Davide Shorty
“Fusion.”, oltre le parole
Davide Shorty, cantautore, rapper e producer capace di far convivere la sua voce soul con sonorità jazz e rap, secondo tra le nuove proposte al Festival di Sanremo con “Regina”, ci racconta il suo nuovo album: «vuole essere una fusione di tantissime cose: cultura, generi, esperienze, persone».
Iniziamo da Sanremo. Non si sarebbe mai aspettato di partecipare, com’è accaduto?
Ho avuto una visione. Dopo aver scritto “Regina”, ho visto la canzone con l’orchestra sul palco del Festival. Nella visione c’era anche la mia band. Quello che ho portato è un pezzo italiano, ma anche molto internazionale. Ho pensato che poteva essere qualcosa di nuovo per Sanremo, che è il palco più italiano che ci sia. Abbiamo costruito un team di lavoro che alla fine ci ha premiato.
Secondo posto, tra le nuove proposte, per la canzone “Regina”. A chi è dedicata?
Originariamente l’ho scritta parlando di una persona con la quale stavo condividendo la vita che è la mia ex compagna. Penso che sia dedicata a tutte le donne forti, una celebrazione della loro indipendenza e della loro determinazione. Guardando lei mi sono reso conto di quanto sia importante lasciarsi liberi di gestire la vita anche quando amiamo. L’amore non è possesso, anche se spesso la società in cui sono cresciuto dà un esempio di amore tossico, in cui l’uomo diventa quasi padrone. In Sicilia questo cattivissimo esempio l’ho visto davanti ai miei occhi, anche se non direttamente a casa mia. Importantissimo è rompere questa visione e celebrare la libertà delle donne.
Il titolo del suo nuovo album ci riporta ad una mescolanza di musica, parole e cos’altro?
Il titolo è “Fusion.” Ho scelto il minuscolo che ritengo importantissimo, così come il punto. Vuole essere una fusione di tantissime cose: cultura, generi, esperienze, persone. In televisione durante le selezioni per Sanremo mi hanno definito “fusion” e io ho apprezzato questa parola. La Sicilia, ad esempio, è una fusione di tantissime cose ed essere stato definito così credo sia stata una vera e propria benedizione. Il minuscolo mi piace perché mi infonde pacatezza, lo trovo modesto.
All’interno ci sono numerose collaborazioni. Come avete costruito “fusion.”?
Siamo partiti da una session sul Lago Maggiore che è la stessa in cui abbiamo scritto “Regina”. Abbiamo registrato tanta musica e, mentre lo facevamo, io e la mia band siamo rimasti folgorati dalla natura. E da lì è partito tutto, una settimana fantastica. Claudio Guarcello al piano, Emanuele Triglia al basso e Davide Savarese alla batteria, hanno condiviso con me quei giorni e, tornati a casa, abbiamo rimesso in ordine testi e musiche, tanto materiale che abbiamo messo da parte. Durante la quarantena ho ripreso tutti i progetti, ho terminato di scrivere i testi e ho contattato tutti gli artisti che volevo dentro al mio album.