DETECTIVES

Casi risolti e irrisolti, indagini in corso

È partita domenica in seconda serata Rai 3 la terza stagione del programma true crime di Rai Approfondimento condotto da Pino Rinaldi, realizzato in collaborazione con la Polizia di Stato. Protagonisti del racconto sono gli investigatori della Polizia di Stato, che hanno seguito in prima persona i casi più controversi e complessi di cronaca nera, analizzando i documenti delle indagini. “Casi risolti”, che hanno tenuto con il fiato sospeso gli italiani e “irrisolti”, che ancora aspettano di dare un volto all’assassino

Nella terza stagione è prevista la novità della presenza in studio di due eccellenze in ambito criminologico accademico, che analizzeranno i casi trattati: la professoressa Anna Maria Giannini (Criminologia Forense, Università Sapienza di Roma) ed il professor Arije Antinori (Criminologia e Sociologia della Devianza, Università Sapienza di Roma). Sei nuove puntate attraverso i “delitti della porta accanto”, con una trama narrativa avvincente, ripercorrendo le indagini attraverso i documenti originali, il racconto dei testimoni, la ricostruzione dei fatti, utilizzando materiali inediti audio, video, fotografici. Un racconto ancorato ai fatti, con la collaborazione della Polizia di Stato che rende il programma un’assoluta novità nel panorama della “crime tv” italiana: un viaggio nelle tenebre dei casi giudiziari e criminali più controversi, un’occasione per il pubblico, che avrà la possibilità di conoscere da vicino il lavoro dei poliziotti quotidianamente impegnati nella lotta al crimine.

Un racconto ancorato ai fatti…

Questo programma realizza un po’ quello che era il mio sogno quando lavoravo a “Chi l’ha visto?”, fare crime watch in Italia. Con “Detectives” ci sono riuscito perché è un progetto che la Polizia di Stato fa con la Rai, un connubio secondo me fondamentale per capire e far capire, per cercare di risolvere qualcosa che ancora non ha trovato una soluzione. Ha una potenzialità straordinaria, noi stiamo lavorando perché, nell’orizzonte dei programmi che si occupano di crime, potrebbe dare informazioni corrette e soprattutto fornire materiale straordinario che potrebbe effettivamente far capire meglio alle persone oltre al “cosa è accaduto”, il perché.

Giunto alla terza stagione, qual è la sfida principale?

Mantere sempre altissimo il livello qualitativo, raccogliere senza mezzi strumenti, senza furbate, l’interesse del grande pubblico.

Come si collabora con le Forze dell’Ordine?

Ho iniziato a lavorare tanti anni fa, a occuparmi di cronaca nera e all’epoca la Polizia e i Carabinieri parlavano ai giornalisti soltanto se c’era stata la brillante operazione. Già allora pensavo “così è troppo comodo” (sorride). Dopo tanti anni, sono riuscito a collaborare con le Forze dell’ordine in maniera proficua, la Polizia ha creduto in me e nel mio desiderio di far raccontare in tv i casi irrisolti, che per loro potevano anche essere letti come un fallimento. Nel tempo, quidni, la maturità della Polizia, di chi opera nelle squadre mobili o nella sezione omicidi in particolare, è cresciuta enormemente, è stato costruito un atteggiamento costruttivo, non legato a logiche di potere o di immagine. L’obiettivo per tutte queste persone è risolvere un caso, non fermarsi alle difficoltà, ma continuare a provarci, a raccogliere testimonianze, sfruttando al meglio lo sviluppo delle tecniche investigative, che all’epoca ci sognavamo. Recentemente ho scritto un libro sul Mostro di Firenze e posso tranquillamente dire che se agisse oggi, dopo il mezzo delitto sarebbe dentro, proprio perché la scienza ha dato un contributo fondamentale alle indagini.

Quale fotografia restituisce del nostro Paese la cronaca nera?

Un’immagine drammaticamente reale. Quello che mi dispiace è quando i mass media, alcune trasmissioni, alcuni giornalisti, producono una narrazione completamente falsa, abbracciando una tesi rispetto a un’altra, facendo i processi prima del dovuto, magari senza leggere le carte. Questo, secondo me, è un grandissimo limite perché si ha il dovere di informare le persone, che non hanno la nostra possibilità di arrivare ai documenti ufficiali, utilizzando esclusivamente dati reali.

 

Nelle prossime puntate…

 Il caso Lavinia Ailoaiei (domenica 6 ottobre)

L’8 settembre 2013 viene ritrovato il cadavere di una donna nuda nelle campagne di San Martino in Strada, attorno al collo due fascette autobloccanti. Si tratta di una giovane romena di diciotto anni, Lavinia Ailoaiei. Sul luogo del ritrovamento del corpo la prima traccia è un asciugamano con la sigla di un motel. Le indagini della Squadra Mobile di Lodi partono da questo elemento… Pino Rinaldi e il Dr. Alessandro Giuseppe Battista, Vice Questore della Polizia di Stato, ripercorreranno assieme le indagini che hanno portato alla cattura dell’omicida.

Il caso Francesca Moretti (domenica 13 ottobre)

Un intricato mistero che dura ormai da ventiquattro anni. Francesca Moretti vive a Roma insieme a due coinquiline in un appartamento nel quartiere di San Lorenzo. Da giorni è afflitta da una terribile lombosciatalgia, che la costringe a rimanere in casa. Il pomeriggio del 22 febbraio del 2000 le sue condizioni di salute precipitano e viene ricoverata d’urgenza in ospedale, dove morirà alcune ore più tardi. L’autopsia rivelerà che è stata avvelenata con una potente dose di cianuro. Indagini difficili. Al termine del processo la coinquilina, che secondo l’accusa aveva versato un veleno nella minestra, verrà assolta.

Il caso Roberto Klinger (domenica 20 ottobre)

Roberto Klinger, noto diabetologo e medico sociale della “Grande Inter” di Helenio Herrera, ha sessantasette anni quando viene freddato a colpi di pistola sotto casa, in via Muratori a Milano. È la mattina del 18 febbraio 1992. Le prime indagini si concentrano su un altro medico, che in qualità di paziente aveva avuto dei problemi con la clinica nella quale Klinger lavorava. Nel 1995 verrà prosciolto. Tante le ipotesi, ma l’unica cosa certa è che, ad oggi, quello del medico della “Grande Inter” resta un delitto insoluto.

Il caso Mahtab Savoji (domenica 27 ottobre)

Il 28 gennaio 2014 dalle acque del Lido di Venezia affiora il corpo senza vita di Mahtab Savoji, una ventisettenne di origine iraniana, studentessa all’Accademia di Brera, a Milano. La ragazza divideva un appartamento con una coppia. Dalle indagini emergono spostamenti sospetti, fatti proprio dai due fidanzati indiani il giorno precedente al ritrovamento del corpo. La coppia era stata ripresa dalle telecamere di diverse stazioni ferroviarie mentre trascinava un grande trolley nero. Un viaggio dell’orrore, alla ricerca di un luogo dove occultare il cadavere della giovane donna iraniana.

Il caso Giusy Potenza (domenica 3 novembre)

Il 13 novembre 2004, alle cinque del mattino, viene trovato il corpo senza vita di una giovane ragazza di quattordici anni sulla spiaggia di Manfredonia. I pantaloni sono abbassati, la testa fracassata. La ragazza si chiama Giusy Potenza, a ritrovare il corpo, dopo una notte di ricerche, sono i genitori aiutati da alcuni amici. Un mese dopo la polizia ferma un uomo con lo stesso cognome della vittima, un cugino del padre, Giovanni Potenza, che Giusy chiamava “zio”. L’uomo, confessa il delitto, l’ha uccisa perché voleva rivelare a sua moglie la loro storia. Nel 2006 Giovanni Potenza viene condannato a trenta anni di carcere.

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