Cent’anni di compagnia

Nei suoi cent’anni di vita la radio, con i suoi programmi e le sue voci, ha accompagnato il Paese, raccontato la storia comune e parlato, confidenzialmente, a ognuno di noi. Nel volume edito Rai Libri, l’autore ripercorre la storia del medium ricordando i protagonisti di ieri e incontrando quelli di oggi con tante testimonianze dei colleghi in attività nelle emittenti radiofoniche italiane

Il suo libro è una vera e propria dichiarazione d’amore alla radio…

È una storia che, per quanto mi riguarda, va avanti da 38 anni. È tanto tempo che ci amiamo, che ci vogliamo bene. Ogni tanto la tradisco con la televisione, ma lei non si ingelosisce (sorride) è una bellissima storia d’amore vissuta intensamente.

Cosa rende la radio un mezzo sempre forte?

L’immediatezza, la velocità. È nata 30 anni prima della televisione ed è arrivata sempre prima su tutto: nell’informazione, nella musica, anche nella sperimentazione dei format. La radio è agile, è snella, si può ascoltare dappertutto. Ma soprattutto appassiona, fidelizza, anche se un po’ più lentamente rispetto alla televisione. È una famiglia, quando ci si affeziona a una voce, a un canale, è un po’ come essere innamorati, fidanzati o comunque appartenente a un gruppo, a una famiglia.

Nel suo libro ci sono i protagonisti di ieri e quelli di oggi…

Il libro è suddiviso in tre parti. Una storica, che va dal 1924 al 2024. Una centrale, che racconta come è cambiato nel tempo il linguaggio radiofonico, la terza, invece, è dedicata ai protagonisti, a chi la radio l’ha fatta. Ovviamente nella parte storica non posso non raccontare i grandi protagonisti, coloro che hanno fatto un pezzo di storia, partendo dalle voci dello sport. Sono tantissimi i nomi dei protagonisti delle varie radio, sono colleghi illustri, importanti.

Com’è nata l’idea del libro?

Lo spunto l’ho avuto dal capolavoro del grande García Márquez, che scrisse “Cent’anni di solitudine”. Pensando alla radio, che ci ha fatto compagnia e continua a farci compagnia, è nato questo titolo.

Ogni capitolo fa riferimento a una canzone, dando vita a una colonna sonora della nostra vita…

Ho messo insieme le canzoni più rappresentative della storia della musica, perché la colonna sonora di chi fa la radio è un po’ globale, è eterogenea, è mista, è varia. Io ho certamente i miei dischi, ascolto la mia musica, la classica, tanto jazz, lo swing, ho i miei capisaldi del rock, i Dire Straits, gli U2, i Depeche Mode. Non c’è un solo giorno della mia vita in cui io non ascolti una canzone, la musica, ma credo che questa sia un una caratteristica comune a tutti gli esseri umani.

“Cent’anni di compagnia” è introdotto dalle parole di Renzo Arbore e si chiude con quelle di Claudio Cecchetto, due giganti…

Sono loro che hanno fatto tantissimo per la radio. Prima Renzo con la radio pubblica, con i suoi programmi, Bandiera Gialla, Alto Gradimento, e poi Claudio Cecchietto con la radio privata, a metà degli anni 70. Sono davvero due esponenti rappresentativi della nostra radio, viventi ancora, e quindi non potevano essere che loro a raccontarmi anche storie e aneddoti personali, ricordi. Ci sono momenti intimi, come quello in cui Renzo Arbore si ricorda, ragazzo, a costruire insieme ai suoi amici le radio a filo. Ovviamente non dimentico Guglielmo Marconi, del quale si  celebrano i 150 anni della nascita.

Tra le pagine del libro anche un QR code per ascoltare “Cento suonati”, sua dichiarazione d’amore…

… per la radio o per una donna? Lo si scopre soltanto ascoltando il brano e guardando il video. Si tratta di uno swing up-tempo che ho inserito nel volume. Attraverso il QR code è possibile raggiungere direttamente la pagina di RaiPlay Sound.

È nata prima la canzone o è nato prima il libro?

Prima il libro e poi la canzone. Ho pensato che avrei voluto arricchirlo e renderlo multimediale, per cui mentre scrivevo il libro pensavo alla scrittura del testo e della musica del brano.

Qual è stato invece il suo viaggio radiofonico?

È cominciato dalle radio private, le piccole private della Puglia, terra in cui sono nato. Ho cominciato per gioco a Cerignola, partecipando a un quiz. Si accorsero della mia voce e mi proposero un provino. Da allora non è passato un giorno senza la radio, e spero che questo viaggio continui ancora. All’età di dieci anni mi chiudevo in cameretta e registravo i miei primi rudimentali programmi radiofonici, poi ho avuto la fortuna di lavorare nei network nazionali più importanti e da vent’anni a Rai Radio.

Siamo spesso critici riascoltando la nostra voce. C’è un momento in cui ha pensato che la sua potesse essere piacevole e radiofonica?

In realtà non mi sono mai reso conto della bellezza della voce, a farmelo pensare era però il gradimento della gente.  Faccio fatica a riascoltarmi e lì non mi piaccio.

Tra i programmi cult citati nel libro ce ne sono tanti che hanno lasciato il segno…

Penso a “Chiamate Roma 3131”, che nel 1969 apre per la prima volta il microfono agli ascoltatori, diventando bidirezionale perché il pubblico viene coinvolto. Oggi se abbiamo qualcosa da dire scriviamo un post e lo pubblichiamo.  La radio, per prima, ha fatto la stessa cosa. Volevi dire qualcosa, lanciare un messaggio, esprimere un pensiero? Bastava chiamare la trasmissione.

Si può dunque dire che la radio sia stata il primo social network?

Lo è sempre stata e continua ad esserlo, perché è immediata, è veloce, l’ascolti in un secondo. Le notizie più importanti arrivano attraverso la radio, da sempre. Oggi forse vince il web, perché ci sono dei social network che riescono ad anticipare la radio, ma se la giocano.

I suoi prossimi progetti?

Continuerò a fare la radio su Rai Radio 1, senza abbandonare le altre mie grandi passioni. Per tutta l’estate sarò ancora su Rai 1 con “Big Factor” e poi continuerò con il teatro, con il mio spettacolo di teatro-canzone e con la direzione del teatro Mercadante di Cerignola.

 

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