Elena Radonicich

L’incontro con l’altro

«Sappiamo bene che il pregiudizio si ciba dell’ignoranza, con questa serie cerchiamo di accendere un lumino, smontando cliché che hanno radici profonde e sono duri a morire» racconta l’attrice che in “Brennero” veste i panni della Pm Eva Kofler, il lunedì in prima serata su Rai 1

 

Esplorate luoghi affascinanti, cosa raccontano dal punto di vista umano?

L’ambientazione, il luogo in cui tutto accade è fondamentale, rappresenta un altro personaggio con cui abbiamo a che fare. Abbiamo girato a Bolzano e, come sappiamo, nell’Alto Adige esistono due culture differenti che convivono, con alle spalle una storia importante. Faccio riferimento all’annessione dell’Alto Adige all’Italia che ha influenzato, in maniera determinante, quella zona, causando in passato diversi episodi di violenza. Tutto questo ha creato un ottimo humus per il racconto di “Brennero” che, sfruttando il giallo, mette in scena una storia di pregiudizi – e del loro continuo ribaltamento -, di connessione e di lotta fra due mondi. Solo attraverso la conoscenza possiamo smontare un pregiudizio, e noi cerchiamo di muoverci su questo terreno.

Dall’incontro – scontro con Paolo Costa, cosa scaturisce?

Eva è un sostituto procuratore di lingua tedesca, ha alle spalle una famiglia benestante, degli studi solidi, in qualche modo è instradata in un percorso lineare, per certi versi anche rassicurante. Ha quella che si potrebbe definire una vita “semplice”, apparentemente ordinata e impeccabile. Il suo contraltare, nella personalità, nel modo di agire e di lavorare è Paolo, il personaggio interpretato da Matteo Martari, un ispettore in congedo per questioni personali molto dolorose, che si innestano con la nostra storia. Eva e Paolo rappresentano i poli del nostro racconto, mettono in luce i luoghi comuni delle due culture, ma sono spinti da un impulso, quello della conoscenza dell’altro, un istinto che li porterà a collaborare nella caccia al Mostro di Bolzano, una questione personale per entrambi molto forte, pur avendo radici diverse. Per Eva questo sarà l’inizio di un importante percorso di autodeterminazione.

A un certo punto nel racconto si brinda alle ossessioni…

Per il mio personaggio l’ossessione è una corda che la costringe a uscire dal proprio guscio, il luogo nel quale finalmente il suo istinto prende forma e si libera da tutta una serie di sovrastrutture, di zavorre che aveva addosso. Nel caso di Eva assume un valore positivo perché, come spesso accade quando qualcosa prende piede in maniera determinante nella tua mente, sprona una persona ad andare al di là delle nostre stesse aspettative, ci spinge un po’ più lontano da noi stessi. Io, per esempio, sono un’ossessiva e difendo chi lo è (ride). Naturalmente, come tutto nella vita, esiste un confine che, se superato, potrebbe rivelarsi pericoloso, però è sempre un limite che conviene esplorare, soprattutto nel lavoro, nelle ossessioni “intellettuali”. Sono sfide che potrebbero rivelare nuove opportunità, ed Eva, per esempio, ne ha veramente bisogno.

Qual è stata la sua sfida personale e professionale?

Tutto potenzialmente può essere vissuto come una sfida, nella vita come nel lavoro. Ho accettato di prendermi carico di questo personaggio, di portarlo lungo tutto questo percorso con grande “responsabilità”, un ruolo arrivato in un momento in cui forse non mi aspettavo che arrivasse più. Mi sono sentita immediatamente pronta. Ho vissuto questa esperienza come un privilegio, una sfida personale nella quale era necessario capire come gestire tutte le energie. Si va fuori casa per tanti mesi e devi essere in grado di far fronte a situazioni che si inanellano con il nostro privato, e da questo punto di vista, fortunatamente, posso dire che è una sfida vinta. Sul piano professionale ho cercato di mantenere, durante tutto questo lungo periodo di set, una concentrazione salda, di costruire un personaggio fedele a se stesso, coerente, ma aperto al cambiamento.

La serie, per lei, avrà successo se…

Io spero che “Brennero” riesca ad accendere un faro su una realtà ancora troppo poco conosciuta, io stessa, che non vengo da quelle parti, avevo una conoscenza molto limitata, eppure l’Altro Adige è una parte del nostro Paese, oggi fortunatamente meno in tensione, che ha conosciuto un processo di integrazione molto travagliato, che ha richiesto molti sacrifici, anche in termini di vite. Ancora oggi la convivenza tra le due diverse culture funziona solo se tutte le parti sono disposte a compiere un “sacrificio”, a conoscersi nel profondo. Sappiamo bene che il pregiudizio si ciba dell’ignoranza, con questa serie cerchiamo di accendere un lumino, smontando cliché che hanno radici profonde e sono duri a morire. E questo lo raccontiamo bene nella storia, nel tentativo di conoscersi, di stabilire un contatto, appena una delle due parti delude, si ritorna alle accuse.

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