EDOARDO PESCE

Ho cercato Alberto in me

foto di Antonio Di Paolo

E’ Sordi nel film diretto da Luca Manfredi, un omaggio affettuoso e sincero a un grande del cinema italiano. Attore trasformista, premiato con il David di Donatello per la sua interpretazione in “Dogman”, si racconta al RadiocorriereTV: “Provo a cambiare spesso pelle, mettermi alla prova con personaggi sempre diversi. È una bella sfida per me. Mi piacciono i ruoli oscuri, mi diverto perché cerco di dare loro un’anima”

Quale è stata la sua reazione alla chiamata del regista Luca Manfredi?

Quando mi è stato chiesto se avessi voluto partecipare a questo film, la prima domanda che ho rivolto a Luca è stata “va bene, ma Sordi chi lo fa?”. Il regista ha poi organizzato un provino che è durato ben otto ore, una vera giornata di set con trucco e tutto il resto. Abbiamo provato tre scene (quella su Stanlio e Onlio, una camminata con Federico Fellini, il momento della cacciata dalla Filodrammatica di Milano) che sono piaciute molto ad Eleonora Andreatta (direttrice di Rai Fiction). E così è iniziata questa avventura.

Cosa voleva il regista da lei?

Luca Manfredi voleva dare al film lo stesso taglio di “In arte Nino”, il bio-pic con Elio Germano che raccontava suo padre Nino in maniera intima. Voleva quindi realizzare un omaggio a uno dei più grandi attori italiani fatto in maniera evocativa, per raccontare al pubblico quella parte meno conosciuta e più legata alla vita privata di Alberto Sordi, ma anche gli inizi difficili della sua carriera, l’amicizia con Federico Fellini quando erano ancora sconosciuti. Si ripercorrono venti anni come se fossero un album di fotografie in movimento.

Tra queste fotografie ce n’è una che le è rimasta più nel cuore?

Ho studiato moltissimo, ho letto alcune biografie, ma alla fine ho pensato che fosse giusto partire dal Sordi che io conoscevo. Questo mi ha dato la possibilità di scoprire molto di lui, la sua storia d’amore con Andreina Pagnani, il fatto che a soli sedici anni, nel 1936, vinse il provino della MGM per doppiare l’inconfondibile voce di Oliver Hardy (il mitico Ollio del duo Stanlio e Ollio).

Per un romano cosa rappresenta Alberto Sordi?

La mia è una famiglia romana doc, la mia bisnonna, da parte di padre, era di via della Scrofa, apparteneva a quella romanità antica, popolana alla Paolo Stoppa, Aldo Fabrizi e Anna Magnani. Ho conosciuto il romanesco, e non il romanaccio, quello a cui apparteneva lo stesso Sordi con la sua parlata “nobile”. Come tutti i vecchi romani, Roma era il suo amore viscerale. Questo modo di esprimerci oggi lo abbiamo un po’ perso, così come anche quell’atteggiamento sornione e cinico, la capacità di scherzare sempre su tutto, conservando un gran cuore, però, alla Sordi. 

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