Edoardo? Lo conosco bene
MATTEO PAOLILLO
Nella serie di Rai 2 è il rampollo della famiglia camorrista Conte. L’attore campano è tra i protagonisti più amati di “Mare Fuori” sin dalla prima stagione. Da mercoledì 15 febbraio in prima serata
Come ha vissuto il ritorno a “Mare Fuori” in questa terza stagione?
È stato un po’ come tornare a casa, questa volta con un po’ di malinconia in più perché nel cast c’erano dei grandi assenti e ho sentito la loro mancanza. E poi, per tutti noi, il regista Ivan Silvestrini è un punto di riferimento, è un po’ il padre di una grande famiglia. Nel cast sono arrivati nuovi ragazzi con cui abbiamo legato molto, si sono inseriti bene. Abbiamo passato tanto tempo con loro, soprattutto in casa, visto che è diventato abbastanza complicato girare tutti insieme per le strade di Napoli.
La serie come ha cambiato la sua vita?
Sono grato a “Mare fuori” per avermi dato l’opportunità di avere un ruolo da protagonista, sul quale ho potuto lavorare, che ho potuto approfondire. Ma il cambiamento vero è avvenuto con la messa in onda della serie, quando mi sono confrontato con l’attenzione del pubblico, quando in strada hanno cominciato a riconoscermi. Trovarsi gli occhi addosso delle persone, che ti guardano come se ti conoscessero da sempre, non è mai semplice da gestire, all’inizio mi sentivo un po’ in imbarazzo, ma con il tempo ho trovato equilibrio.
Com’è cambiato, nel tempo, il rapporto con il suo Edoardo Conte?
All’inizio ci fu una fase di conoscenza, poi entrammo in sintonia. In questa terza stagione l’ho trovato un po’ in crisi. Da attore ho cercato di trovare qualcosa di nuovo in lui, sono andato a scavare sempre più a fondo. Ho conosciuto una parte più fragile di Edoardo, sta diventando adulto ma al tempo stesso vorrebbe restare ragazzo. Si trova a crescere e per lui non è facile.
Le è capitato di trovarsi in disaccordo con il suo personaggio?
Non posso mai approcciarmi a un personaggio prendendo le distanze da quello che è. Per me ha sempre ragione. Anche quando ha atteggiamenti nei quali non mi ritrovo, da attore cerco di capire. Diventiamo un po’ i loro avvocati difensori, anzi, andiamo oltre. L’avvocato difende, l’attore dà anche corpo e voce. Edoardo ha il suo modo di pensare, agisce in rapporto a ciò che sente.
Cosa significa portare in scena Napoli?
Da salernitano è stata una bella sfida, ho cercato di osservare la città e le sue dinamiche, di capire la sua gente. Ho studiato l’atteggiamento delle persone, l’ho fatto per le strade come nei bar, ho ascoltato, trovando una città dai mille colori.
La sigla di “Mare fuori”, di cui è autore, è molto popolare tra tutti i telespettatori…
Anche tra chi non ha visto la serie (sorride).
Come sono nati testo e musica?
La musica accompagna da sempre la mia vita. Venivo da un lavoro approfondito sul personaggio di Edoardo, giravamo da circa un mese e un giorno, facendo la doccia, mi è uscito il ritornello. Ne parlai con il mio producer, che lavorò alla base, e così nacque la struttura poi riarrangiata da Stefano Lentini. Dopo qualche giorno, feci sentire la canzone ai ragazzi e a loro piacque, quindi arrivò al regista che mi disse che il brano sarebbe diventato la sigla della serie.
Cosa ha imparato da questa esperienza?
Lo capirò meglio e lo metabolizzerò nel tempo. Ho sicuramente imparato che con il lavoro e con il sacrificio arrivano risultati che vanno anche fuori la nostra immaginazione. Ho imparato che il legame con gli altri attori, l’affiatamento di scena, è sempre positivo. E che la qualità fa la differenza.
Cosa c’è dentro al suo cassetto dei desideri?
Ci sono tanti progetti. Sto crescendo, ho voglia di raccontare anche nuovi personaggi, di trasmettere emozioni attraverso la musica. Spero anche di ritornare a teatro. Ma c’è soprattutto voglia di continuare a sognare.