Cerco sempre l’autenticità
RIKE SCHMID
Popolarissima nella sua Germania, con “Black-Out” ha conquistato il pubblico italiano nel ruolo di Claudia Schneider. L’attrice al RadiocorriereTv: «Percorrere questa strada con Claudia è stato un grande viaggio interiore capace di darmi forza». E sul suo rapporto con l’Italia: «Conosco il Paese tramite il mio lavoro e mi connetto con le persone in modo diverso rispetto a come farei da turista, cosa che allarga immensamente il mio orizzonte»
Come ha vissuto l’incontro con il personaggio di Claudia Schneider?
Claudia è una donna con una personalità complessa: è diretta, energica e diligente, ma anche molto sensibile, empatica e accogliente. Aiutare gli altri è il centro della sua vita: lavora come medico d’urgenza. Questi medici lavorano in un costante clima di crisi e credo che non tutti sarebbero capaci di affrontarlo. Ammiro la sua forza e il suo coraggio, la sua empatia e il senso della giustizia. A rendere il personaggio di Claudia così interessante è il suo lato fragile. La vita nella protezione dei testimoni è molto dura e solitaria. Claudia cerca di vivere normalmente, specialmente per sua figlia, ma ha vissuto un grande trauma. Ecco perché diventa dipendente dai tranquillanti, non è in grado di affrontare il trauma e se stessa. Almeno non ora… Claudia è un personaggio molto profondo, un grande dono per me come attrice.
Nel sottotitolo “vite sospese” c’è forse la chiave di questo mistery-drama… cosa significa vivere “in sospensione”?
“Blackout” si apre subito con una tragica catastrofe. La normale quotidianità, in cui l’elettricità, il cibo, le cure mediche e le telecomunicazioni sono date per scontate, non esiste più. Quindi le vite dei protagonisti sono “in sospensione“. Questa crisi rivela anche la loro situazione interiore. Lottano non solo con il disastro naturale, ma anche con i propri limiti interiori e lati oscuri. Quindi le loro maschere cadono, a poco a poco… Penso che durante il periodo della pandemia abbiamo vissuto una situazione simile, una “vita in sospensione”. E per quanto terribile sia stato, abbiamo anche iniziato a mettere in discussione noi stessi e il modo in cui viviamo. Questa è, come per i nostri protagonisti, anche un’opportunità.
Una donna che si nasconde da chi la vuole morta e che, al tempo stesso, cerca la strada per rinascere… le è capitato di mettersi nei panni di Claudia?
Penso sia inimmaginabile ciò che una persona subisce nel programma di protezione dei testimoni. Perde la sua quotidianità, le sue relazioni, la sua identità. Claudia non dubita di aver fatto la cosa giusta e cerca di mantenersi in piedi per il suo senso del dovere. Per non spezzarsi reprime il suo trauma. E solo quando si trova con le spalle al muro è costretta a guardarsi dentro. Ricomincia a sentirsi se stessa, sente le sue paure, ma anche i suoi desideri. Paradossalmente, per Claudia la disgrazia della valanga diventa un’occasione per sentirsi di nuovo viva. Torna a fare il medico, occupandosi dei feriti e circondandosi di persone. In questo modo anche il suo cuore sembra trovare una nuova vita… Percorrere questa strada con Claudia è stato un grande viaggio interiore, capace di darmi forza.
La vicenda si svolge in Italia, che rapporto ha con il nostro Paese? Come è stato vivere le montagne del Trentino?
È molto arricchente poter conoscere l’Italia attraverso il mio lavoro. Mi immergo nelle storie che muovono il paese, politicamente e culturalmente, e mi connetto con le persone in un modo molto diverso rispetto a come farei da turista, cosa che allarga immensamente il mio orizzonte. Ho avuto la fortuna di vivere più a lungo in Sicilia qualche anno fa per il progetto “Maltese – Il Romanzo del Commissario”, per “Blackout” sono andata nel nord Italia. Il magico paesaggio delle Dolomiti, la montagna in generale ha un grande fascino. La montagna non si muove, resta lì, sempre. Eppure, cambia tutto attorno a lei, il tempo, le nuvole, i colori, la luce. La montagna non muta, pur non rimanendo mai la stessa… Una metafora meravigliosa per l’essere umano, per la vita stessa e anche per quella dei nostri personaggi.
Italia e Germania, due diverse “temperature” di approccio alla vita… cosa le piace del vivere italiano?
Vorrei cercare di non nominare alcun cliché (sorride). Ma hanno un fondo di verità: la luce calda, la gentilezza, la bellezza della natura dalle montagne al mare, la ricchezza culturale dell’Italia, sono tutte cose che rendono il mio cuore felice. E anch’io ho un cliché tedesco da offrire: mi piace cenare alle 18, i miei amici italiani lo trovano un po’ strano, ma le differenze rendono la vita interessante! Vivere uno scambio culturale e imparare gli uni dagli altri è generalmente un’esperienza meravigliosa.
Che cosa la attrae del nostro modo di raccontare la realtà attraverso cinema e serialità televisive?
Penso che le storie raccontate in televisione e al cinema siano fondamentalmente una chiave cruciale per comprendere un Paese, la sua mentalità, la sua gente e per provare empatia con loro. Ecco perché abbiamo tanto bisogno del cinema, ci connette. Abbiamo bisogno di storie che sondino le profondità delle nostre anime, in modo drammatico o umoristico. Soprattutto nel frenetico mondo moderno in cui siamo spesso costretti a nascondere i nostri veri sentimenti.
Che cosa abbiamo da imparare dal cinema del Nord Europa?
Secondo me è positivo che il Sud e il Nord Europa abbiano stili o firme narrative cinematografiche differenti, perché questo mostra la diversità e quindi la ricchezza dell’Europa. Forse sarebbe interessante raccontare insieme ancora più storie europee, per superare ulteriormente la separazione tra “Nord e Sud Europa”. Mi piace anche questo di “Blackout”: in questa situazione chiusa, attraverso i nostri protagonisti, si trova una sorta di piccola Europa. Ci sono gli italiani, una tedesca, una bielorussa, un francese e anche un ragazzo migrante dall’Africa. E tutti devono superare una crisi, insieme. Una metafora molto bella.
Che tipo di rapporto si è creato sul set con Alessandro Preziosi e Marco Rossetti?
Sono molto grata per questi due colleghi fantastici. Alessandro è un attore straordinario. Oltre a quella del suo personaggio, ha sempre una visione d’insieme concreta e totale. Ed è sempre alla ricerca della vera profondità del momento. Qualcosa che è molto importante anche per me: la verità di un momento. Tra i nostri personaggi, Giovanni e Claudia, c’è una forte attrazione, forse anche perché tra loro c’è un oscuro segreto. Ma non possono davvero parlarsi, soprattutto Giovanni non può mostrare il suo vero volto a Claudia. Qualcosa che genera una relazione delicata. Scoprire l’essenza del rapporto tra Claudia e Giovanni insieme ad Alessandro è stato un processo intenso e molto bello. Con Marco, senza esserci mai incontrati prima, c’è stata subito fiducia. È stato bello, visto che nella serie abbiamo una storia: Marco e Claudia hanno una figlia insieme e sono divorziati. È stato semplice creare con lui la familiarità necessaria per portare sul set una relazione con un passato complicato. Lui è veramente meraviglioso, recita in modo molto intelligente e sensibile.
Si considera una donna coraggiosa?
Il mio coraggio non è dato dal fare bungee jumping o gli sport a rischio. Anche se, come attrice, ho dovuto camminare più volte sui tetti dei grattacieli nonostante la mia paura dell’altezza (sorride). Penso di essere relativamente forte dentro, coraggiosa nei rapporti con le persone. Non faccio giochi o tattiche. Mi mostro sinceramente, comunico i miei sentimenti, sostengo i miei errori e le mie debolezze. Inoltre, non ho paura dei sentimenti o dei difetti degli altri. Posso essere molto forte per qualcuno che sta soffrendo. Mi piacciono l’autenticità e la profondità per incontrarsi e conoscersi. Questo è essenziale nella vita.
Come si confronta con la paura?
Rifletto, chiedendomi se la paura abbia un’origine reale o sia una fantasia selvaggia nella mia testa. È così che decido se proteggermi meglio dalla paura o affrontarla. La paura è anche una sorta di indicatore che ci aiuta a valutare le situazioni. Ma a volte non ho tempo per pensare. Il lavoro di attrice mi presenta spesso sfide psicologiche e fisiche e non c’è tempo per riflettere. In questo caso assumo la prospettiva del ruolo, come uno scudo protettivo. Spesso è solo dopo una scena che mi rendo conto di quanto ero nervosa. Immaginare di essere qualcun altro non è un cattivo modo di affrontare la paura (sorride).
Ognuno di noi può trovarsi a vivere una situazione di black-out, come si reagisce?
Io cercherei di unirmi agli altri. Sono situazioni che si superano solo in gruppo. Bisogna aiutarsi, condividere e scaldarsi a vicenda. Un blackout del genere alimenta paure ed egoismo e trovo fondamentale rimanere solidali. Credo che molte persone agirebbero così. In situazioni di pericolo non si mostra solo il peggio delle persone, ma anche la loro bellezza e la loro capacità di aiutare e amare.
Che cosa le rimarrà di questo lavoro?
È stata un’esperienza molto speciale che ha lasciato molti ricordi e tracce nella mia anima. Nel mio cuore rimangono soprattutto le persone. Una ripresa a 3.000 metri in montagna è molto ambiziosa, abbiamo affrontato molte situazioni impegnative. Ogni volta porto con me anche un piccolo pezzo del mio ruolo. Claudia è una donna di una forza eccezionale, e penso che mi abbia fatto crescere anche come persona.