Elena e Lila, Amiche geniali
Il best seller di Elena Ferrante arriva finalmente in televisione con quattro prime serate evento. Da martedì 27 novembre l’ammiraglia Rai racconta la storia dell’amicizia di Elena e Lila, dall’infanzia all’età adulta. Sullo sfondo la città di Napoli e un’Italia in rapido cambiamento. Dietro la macchina da presa il regista Saverio Costanzo che al RadiocorriereTv racconta: «È una storia bellissima con personaggi perfetti con cui chiunque può identificarsi. Un racconto intimo nella cornice epica della storia»
Dopo avere convinto pubblico e critica negli Stati Uniti, “L’amica geniale” è ponta a conquistare anche la grande platea televisiva di casa nostra dagli schermi di Rai1. Il racconto intenso dell’amicizia tra Elena e Lila è perno narrativo e al tempo spesso espediente necessario per fotografare un’Italia che si è lasciata da pochi anni la guerra alle spalle e che guarda in direzione futuro.
A Saverio Costanzo lettore cosa hanno lasciato i quattro romanzi di Elena Ferrante?
Leggere i romanzi mi ha fatto sentire come un bambino su una montagna russa. Ricordo che è capitato avessi paura di voltare pagina. Ogni volta “L’amica geniale” ti sorprende per l’imprevedibilità degli eventi e ti emoziona per la profondità dei personaggi.
“L’amica geniale” è la storia di un’amicizia o anche qualcosa di più?
Oltre la nascita di un’amicizia, a mio parere il nucleo fondante è dato dall’educazione e dal potere che questa ha sulla riuscita di un essere umano. Ero spaventato dalla resa cinematografica delle sequenze a scuola ma quando, nei primi due episodi, abbiamo messo in scena la maestra Oliviero, ci siamo immediatamente resi conto della forza che il personaggio portava con sé. Una forza umana, drammaturgica e politica impressionante. Attraverso la testimonianza della maestra, attraverso l’emozione che ci suscita la sua passione, riusciamo a sentire, capire, sulla nostra pelle, che cosa abbiamo perso oggi del mondo di ieri. Cosa siamo diventati e cosa dobbiamo ritrovare per salvarci.
Ha portato sul piccolo schermo la storia di Elena e Lila. Che lettura registica ha scelto di dare?
Pensando ad un film classico nella forma e nell’approccio. La macchina da presa doveva sentirsi il meno possibile e privilegiare il racconto intimo senza dimenticare la cornice epica della storia.
Un racconto filmico nel quale luce e colore hanno un ruolo importante.
Ho pensato al dopoguerra siamo partiti da colori stinti, consumati dai tanti lavaggi. Per poi inserire, durante il percorso della storia, i colori accesi dei nuovi vestiti, delle macchine o delle merci che iniziano a comparire nel rione, e nella vita dei protagonisti.
Che tipo di rapporto c’è stato con l’autrice?
Ferrante, oltre ad essere una grande scrittrice, è anche un’ottima sceneggiatrice. Ha un senso drammaturgico della scena stupefacente. Le sue note sono state alcune volte di dialogo, altre di struttura, ma sempre aperte, mai difensive, ogni volta proiettate verso la metamorfosi che il suo testo, diventando un film, stava vivendo. In più ho scoperto che lavorare via e-mail è un modo per perdere meno tempo con parole inutili.
Come è avvenuta la scelta del cast?
Abbiamo fatto dei casting aperti dove venivano migliaia di bambini e ragazzini. Abbiamo visto più di 8 mila persone per trovare le quattro protagoniste. Siamo stati aiutati dalla città di Napoli che è come un teatro a cielo aperto: sono tutti capaci di recitare, sono tutti grandi attori. Poi siamo stati fortunati nell’avere personaggi così ricchi e ben descritti dall’autrice, per questo, una volta che ci siamo trovati di fronte alle protagoniste, abbiamo immediatamente capito che erano loro. Quando hai chiaro cosa cercare è molto più semplice trovarlo.
Come si spiega il grande successo di questa storia oltre oceano?
Perché è una storia bellissima con personaggi perfetti con cui chiunque può identificarsi.