Eh già, io sono ancora qua

MARA VENIER

Quattordici edizioni condotte, la prima nel lontano 1993. La “Zia” più amata d’Italia è tornata con la sua “Domenica In”, su Rai 1 la domenica alle 14. Al RadiocorriereTv racconta: «Mi chiamarono per condurre un gioco nel corso del programma, pensai che sarebbe stata un’esperienza a termine. E invece…». E ancora, «metto la stessa emozione con tutti gli ospiti che intervisto, amo le persone che ho davanti e penso che il segreto stia in questo»

Domenica In, Mara Venier

Ha preso il via la sua 14esima “Domenica In”, cosa rappresenta per lei, dopo tanta strada percorsa insieme ai telespettatori, la domenica di Rai 1?

La domenica di Rai 1, quattordicesima edizione, è un record totale e assoluto. Il grande Pippo Baudo ne ha fatte tredici, con queste quattordici supero tutti i record (sorride), penso anche che solo una pazza come me possa affrontare un programma tanto impegnativo e complicato per così tanto tempo. Rendere piacevole il pomeriggio degli italiani non è così facile, servono impegno, amore, ed è stato così fin dall’inizio…

… la sua prima “Domenica In” fu nel 1993…

A inizio ottobre, impensabile immaginare che dopo trent’anni sarei stata ancora qua. Quando mi offrirono di condurre un gioco nel corso di quell’edizione pensai che sarebbe stata un’esperienza a termine. Però, come dice Vasco, “eh, già, io sono ancora qua” (sorride).

Molti degli ospiti del programma sono suoi amici. Che valore dà all’amicizia e chi verrà a trovarla nelle prossime domeniche?

Non so dire ora quali saranno gli amici ospiti delle prossime puntate, perché gran parte della trasmissione nasce nel corso della settimana. Certo, alcuni sono già fissati, ma io cavalco molto l’attualità, il momento. Sono capace di stravolgere l’intera scaletta il venerdì. Il programma è una costruzione day by day, cosa possibile grazie a un gruppo di collaboratori con i quali siamo da anni in perfetta sintonia. Per quanto riguarda l’amicizia, se gli ospiti vengono tutti, a volte anche gratis, e nella maggior parte dei casi sono rapporti personali, vuol dire che mi sono comporta bene nel corso della vita e che sono persone che mi vogliono bene.

Qual è il segreto di una buona intervista?

Sapere ascoltare.

C’è un personaggio che ancora non è riuscita a portare nel suo salotto?

Non penso mai ai personaggi, vivo molto con i piedi per terra. Metto la stessa passione e lo stesso amore se devo intervistare Jovanotti, Zucchero, Pierfrancesco Favino o una persona che ha semplicemente una storia da raccontare. Mi sono occupata tante volte di femminicidio, ho ospitato madri e sorelle, ho invitato la sorella di quella povera donna, Alessandra, ammazzata in maniera così barbara dall’ex fidanzato. Metto la stessa emozione con tutti quanti, amo le persone che ho davanti e penso che il segreto stia in questo.

E anche in una buona preparazione…

Leggo tutto, a partire dalle vecchie interviste del mio ospite, cerco di conoscere bene chi ho davanti. Se ospito uno scrittore leggo interamente il libro, in una delle ultime puntate della scorsa stagione ho invitato Roberto Saviano, i suoi libri sono sempre molto impegnativi e ho finito di leggerlo alle quattro del mattino. Cerco sempre di mettere rispetto nelle interviste che faccio.

Negli ultimi anni, con il grande lavoro che ha fatto sull’emergenza pandemica, il programma ha assunto un’autorevolezza ancora maggiore, come vive questo risultato?

Credo che la vera svolta nella mia carriera sia avvenuta quando, all’esplodere dell’emergenza covid, decisi di andare avanti con “Domenica In” nonostante avessi tanta paura di ciò che stava accadendo. Mi fermai una domenica, poi il mio direttore di rete e il direttore generale della Rai mi invitarono a pensarci bene, mi dissero che in quel momento gli italiani avevano bisogno di una persona come me, rassicurante. E così decisi di andare avanti. Anche oggi, incontrando le persone per strada, mi commuovo quando mi dicono grazie per aver fatto loro compagnia in quel periodo terribile. Se devo individuare qualcosa che dia senso a quello che ho fatto in questi trent’anni è proprio quel grazie.

Continua a leggere sul Radiocorriere Tv N.36 a pag.6