Dentro alla straordinarietà della vita

FAUSTO RUSSO ALESI

Nella serie scritta e diretta da Marco Bellocchio è il ministro dell’Interno in carica nei giorni del rapimento, della prigionia e dell’uccisione di Aldo Moro. «Il mio Francesco Cossiga è un personaggio sfaccettato, geniale, coltissimo, e anche estremamente umano nelle sue ombre, nelle sue debolezze. “Esterno Notte” è un film che si occupa molto della complessità dell’essere umano» dice l’attore palermitano, già apprezzato protagonista di pellicole d’autore di successo

In “Esterno Notte” è Francesco Cossiga, come è stato il suo approccio con una figura tanto importante?

A guidarmi c’era un grande maestro, di fronte a me una bellissima sceneggiatura, ma anche lucida e visionaria, che ha creato un perimetro preciso. Sono i 55 giorni, il contenitore in cui ho cercato di concentrare il Cossiga che abbiamo portato in scena. Mi sono documentato attraverso le testimonianze, ho provato a conoscere quello che è stato il Cossiga giovane. Per una questione anagrafica avevo memoria del Cossiga presidente della Repubblica, l’ultimo Cossiga. Quello dei 55 giorni è anche il più misterioso, con Marco Bellocchio abbiamo scavato nel suo privato, entrando anche nelle situazioni familiari, quelle più intime. Ho tentato di restituire quanto più possibile il Cossiga che è nell’immaginario di tutti, per poi cercare anche di allontanarmi e farne un’interpretazione. Dopo tutto, quando siamo di fronte a personaggi così conosciuti e che rappresentano un ruolo pubblico, istituzionale, è anche interessante riuscire a scavalcare il ruolo per andare proprio dentro l’essere umano. “Esterno Notte” è una serie, un film, che si occupa molto della complessità dell’essere umano.

Della complessità dell’essere umano Cossiga che sensazioni ha avuto?

Francesco Cossiga mi ha affascinato molto, è un personaggio sfaccettato, geniale, coltissimo, e anche estremamente umano nelle sue ombre, nelle sue debolezze. Quella che vive in quei 55 giorni è una tragedia collettiva, si dibatte tra la ragione di Stato e quella umana. Moro è stato il suo maestro, il suo amico per poi divenire la sua ossessione, per non essere riuscito a salvarlo. È un personaggio che mi è rimasto in maniera molto forte nella sua imprendibilità, nei suoi misteri, come fosse un contenitore di segreti. Tante cose erano dentro di lui e non sono state comunicate.

Raccontare Moro a 44 anni dalla strage di via Fani è pagare un conto rimasto in sospeso?

Ciò che accadde è una ferita aperta che ci riguarda come italiani, una pagina della nostra storia che non bisogna dimenticare e che ha ancora molte ombre, molti buchi. È importante che questa pagina torni oggi nel presente, è una storia che muove molti sentimenti. Credo che Marco Bellocchio abbia cercato di fare il più possibile un film non ideologico, ma una pellicola capace di toccare i sentimenti di quella vicenda, degli esseri umani, e questo ci fa da specchio.

Come racconterebbe ad un giovane del nuovo millennio, che ha difficoltà ad approcciarsi ad una letteratura cinematografica tradizionale, la figura di Aldo Moro, il suo Cossiga e quel momento storico?

Era sicuramente un momento molto importante, in cui si stava cercando di fare un grande cambiamento nel Paese con una forte collaborazione tra le parti. Per prima cosa porterei questo giovane a vedere un film del genere, cosa che ho fatto con mia figlia. Il cinema è un’esperienza vissuta in maniera collettiva, un viaggio immersivo, totale. Ogni elemento, ogni personaggio descritto, anche il fatto che una stessa vicenda venga raccontata da più punti di vista, invita a cercare la verità, spinge a farsi delle domande. Agli occhi di mia figlia ogni personaggio risultava misterioso, ambiguo, con una complessità che nascondeva anche delle ombre che appartengono all’essere umano. In questo senso è davvero un’opera shakespeariana, dostoevskiana, quindi universale.

Lei è uno dei protagonisti del nuovo cinema d’autore, può, proprio questo cinema, aiutare il grande schermo a superare la crisi?

Assolutamente sì. Credo innanzitutto che lo spettatore debba riscoprire quel piacere, perché probabilmente se ne è dimenticato. A volte ci dimentichiamo delle cose, poi quando le andiamo a toccare ne riscopriamo il valore, l’importanza. Il cinema d’autore, fatto di immagini forti che restano, che puoi portare con te e che arrivano al cuore, può avere un ruolo importante in un mondo che si muove con tanta rapidità. È qualcosa che nessuno ti toglie più.

Francesco Cossiga in “Esterno Notte”, Giovanni Falcone ne “Il Traditore”, e ancora altri personaggi che hanno lasciato il segno. Cosa la porta ad accettare una parte?

Poter affrontare personaggi così importanti e diversi come Cossiga e Falcone con un grande regista come Bellocchio è stato un regalo enorme della vita. Non ho avuto un momento di esitazione, è stata una grande sfida, una possibilità di conoscenza.

Determinante il rapporto di fiducia con il regista…

Penso che possa consentire di andare oltre, di lavorare il più possibile al servizio dell’opera d’arte, della passione di voler portare sullo schermo, al cinema, certi personaggi. Ciò che mi muove, mi appassiona, è qualcosa che ha una ragione forte nel presente, qualcosa che parli di noi e che possa emozionare, fare uscire dalla routine più noiosa per andare dentro alla straordinarietà della vita.

Dove trova questa straordinarietà nel suo vivere quotidiano?

Negli affetti familiari, nelle amicizie, nei rapporti lavorativi duraturi, in quelli di apprendimento: quando, attraverso e insieme agli altri, si può essere migliori per cercare di scoprire qualche cosa che da solo non scopriresti mai.

Cosa significa essere un attore oggi?

È una domanda importante, difficile da sintetizzare. Potrei dire molte cose certe e precise e altre incerte e precarie, e in questo senso penso che dentro l’essere attore ci sia un mistero, una necessità esistenziale, qualcosa che non permette altre scelte. Certamente significa fare questo lavoro con gioia e passione, avere la necessità di comunicare e farsi veicolo del nostro presente, ma su tutto penso significhi confrontarsi e porsi ogni giorno questa domanda alla ricerca di questa difficile risposta.

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