Antonella Frontani

Dopo la solitudine

Un libro è, prima di tutto, un oggetto. Dunque, la sua copertina è la veste che lo cinge restituendone l’intenzione del contenuto. “Dopo la solitudine”, il nuovo romanzo di Antonella Frontani edito da Garzanti, sfoggia un’elegante copertina che ricorda i ritratti della solitudine che Edward Hopper dipingeva dell’America contemporanea. La torre di vecchie valige sormontare da una piccola casa bianca raggiungibile con una lunga scala di legno è eloquente e surreale nel contempo. Solo dopo aver letto il romanzo appare chiaro il significato di quella bellissima immagine, che sembra calzarne perfettamente la storia. Antonella si prepara alle domande con l’apprensione di chi si sta aprendo al mondo. Per lei raccontare una storia è sempre un può come spogliare una parte di se stessi e il pudore intellettuale l’assale come un’onda anomala. Fabrizio Casinelli, responsabile di Rai RadioLive e direttore del RadiocorriereTv intervista l’autrice

Con questo romanzo affronti il tema della solitudine. Cos’è per te la solitudine?

La solitudine per me non è una stanza vuota, né una landa desolata. È uno stato mentale e dell’anima. È l’incapacità di stabilire una relazione empatica o d’amore. È l’impossibilità di raggiungere l’altro nel profondo. È un dolore sordo che attanaglia il cuore proprio come accade a Lorenzo, protagonista del mio libro.

Perché affrontare questo tema? Cosa ti preme di questo stato mentale?

Si tratta di una condizione che prima o poi ci riguarda tutti. Qualcuno la supera in fretta, altri faticano, arrancano, sembrano scalare montagne… È quella fragilità che mi commuove. Quel torpore dell’anima che invalida le giornate di un cristiano. Lorenzo è un po’ così: ostico e sofferente, pieno di pregiudizi e sordo alla tenerezza. Si troverà in una posizione scomoda fin dall’inizio della storia, finirà nel marasma, si perderà per ritrovarsi provato e stanco ma migliore.

Come ne uscirà Lorenzo? Sarà il viaggio che affronterà a salvarlo?

È quello che lui pensa, infatti partirà alla volta di lidi lontani sperando di trovare pace altrove, lontano dal suo mondo sordo fatto di abitudini ed eccellenza. In realtà, sarà l’incontro con gli umani a trasformarlo. E l’incontro con la disabilita a migliorarlo. Nessun luogo è più lontano della parte più profonda di noi. Due ragazzi lo salveranno: uno autistico con la sindrome di Asperger e uno con la sindrome di Down. Far cadere il pregiudizio è stata la mia sfida e il mio grande divertimento.

Il romanzo contiene una storia d’amore…

Sì. Una storia strampalata, lontana anni luce dal mondo rigoroso della musica classica dentro il quale si era rifugiato Lorenzo. Un sentimento inaspettato lo coglie per una ragazza improbabile che scardinerà ogni sua certezza. È stato bello vederlo vacillare e quasi commovente vederlo crollare.

L’ambientazione è di nuovo protagonista nel tuo racconto…

Sì, è così. Lorenzo è profondamente attaccato a Torino, città che amo e conosco bene, ma attraverserà il globo per poi approdare in un piccolo borgo umbro. È stato affasciante condurlo per mano. La scrittura ha indugiato su profumi, suoni, colori e ombre che caratterizzano tutti i luoghi citati. Ogni indirizzo o angolo di mondo corrisponde ad un luogo vero. Il lettore potrebbe ripercorre lo stesso tragitto di Lorenzo, se lo desiderasse.

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N.28 a pag.22