, sincronizzando mente e cuore.

Un musicista molto amato ospite di un programma cult. Come nasce l’incontro con “Made in Sud”?

“Made in Sud” è per me una famiglia. Nando Mormone e Mario Esposito hanno voluto fare un omaggio alla mia vita in musica, così abbiamo deciso di realizzare una serie di incontri chiamandoli “Baby Groove”, un groove che non invecchia ma che è consapevole del suo passato, una sorta di passato con gli occhi del futuro. Incontro Clementino, Speranza, Jovine, Rocco Hunt. Un’esperienza importante, che coincide con l’uscita del singolo realizzato con Lorenzo Jovanotti, che nasce da una jam session con Manu Dibango, i Bottari di Portico e Ackeejuice, andata in scena al Jova Party di Castelvolturno. Il brano “Simm’ tutt’uno” è un inno alla vita, vita che nasce comunque e ovunque, come direbbe il poeta curdo Rafiq Sabir.

Quanto l’incontro con culture e suoni lontani ha influito sul suo fare musica?

Sono fortemente napoletano, molto legato alla mia identità culturale, quando la perdo sono determinato a ritrovarla, però amo perdermi nel suono, nelle parole e nelle conoscenze dei popoli del mondo. Credo molto nella world-culture, dove ognuno conserva la sua identità, ma in realtà porta a casa ciò che impara in giro e porta nel mondo ciò che impara a casa sua. Sembrerebbe un gioco di parole, ma alla fine non lo è. Mi piace questo suono che trascende se stesso. Ogni uomo, ogni musicista è un microcosmo, la contaminazione è un valore.

Jovanotti la definisce un viaggatore della musica, un grande cerimoniere del battito universale. Quando lo sente questo battito?

Quando canto, quando suono, quando sto sul palco, quando c’è un mare di gente e quando ci sono solo due persone, è una cosa che sento fortemente. Lorenzo è uno dei grandi sciamani della musica, mi ha sempre accolto. È un musicista alla ricerca, lontano dagli stereotipi, non puoi ingabbiarlo. È un’anima che vola, che esprime, un altro grande cittadino del mondo.

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