Domenico Iannacone
In viaggio nell’animo umano
Prende il via la nuova avventura televisiva di Domenico Iannacone. Il 6 maggio alle 20.20 parte su Rai3 “Che ci faccio qui”, un racconto quotidiano di storie di vita e di riscatto. «La mia idea del “Che ci faccio qui” è lo spaesamento su tutto – afferma il conduttore -, sul concetto umano dell’esistenza, sull’avere fatto una cosa, sull’averne tentata un’altra, sul non esserci riuscito, sul lottare. A interessarmi è la dimensione esistenziale dell’uomo»
Domenico, partiamo dal titolo…
“Che ci faccio qui” è una domanda che noi tutti ci facciamo, perché come uomini ci interroghiamo sul fare, sul non fare, sull’essere, su quello che determina l’esistenza. Essendo una domanda che portiamo avanti per tanto tempo mi piaceva declinarla nella tipologia umana che di volta in volta incontro. Ne esce un corollario della vita, una sorta di spaccato sociale. “Che ci faccio qui” è una domanda che potrebbe sembrare sciocca e anche banale, invece è profondissima, ti pone di fronte i grandi temi. Questa dimensione mi piaceva tantissimo, ci consente di fare racconti infiniti.
Chi incontrerai nella prima puntata?
Una persona della quale si sentirà parlare tanto, uno scultore molto giovane che ama scolpire la pietra, proprio come Michelangelo, il suo nome d’arte è Jago. Mentre frequentava l’accademia venne scelto per scolpire una statua di Papa Benedetto, lui la scolpì senza gli occhi. L’opera fu notata da Vittorio Sgarbi che la espose alla Biennale di Venezia. L’artista entrò in contrasto con l’accademia, che poi abbandonò. Jago, che oggi vive a New York, racconta l’idea della propria esistenza, della propria arte, della propria dimensione artistica. Nelle prime puntate incontro anche Andrea Camilleri, che spiega come riesce a immaginare il racconto, la vita, come crea le sue storie, ora che la sua vista è mancata. È un racconto intimo. La domanda “Che ci faccio qui” è coerente.